Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
dom 27 lug. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Notizie Radicali
Agora' Agora - 24 novembre 1991
CROAZIA: DISCORSO DEL PRESIDENTE TUDJMAN ALLA NAZIONE
(Corrispondenza di P.Lucchesi per l'AGL)

Il presidente croato Franjo Tudjman si difende davanti all opinione pubblica della Croazia: in un lungo discorso a braccio pronunciato davanti alle telecamere della televisione di stato, questa sera Tudjman ha accusato apertamente gli avversari che aveva fatto arrestare nei giorni scorsi, ovvero il comandante della difesa di Vukovar, Mile Dedakovic, e il leader del partito della destra Dobroslav Paraga. Dopo un silenzio di tre giorni, nel quale il malcontento in Croazia nei confronti del presidente era cresciuto ulteriormente e molte simpatie erano andate a Paraga è ai suoi miliziani, il presidente ha lanciato un accusa pesantissima: "Il comandante Dedakovic detto -Jastreb- (falco) fino a tre mesi fa era un ufficiale dell' esercito federale: non è la prima volta che i servizi segreti militari hanno infiltrato provocatori fra le nostre file". Tudjman ha parlato di una lettera di Paraga che definiva Dedakovic comandante in capo della guardia nazionale e del "HOS", la milizia del partito della destra, e ha

affermato che l' uso di simboli ustasa da parte della destra danneggia la Croazia sul piano internazionale." Anche sabato a Ginevra la Serbia ha usato contro di noi l'argomento che Paraga disporrebbe di 30-40000 armati ustasa-fascisti", ha rivelato Tudjman. Le accuse sono state incluse in una prolissa esposizione delle varie fasi della crisi, della sua progressiva internazionalizzazione, inframmezzate a denunce della politica serba, specialmente l' ultima astuzia di richiedere l' intervento dei caschi blu dell' Onu.

Quel che si teme in Croazia infatti è che Belgrado riesca a far passare la sua linea: spiegare le forze di pace non lungo le frontiere istituzionali della Croazia, ma lungo la linea del fronte, che in questo caso finirebbero per sancire le "conquiste" dell' armata. Tudjman ha ricordato che comunque i negoziati sono una necessita: tutto il discorso in effetti suonava molto di giustificazione, a seguito dell' arresto di Paraga. La popolarità del presidente era in netto calo già prima della caduta di Vukovar, e ora rischia di precipitare. Il presidente infatti ha di nuovo ribadito la tesi che il nemico approfitta della tragedia di Vukovar per minare dall' interno il governo croato ed ha fatto riferimento al presunto tentato golpe. Questo sarebbe iniziato a partire da una pesantissima lettera d'accusa che, da Vukovar, era stata inviata al parlamento croato e nella quale si investivano tutte le istituzioni di Zagabria con toni amarissimi per gli aiuti promessi e non inviati alla Stalingrado croata. La letter

a era stata censurata dalle autorità, ma ha fatto lo stesso il giro della repubblica. Nella capitale croata circola una notizia secondo la quale l' arresto di Paraga in realtà sarebbe stato richiesto a Tudjman dall' ambasciatore Usa Zimmerman, che si trovava nella capitale subito prima del fatto, in cambio di un maggiore impegno statunitense a favore della Croazia. In effetti il senato americano ha approvato una risoluzione in cui sostiene la politica CE, ma con un più netto sostegno alle repubbliche che collaborano al processo di pace e con l'impegno di applicare le sanzioni già decise contro chi non stara ai patti.

Tutto questo potrebbe avvenire troppo lentamente per salvare Osijek, la principale città della Slavonia orientale, anche ieri bersagliata tutto il giorno dalle artiglierie federali che la circondano a nord, est e sud: su questo fronte si svolgono le battaglie più accanite, perché l' armata cerca di tagliare l' ultima strada percorribile, quella verso ovest. Nessuno sembra credere alla possibilità che la quattordicesima tregua, mediata

ieri a Ginevra sotto le insegne dell' ONU, possa reggere davvero. Oggi si è combattuto anche sul fronte della Slavonia occidentale, intorno a Nova Gradiska e Novska, nell' entroterra di Sebenico e a nord ovest di Dubrovnik, dove l' armata federale ha sparato centinaia di obici pesanti sulle postazioni croate. Granate per tutto il giorno anche su Karlovac, tanto che il convoglio di mezzi militari (uomini, artiglierie pesanti e razzi, ma senza piattaforme di lancio, che venivano dall' areoporto militare di Pleso, a Zagabria, evacuato ieri in base agli accordi) ha dovuto fermarsi verso sera alle porte della città.

La gente di Osijek non ha gradito le ultime dichiarazioni di Lord Carrington alla fine dell' incontro di Ginevra: "Se a Osijek accadrà quel che e accaduto a Vukovar, la CE cambierà sostanzialmente la sua politica". Troppo poco per rincuorare gli abitanti della città principale della Slavonia orientale, che hanno passato anche la domenica nelle cantine mentre fuori cadevano le bombe. Anche se la quattordicesima tregua, quella concordata sabato a Ginevra, porta per la prima volta il sigillo delle Nazioni Unite, gli abitanti delle città bombardate della Croazia ormai non credono più che questo possa aiutarli, e purtroppo i fatti danno loro ragione, specialmente a Osijek. Senza l'amara esperienza dell' insuccesso di altri tredici accordi, si potrebbe forse dire che è presto per giudicare, visto che l' ora in cui avrebbe dovuto iniziare quest' ultima tregua non era definita: Cyrus Vance, inviato speciale delle Nazioni Unite presente all'incontro di Ginevra, aveva dichiarato genericamente "entro la giornata".

Ma e chiaro ormai che l' armata serbo-federale vuole prendere Osijek, tanto più che ha tutto il tempo per riuscirci: se anche i caschi blu arriveranno davvero (e il segretario dell' ONU De Cuellar ha detto chiaramente che la decisione non è ancora presa nè lo sarà prima che la tregua sia rispettata), ci vorranno almeno 30-40 giorni per organizzare la cosa. Non esiste dunque alcuna ragione perché l'armata debba rinunciare proprio ora alla sua avanzata fin qui vittoriosa, tanto più che l' altro punto sul quale l' Onu non ha ancora una posizione chiara è dove disporre, eventualmente, le forze di pace.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail