MANNINO, MANZELLA. UN ARTICOLO DI M.S.GIANNINI PER "L'ORA". "QUEL REFERENDUM SERVE A FARE PULITE LE PIAZZE". VENERDI' A MONTECITORIO (AULA GRUPPI) CONFRONTO SUI QUESITI.Il quotidiano siciliano L'Ora pubblicherà domani la risposta di M.S.Giannini alle critiche mosse da Gava,Acquaviva,Misasi,Mannino,
Manzella e Savagnone (presidente Banco di Sicilia) al referendum relativo all'intervento straordinario nel mezzogiorno.
Gli attacchi al referendum sono stati formulati con diversi articoli ed interviste sui maggiori quotidiani del Sud. Il tema sarà ulteriormente approfondito dopodomani,venerdì 22,all'auletta dei gruppi di Montecitorio,con una giornata di confronto sui tre quesiti dei referendum . Questo il testo integrale dell'articolo di Giannini:
Il referendum proposto dal Corid sull'intervento straordinario nel Mezzogiorno investe il titolo 1 della L. 1.3.1986 n. 64, e gli ultimi tre articoli del titolo II, relativi all'Ufficio speciale per la ricostruzione post-terremoto, norme di proroga e norme finanziarie ormai consumate. Non investe il titolo II, per le norme iniziali (dall'art. 9 all'art. 15), le quali regolano gli aiuti, gli incentivi e le agevolazioni alle attività produttive. Già a prima lettura risulta quindi che ciò che si propone per l'abrogazione non sono gli ausili finanziari statali per l'aiuto al Mezzogiorno, bensì quelle che volgarmente sono dette le "sovrastrutture", con termine errato, poichè trattasi degli apparati amministrativi inventati per gestire gli ausili finanziari nel loro complesso.
Nell'opuscolo testè pubblicato dal proponente Corid a chiarimento dei referendum che esso prospetta sono poi largamente spiegati i termini della struttura organizzativa di cui si propone la soppressione, ed è anzi contenuto un insieme di considerazioni anche sulla tematica complessiva degli aiuti, in vista di un loro riordino, a cui si dovrà procedere con l'ampliamento della disciplina comunitaria relativa alle aree arretrate.
Stupisce quindi non poco che un ministro intelligente come Gava abbia detto che il referendum proposto è un "rischio" per il Mezzogiorno. Stupisce un po' meno che invece persone come Acquaviva, Misasi e altri abbiano parlato di un referendum per "abolire l'intervento straordinario nel Mezzogiorno", e meno ancora la ripresa di tale idea errata che viene fatto dal ministro per il Mezzogiorno Mannino. Tralasciamo coloro che si pascono di ambiguità, come il Presidente del Banco di Sicilia Savagnone, il consigliere Manzella (che pure è studioso particolarmente sottile), e altri; costoro, pur cogliendo il contenuto dell'iniziativa referendaria, e pur riconoscendo che la legislazione sull'intervento straordinario avrebbe bisogno di vaste revisioni, affermano che l'iniziativa referendaria resterebbe pur sempre carica di una valenza antimeridionalistica.
Ma perchè, considerato che essa chiede solo la soppressione di organi e di enti? Come non si capisce che essa è mirata proprio in senso contrario, ossia all'incremento dei fondi destinati agli aiuti, che si otterrebbe con un semplice cambiamento di destinazione, da fondi per il pagamento di uffici (inutili) e fondi per il pagamento di ausili, e come non vedere che anche per i nuovi assetti degli aspetti organizzativi che comunque occorrerà rivedere, essa non potrebbe avere che risultati positivi, stante che sono ormai conosciuti e acquisiti i numerosi suoi attuali difetti?
Com'è noto, l'organizzazione attuale si compone: a) del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno; b) della segreteria del Ministro, che a norma dell'art. 17, n. 18 della L. 64, avrebbe dovuto essere soppressa; c) del Dipartimento per il Mezzogiorno (art. 3 L. 64), con funzioni valutative, deliberative, coordinative degli interventi; d) dell'Agenzia per la promozione dello sviluppo per il Mezzogiorno (art. 4 L. 64), con compiti di attuazione, specie per la parte economica; essa prende il posto della Cassa per il Mezzogiorno, soppressa, ed è ad essa aggregata una gestione separata delle attività di cui alla L. 1984 n. 775; e) l'art. 6 della legge elenca ben sei enti pubblici, ossia la Finanziaria agricola meridionale - FINAM, la Società finanziaria meridionale - FIME, la Società finanziaria nuove iniziative per il SUD-INSUD, la Società Italstrade; il FORMEZ - Centro di formazione e studi; l'istituto di assistenza allo sviluppo del Mezzogiorno - IASM. Ma ad essi ne sono da aggiungere altri,
non menzionati, come l'ISVEIMER, l'IRFIS, il CIS, nonchè la SVIMEZ (che però da molti non è ritenuta ente pubblico), le Regioni (in quanto condizionate dalla L. n. 64 o legate al Dipartimento o all'Agenzia da accordi), molti enti locali (per le medesime ragioni), molti enti bancari (oltre il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia), molti enti di servizi.
Investiti dalla domanda di referendum sono gli organi e gli enti sino alla lett. e): quelli, cioè costituenti il nucleo centrale dell'organizzazione. Secondo un calcolo puramente nominale, essi soli, escluso il Dipartimento, avrebbero un costo annuo di oltre 750 miliardi. Se si include il Dipartimento e si considerano gli altri enti pubblici specifici, giusta un calcolo per approssimazione, si arriverebbe ai 2.000 miliardi annui.
I risultati sono a tutti noti per il loro livello inspiegabilmente basso: tassi di disoccupazione nel Mezzogiorno, più che doppi rispetto a quelli del resto del Paese, sono rimasti tali; la maggior parte dei servizi sociali e civili sono rimasti a livelli inferiori di quelli del Centro Nord, malgrado le ragguardevoli somme impiegate per migliorarli; nuovi impianti tecnologici si sono avuti in tutti i territori del Mezzogiorno: agricoltura, industria, turismo; ma con tutto ciò gli indici di produzione del Mezzogiorno restano pur sempre inferiori a quelli delle altre zone del Paese.
Di tutti questi risultati si è a lungo discusso, negli innumerevoli incontri e convegni tenuti per capire le ragioni di quello che alcuni non hanno esitato a dire fallimento dell'intervento straordinario. Or se è eccessivo parlare di fallimento, stante che il continuo arretramento del Mezzogiorno quantomeno è stato arrestato, è certo che di profonda insoddisfazione si può sicuramente dire; e a rimuoverla si dovrà provvedere nel caso di esito positivo della consultazione referendaria.
Così l'intervento delle regioni e degli enti locali, per un aspetto manchevole ma per un altro sconclusionato, richiede procedimenti, coordinamenti, decisioni, che superano lo strumento dell'accordo di programma dell'art. 7 della L. 64; così non ha senso prescrivere sgravi di contribuzione per i soggetti economici operanti nel Mezzogiorno, per poi recuperare le somme sullo stanziamento generale; non ha senso concedere ad agricoltori di buona volontà finanziamenti, ma attraverso banche collegare le quali addivengono a contratti di erogazione irti di clausole strozzatorie, spesso per motivi clientelari; non ha senso prevedere finanziamenti per opere pubbliche sui fondi dell'intervento straordinario che si cumulano con finanziamenti d'intervento ordinario; è materia in cui, per addivenire a trucchi, basta un ragazzino. E così via.
Or a correggere tutte queste nefandezze, o questi trucchi, ad eliminare tutti coloro, partiti o cosche mafiose, che si abbeverano a rivoli aperti nel grande corpo di aiuti, non basta certo il referendum, ma questo può servire a fare pulite le piazze.
Massimo Severo Giannini