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Partito Radicale Silvja - 18 luglio 1995
Bosnia-Erzegovina: lettera aperta

On. Susanna AGNELLI

Ministro degli Affari Esteri

Farnesina - Roma

Torino, 18 luglio 1995

Egregio Signor Ministro,

Le scriviamo a proposito della Bosnia, convinti che oggi, per chiunque vive in una Europa per gran parte complice degli assassini, parlare di Bosnia significa riflettere sulle proprie responsabilità: de te fabula narratur.

Da nonviolenti sappiamo che la storia del '900 europeo è intrisa e sfigurata del sangue sparso in nome di una politica di pace, che consegnava e consegna alla mercé dei violenti le speranze e le disperazioni dei deboli.

Non esiste traccia o segmento della Sua politica estera (e, per la gran parte, del Suo predecessore) che non porti e riconfermi un segno di sostanziale acquiescenza (magari dolorosa e sbigottita, insomma: da anni '30) alle ragioni degli assassini (in senso tecnico giuridico, Signor Ministro: di assassini presunti tali dal Tribunale internazionale contro i crimini di guerra nella ex Jugoslavia).

Lei continua a riconoscere come interlocutori di un processo di pace scandito dai massacri, chi questi massacri compie e promuove nell'assoluta impunità. Lei è riuscita a teorizzare (in punta di diritto, verrebbe da dire, se questo diritto non scontasse le storture di una realpolitik disperata e irresponsabile) che non si può imporre la pace a chi vuole il conflitto, perché questo comporterebbe altri massacri.

Intanto ci regala lo spettacolo (che sappiamo umanamente sincero, ma non per questo meno disperante) di stupori e dolori, che sembrano sostituire, nella Sua responsabilità, il dovere di agire, intervenire: il dovere di "fare".

Alcuni mesi fa, alcune fra le massime autorità politiche e diplomatiche serbe vennero a Torino (nella Sua e nostra città, Signor Ministro) per affari; era allora in vigore, come oggi, un embargo economico teoricamente durissimo, ma oggi, come allora, l'unico embargo che sembra farsi rispettare è quello politico e, per così dire, morale, nei confronti del diritto alla vita dei cittadini di Bosnia.

Ora, ciò che vorremmo sapere è questo: intende proseguire su questa strada, o intende impegnarsi, e se possibile fare in modo che il governo si impegni, nelle uniche due iniziative che sembrano potere non far cessare, ma arrestare temporaneamente il massacro: l'adesione della Bosnia nell'UE, e l'intervento militare contro le truppe di Karadzic?

Mi pare che ormai sia chiaro a tutti, in Italia e in Europa che non fare quanto la situazione ormai impone significa apprestarsi a vedere cadere nel sangue tutte le enclaves musulmane e la stessa città di Sarajevo e vedere realizzato un genocidio di dimensioni spaventose.

La ringraziamo dell'attenzione (se attenzione vi sarà).

Distinti saluti

Carmelo Palma

(a nome di alcuni militanti radicali di Torino)

 
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