Signor Procuratore,
leggo sui maggiori quotidiani che è stata aperta un'inchiesta nei confronti di "Punto Critico" per rivelazione di segreti o comunque di notizie che non devono essere divulgate, che ha coinvolto perfino alcuni magistrati militari di Padova. Le stesse notizie di stampa associano questa inchiesta all'esercitazione "Delfino" condotta dall'organizzazione clandestina "GLADIO" nell'aprile del 1966.
Devo francamente dire che la mia conoscenza della documentazione relativa all'esercitazione "Delfino" mi porta ad escludere che si stia procedendo per la violazione di segreti relativi ad avvenimenti di oltre un quarto di secolo fa che riguardano ormai solo la storia del nostro paese e che devono nutrire solo la formazione del libero convincimento politico. Queste mie valutazioni sono per fortuna confortate dalla dichiarazione che, sempre la stampa, attribuisce ai giudici inquirenti: "Gladio e l'operazione Delfino non c'entrano in questa inchiesta". Devo quindi ritenere che ben altre questioni relative alla sicurezza dello Stato, alle eversioni che hanno insanguinato l'Italia, siano oggi al vaglio della Procura romana.
In ogni caso tengo a farle sapere che l'11 dicembre ho ritenuto mio dovere far chiarezza sull'esercitazione "Delfino" che, sulla base di notizie di stampa precedentemente pubblicate, andava assumendo contorni inutilmente misteriosi e fantasiosi. Sono quindi intervenuto nella conferenza pubblica STAY BEHIND, moderata dal collega Sergio De Julio, diffusa dal sistema telematico "AGORA'", con due interventi (n. 321 e 322) che allego. In questi due scritti ho potuto chiarire, sulla base dei documenti di cui ero venuto a conoscenza come membro della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo e le stragi, la vera natura di quella esercitazione di "controinsorgenza". Negli stessi testi ho dovuto sollevare alcuni interrogativi sulle finalità dell'esercitazione "Delfino" che esulavano certamente da quelli costitutivi dell'organizzazione Gladio che, secondo le autorevoli dichiarazioni del Presidente del Consiglio, doveva apprestare forme di resistenza in caso d'invasione e non certamente nella ipotesi d
i "sovversioni" interne.
Mi assumo naturalmente tutte le responsabilità della diffusione di notizie che a mio giudizio non ledevano alcun interesse dello Stato ma, anzi, contribuivano a far opera di verità su comportamenti non certo lineari dei nostri servizi di sicurezza. Sono infatti fermamente convinto che nessuno possa evocare la segretezza e lo riservatezza per coprire fatti che possano configurarsi come eversivi dell'ordine costituzionale.
Cordiali saluti,
Roberto Cicciomessere