Si aprono sabato 20 aprile all'Hotel Leonardo da Vinci di Roma (Via dei Gracchi 324-quartiere Prati) i lavori del Congresso dell'associazione radicale per la costituente democratica e per la riforma della politica. Al congresso sono stati invitati, fra gli altri, tutti gli eletti in enti locali, parlamento nazionale ed europeo che sono iscritti al PR. Interverranno inoltre Baslini,
Becchi, Biondi, Bordon, Ferrari, Galli della Loggia, Giannini, Marramao, Moro, Muzi Falconi, Novelli, Pasquino, Zanone. Al congresso parteciperanno altresì Sergio Stanzani e Marco Pannella.
Giovedì (ore 11, Montecitorio) sarà presentato in una conferenza stampa il documento attorno al quale si svilupperà il dibattito congressuale (Primavera 91/Primavera 92. Le ragioni e il percorso della Riforma Democratica). Il documento dei promotori dell'associazione (Calderisi, Negri, Spadaccia, Strik, Teodori, Zevi) contiene una precisa proposta di iniziativa per i prossimi dodici mesi. Il Congresso è infatti finalizzato a definire e scadenzare un'iniziativa politica capace di rappresentare una sfida al sistema dei partiti e una risposta democratica ad una crisi politico-istituzionale della Repubblica che si fa sempre più grave ed evidente. Questo il testo integrale del documento .
PRIMAVERA '91/PRIMAVERA '92: LE RAGIONI E IL PERCORSO DELLA RIFORMA DEMOCRATICA.
Crisi mondiale e crisi italiana si intrecciano come non mai. E come non mai si confermano alcune intuizioni radicali: la straordinaria necessità della presenza, oggi, di una forza transnazionale nonviolenta e democratica; la priorità federalista europea; e in Italia in conflitto fra partitocrazia e democrazia.
Nel nostro paese l'illegalità fatta legge ha cassato la sfida dei referendum elettorali. La scomparsa di questo strumento forte di grande riforma democratica ha aperto la strada alla contesa sulle riforme istituzionali, senza tuttavia sfiorare il punto centrale della effettiva funzione dei partiti.
Così, come il 25 luglio 1943 il potere si svegliò Antifascista, in questa primavera il risveglio del potere è Riformista.
I poteri dell'economia e dell'industria, della pubblica amministrazione e del sindacato, della cultura e dell'informazione - chierici sempre più indistinti dei consensi e degli assetti del regime - danno mostra di grande zelo, proponendosi ad un tempo come promotori, attori e garanti del nuovo stato.
Oggi come allora, hanno fretta.
La stessa continuità che garantì una Prima Repubblica antifascista sì, ma che conteneva in sè tutti i germi corporativi, clericali e clientelari è ora invocata a tutela della nuova fase e della vecchia classe dirigente. Oggi non c'è la pressione esterna di una catastrofe bellica ma tutta l'ansia di un mondo nuovo nel quale spicca l'unicità del caso Italia e della sua crisi, più che mai dopo la caduta del Muro. Unico paese del Nord del mondo a non aver vissuto in 50 anni nè mutazioni di sistema nè ricambio di governo, l'apprensione della nomenklatura dilaga insieme alla consapevolezza della propria delegittimazione nella coscienza di milioni di cittadini.
Le parole "Seconda Repubblica" e "Riforma" sono in tal modo gonfiate e trasformate in strumenti del vecchio regime.
Il polverone di poteri costituenti, ingegnerie istituzionali e commissioni non riuscirà tuttavia ad occultare il paradosso della realtà. Il "nuovo governo" è guidato non da un figlio o un prodotto della Prima Repubblica ma dall'uomo che più semplicemente è la Prima Repubblica. A sigillo della novità, l'evento politico dell'ultimo ventennio: una legislatura a scadenza naturale, senza elezioni anticipate.
Il sistema dei partiti ha avuto paura. Forse a un passo dal burrone tenterà un'improbabile autoriforma. L'XI Legislatura e il prossimo parlamento saranno allora la sede del grande confronto per la riscrittura delle regole dello stato, del nuovo patto di cittadinanza. Ma tutto induce a ritenere che sarà negato il vero nodo della questione: lo status quo partitico con i suoi codici non scritti, ossia la demolizione di ogni certezza del Diritto.
Il problema per i democratici è quello di contrastare e ribaltare questo corso delle cose. Dinnanzi al fiorire dei "riformismi", l'alternativa vera è fra una Riforma per passare dalla partitocrazia alla democrazia di diritto, da una parte, e il disegno di un diverso assetto del sistema partitocratico. Occorre - questo è il nostro problema politico - conquistare la forza per imporre questi termini di scontro, per chiamare la gente e le forze politiche a misurarsi sul vero discrimine. La loro Seconda Repubblica rischia di essere peggiore della Prima.
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La sinistra in tutte le sue componenti ha trascinato nel suo fallimento ideale e politico le speranze di alternativa e di rinnovamento. Ma le ragioni della Riforma, di una rivoluzione liberale, democratica e di diritto in Italia sono oggi forti e necessarie come non mai. Occorre perciò affermare che non c'è Riforma senza conquista della certezza della Legge e del Diritto, senza sostituzione di questa classe dirigente, ovvero senza la messa in mora di questo sistema dei partiti. Dinnanzi alla sfida di un Parlamento cui si assegna un ruolo Costituente è perciò necessario che i riformatori si diano un itinerario e un progetto, al di fuori dei quali vi sono solo astrazioni o rendite marginali.
Misuriamo tutta la difficoltà di condurre con efficacia vincente la battaglia politica in questa direzione. Ma misuriamo anche tutta l'impotenza di ogni altra strada. Per questo - tanto più alla luce dell'esito della crisi di governo - a tutti coloro che dichiarano di condividere obiettivi di grande riforma nei prossimi mesi, proponiamo con ogni energia la necessità di dar vita subito a uno schieramento, a una parte politica che abbia le dimensioni, la forza e gli strumenti adeguati a imporre vero scontro politico: e non per testimoniare la giustezza di una posizione minoritaria, ma per far esprimere una maggioranza; per conquistare la Riforma. E' questo il significato della Costituente Democratica - la costituente della grande forza democratica - proposta ai singoli e ai gruppi ma anche ai partiti che, mutando radicalmente se stessi, vogliano ritrovare le ragioni del proprio esistere come parte politica democratica. Ciascuno deve esser messo davanti alle proprie responsabilità. Da ciò dipende il segno
sotto il quale nasceranno la prossima legislatura "costituente" e il confronto sulla Riforma.
Noi vogliamo dare un nome ed un cammino alla Riforma, ed assicurare un impegno e una coerenza. Il nome è quello dei Democratici, intesi come quanti - a prescindere dalla provenienza - intendono fare della transizione dalla partitocrazia alla democrazia la ragione del proprio impegno pubblico. Il cammino è quello dei prossimi dodici mesi, per dare alla Riforma democratica iniziativa nel paese e forza nel Parlamento e nella Legislatura costituenti. L'impegno è quello di chi - come militante radicale - ha dato vita sia ad un modello di partito antitetico al monopartitismo spartitorio e consociativo della Prima Repubblica che ad un patrimonio di lotte civili che hanno trasformato e democratizzato la società italiana. La coerenza infine è quella delle scelte elettorali del partito radicale. Prima ancora di aver abbandonato, per la scelta transnazionale, la presenza elettorale in Italia, avevamo indicato tutti i limiti ai quali eravamo condannati, insieme ad ogni autentico laico e democratico, a causa della framme
ntazione in piccoli raggruppamenti. Anche per questo abbiamo scelto di metter pienamente in gioco tutto il nostro patrimonio di "averi" politico-organizzativi-elettorali.
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Può apparire velleitario, ma in realtà è velleitario chi non comprende che occorre costruire in questi mesi una risposta democratica alla crisi della Repubblica, facendo della Riforma un progetto politico sul quale chiedere consenso al Paese. Occorre subordinare a questa priorità tempi e abitudini, militanze partitiche e gruppi parlamentari. Ed affermare con chiarezza i contenuti della Riforma.
La Riforma per noi poggia su due grandi pilastri, indispensabili l'uno all'altro: sistema elettorale anglosassone e liberazione della cosa pubblica dall'occupazione partitica. Il primo non come bacchetta magica ma perchè unica, efficace misura per scomporre questo sistema partitico, consentire scelta e dunque sovranità agli elettori, imporre la formazione di un sistema tendenzialmente bi o tripartitico, di partiti nuovi, alternativi e di governo. Quanto alla seconda misura, la sua importanza è inversamente proporzionale all'attenzione riservatale in questa crisi: tanto è causa di profonda rivolta civile quanto oggetto di totale rimozione persino nelle parole del Capo dello Stato che ha dovuto darle voce.
Non sono Riforma ma inganno, controriforma i mille tentativi di metter mano alle regole istituzionali senza colpire la reale funzione dei partiti della Prima Repubblica. Ciò vale in particolare per la repubblica presidenziale (se disancorata da un sistema elettorale maggioritario) o per i sistemi tedesco (uninominale che mantiene la proporzionale) o francese, con un mercato partitico fra i due turni elettorali che nella realtà italiana significherebbe una definitiva spinta al degrado e la malaffare.
Il tema delle elezioni politiche per l'XI legislatura, cui si assegna una funzione costituente, non può infine essere eluso.
Ma è proprio in relazione alla gravissima crisi politica e istituzionale della Repubblica e alla necessità di assicurare la più forte risposta democratica e di diritto - in luogo dell'attuale sommatoria di debolezze ed assenze - che appaiono velleitari quanti meccanicamente preparano simboli, candidati, liste, tanto scontati quanto inadeguati ad affrontare il cuore della crisi italiana.
Ogni seria iniziativa elettorale, volta a dare voce e rappresentanza alle istanze di democrazia e di riforma nell'XI legislatura, non può oggi che derivare ed essere correlata alla concreta capacità di iniziativa politica e ai risultati che essa saprà conquistare nei prossimi mesi, nel suo confronto e nella sua sfida con il sistema dei partiti.
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Sulla base di queste considerazioni, proponiamo a quanti intendono operare per la Riforma il seguente tracciato di iniziativa politica per i prossimi dodici mesi, che noi siamo pronti a percorrere nel paese e in Parlamento:
1. Promuovere entro maggio (insieme a forum dei democratici, sinistra dei club, sinistra indipendente, sinistra liberale, movimento federativo democratico) il convegno su "Riforma delle istituzioni e Riforma dei partiti", per delineare la piattaforma e l'aggregazione della Costituente Democratica, affinchè riprendano le mosse i progetti annunciati e poi abbandonati in questa legislatura sia dai partiti laici che dal PCI-PDS, così come nella precedente legislatura era stato lanciato e poi abbandonato il progetto di una nuova forza politica riformatrice da parte del PSI.
2. Sulla base di tale piattaforma, procedere in ogni regione alla formazione dei comitati "per la Costituente Democratica".
3. Giungere entro la fine del 1991 ad una prima Convenzione " per la Costituente Democratica".
4. Promuovere sin d'ora la campagna per il sistema elettorale maggioritario-uninominale ad un turno, con una correzione proporzionale, come indicato sia dal quesito referendario sul Senato che da Dahrendorf e dalla Hansard School, con la disponibilità ad accettare in questo quadro le ipotesi di Repubblica presidenziale.
Tale campagna è la sola adeguata ad imporre al sistema dei partiti un vero confronto sulla Riforma nei residui mesi della X e nella XI Legislatura.
5. La campagna per la Riforma si articolerà in:
a) Manifesto-appello di personalità del mondo politico, economico, culturale, da promuoversi entro maggio.
b) Manifestazione di lancio entro giugno.
c) Raccolta delle firme per il referendum popolare nel periodo ottobre '91/gennaio '92.
6. Sostenere le iniziative legislative volte a liberare l'amministrazione pubblica dall'occupazione partitica,anche alla luce del nuovo Rapporto Giannini.
7. Elaborare sul modello federalista, libertario, laico, una proposta statutaria di partito democratico, da sottoporre a tutti gli interlocutori della Costituente, siano essi gruppi o partiti tradizionali.