L'intervento del Presidente Cossiga nei confronti del Parlamento, messo in mora per l'elezione dei giudici costituzionali, se si fonda su di un dato reale ed incontestabile, quello di un gravissimo ritardo (che non è meno grave perchè conforme all'andazzo cui non si è sottratto, in passato, lo stesso Presidente Cossiga, tanto da provocare la denunzia da parte del Consigliere D'Anna di cui ebbe ad occuparsi il Comitato per i Procedimenti d'accusa) è in realtà con il suo tono tardivamente ultimativo, null'altro che un intervento nel merito delle nomine, a beneficio, soprattutto, di un candidato già sei volte bocciato
dal Parlamento malgrado e contro la sospetta sponsorizzazione del Vaticano e la designazione da manuale Cencelli.
Grave nella vicenda è la responsabilità della Presidente Iotti, che ha fissato le successive votazioni a distanza di mesi, in attesa di accomodamenti "tra le forze interessate", come ebbe a dichiarare alla conferenza dei capigruppo. Ma l'ultimatum di oggi, anzichè costituire un richiamo contro il pessimo metodo lentocratico, lottizzatorio e correntizio di stampo cencellesco che ha provocato l'inammissibile ritardo, premia proprio quel metodo e l'insistenza su di una candidatura oramai legittimata solo dalla lottizzazione e dall'arroganza del potere. Così il prolungamento artificioso dei tempi delle votazioni e l'ultimatum di Cossiga, nel loro "combinato disposto", penalizzano ancora una volta la libertà del voto dei singoli parlamentari e della stessa maggioranza di essi.
Per questo occorre continuare a respingere certe candidature "ufficiali", resistendo a poco credibili "richiami all'ordine". Si voti ad oltranza. E, soprattutto, si trovino candidature al di sopra ed al di fuori delle lottizzazioni e del manuale Cencelli. Su di esse, e solo su di esse, la pronta formazione di un'ampia maggioranza in nome della responsabilità istituzionale sarà veramente d'obbligo.