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Agora' Agora - 27 novembre 1991
OSIJEK: UN'ALTRA GIORNATA SOTTO LE BOMBE, DIECI MORTI E DICIASSETTE FERITI. TREGUA SI, MA NON DOVE L'ESERCITO CONTA DI OTTENERE I SUOI OBIETTIVI
(corrispondenza di Paola Lucchesi per AGL)

Zagabria, 27.11.91 - La gente di Osijek continua a morire. La maggiore citta' della Slavonia orientale, centoventimila abitanti in tempi normali, si sta trasformando in un cumulo di rovine, giorno dopo giorno. Cosi' era iniziato anche a Vukovar. Anche oggi i cannoni e i mortai delle postazioni nemiche che circondano Osijek su tre lati hanno martellato la citta' per tutto il giorno. All'ospedale prima di sera erano gia' state portate altre ventisette persone: per dieci di loro non c'e' stato nulla da fare. Sul fronte sud la battaglia e' feroce, una lotta per la sopravvivenza per i croati: se l'armata nemica sfonda qui, tagliera' l'ultima strada rimasta aperta, quella verso Djakovo, la valle della Drava, Zagabria. Le informazioni ufficiali sono scarne, forse e' un segno che le cose vanno peggio di quanto sembra. Il villaggio di Ernestinovo, fino alla settimana scorsa punto chiave della difesa sud di Osijek, ora si e' trasformato in poligono di tiro su Laslovo e Antunovac. In citta' ormai mancano quasi completa

mente acqua e luce, i colpi sordi delle granate rimbombano nelle strade dalla mattina alla sera.

La Croazia attende speranzosa i caschi blu: oggi comparivano in tutti i titoli di prima pagina dei quotidiani, insieme alle valutazioni su quanto tempo potrebbe ancora volerci per ricevere il sospirato aiuto. Ma la diplomazia internazionale insiste sul fatto che il cessate il fuoco deve essere rispettato in toto, o non se ne fara' niente. Se passera' un'interpretazione rigida di questa precondizione, le citta' croate possono attendersi un Natale sotto le bombe. Le armi infatti non tacciono del tutto, anche se un notevole miglioramento si nota, da qualche giorno a questa parte. La cosa potrebbe essere dovuta al fatto che effettivamente comincia a farsi sentire la presenza internazionale: oggi la delegazione dell'assemblea della Nato ha incontrato il presidente croato Tudjman a Zagabria e ha visitato Sisak; per Dubrovnik (da dove la "Palladio" ha portato via un altro carico di donne e bambini) sono partiti due incaricati speciali dell'Unesco che apriranno una rappresentanza permanente e inizieranno a fare

l'elenco dei danni; il viceconsole americano Kathleen Stephens ha incontrato il vice primo ministro croato Tomac, mentre una delegazione sovietica ha incontrato il presidente del parlamento. Anche la missione Cee sembra aver preso un ruolo attivo: i suoi rappresentanti partecipano regolarmente alle trattative quotidiane fra esercito e governo croato a Zagabria, sulle questioni tecniche del ritiro dell'armata dalla Croazia e lo scambio di prigionieri; sono anche presenti nella maggior parte dei negoziati locali in varie zone di crisi. Anche se quasi nulla filtra dalle rare dichiarazioni dei loro portavoce, si capisce che i "venditori di gelati" (la delegazione CE indossa sempre vestiti bianchi, comprese le scarpe) hanno iniziato a impuntarsi e imporre anche agli astuti comandanti federali il rispetto dei patti.

Ma tutto cio' non e' ancora abbastanza, se Osijek rischia di diventare una seconda Vukovar. Lo stesso vale per Vinkovci, che oggi e' stata bersaglio dei mortai e dei cannoni dei federali, che stanno cercando di avanzare su quella parte del fronte. E' evidente che l'armata sta cercando di realizzare in ogni caso i suoi obiettivi, o per lo meno quello che e' meno improbabile: completare la conquista della Slavonia orientale. Agisce quindi sui fronti di Osijek e Vinkovci (oggi anche nella parte orientale del comune di Djakovo), cercando di chiudere la morsa intorno alle due citta', e in contemporanea sul fronte della Slavonia occidentale: se i federali riuscissero a trasformare le varie zone di battaglia in una linea continua dalla Bosnia all'Ungheria, in mezzo rimarrebbe una sacca di territorio larga circa duecento chilometri, all'interno della quale la difesa croata sarebbe facilmente schiacciata. Ecco perche' negli ultimi tre giorni, mentre in Dalmazia si registra una calma prolungata, gli assalti a Pak

rac, Nova Gradiska e Podravska Slatina proseguono ogni giorno: anche oggi sono stati particolarmente violenti, con piogge di granate sulle citta' e scontri diretti sulla linea del fronte.

Qualche segno di nervosismo nelle trattative per il ritiro dell'armata federale dalle caserme croate: oggi sera il generale Raseta ha minacciato di bloccare l'intero processo se entro lo scadere della giornata non si risolvevano tutti i problemi tecnici. Finora le operazioni di sgombero delle caserme nella zona di Zagabria si sono svolte regolarmente. Dalla "Marsala Tito" se ne sono andati 180 camion carichi di uomini e armi e oggi all'areoporto di Pleso sono atterrati due aerei da trasporto militari che fanno parte del ponte aereo organizzato per trasportare parte dell'equipaggiamento. Dopo domani dovrebbe invece iniziare uno scambio di prigionieri per il quale c'e' gia' una lista dell'esercito, anche se Raseta non ha voluto rivelare i nomi e il numero dei prigionieri.

 
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