Roma, 13 ottobre 1995
Pregiatissimo Sig. Ministro,
Domenica, Ella riceverà in Italia il Primo Ministro cinese Li Peng. Si tratterà certo di un incontro in cui centrali o assolutamente preponderanti saranno i temi economici e commerciali nei rapporti tra il Suo paese e la Cina. Mi permetto di sottoporle, come Segretario di un partito che sta cercando di costruire, con difficoltà e umiltà, ma con estremo senso di responsabilità politica, i presupposti per avviare il necessario processo di democratizzazione delle istituzioni cinesi, alcune considerazioni.
Nel luglio scorso il Parlamento Europeo ha approvato, su iniziativa anche di numerosi euro-parlamentari iscritti al PR e ad amplissima maggioranza, una Risoluzione in cui per la prima volta il PE è andato oltre la condanna delle violazioni dei diritti umani per denunciare l'illegalità dell'invasione e dell'occupazione del Tibet da parte della Repubblica Popolare cinese. Poco più di un anno fa il Suo paese ha voluto dare al mondo intero un segnale assai chiaro e netto, nel ricevere il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio italiani, nelle rispettive sedi istituzionali, il Dalai Lama, leader politico e spirituale dei Tibetani.
Il regime cinese non risponde ai canoni minimi di rispetto dei diritti della persona internazionalmente riconosciuti, ed è costantemente denunciata la violazione dei diritti umani da quel regime autoritario perpetrate. La Repubblica Popolare cinese è retta da un Governo che continua ad effettuare esperimenti nucleari, senza che troppo energiche voci si levino a cercare di contrastare tali esperimenti, assolutamente dannosi per l'ecosistema, non soltanto cinese.
La Cina costituisce un gigantesco mercato - ad oggi solo potenziale - per i prodotti occidentali, e un paese in cui la manodopera a bassissimo costo od addirittura prelevata dai campi di concentramento e dalle carceri, sta favorendo grossi investimenti stranieri, da parte anche di aziende del Suo paese.
La considerazione che Le sottoponiamo è semplice, quanto chiara. Una considerazione che è insieme una domanda: come intende un paese democratico quale quello del cui Governo Ella fa parte, coniugare legittimi interessi commerciali e di scambio economico con la necessaria e proclamata volontà di affermare il rispetto dei diritti della persona in Cina e il rispetto dei diritti del popolo tibetano?
La domanda non Le sembri retorica, ché non lo è.
Crediamo che ogni accordo commerciale o economico non possa prescindere dalla verifica di almeno alcune circostanze, quali quelle delle condizioni di lavoro delle persone che sono impiegate nelle attività economiche cui aziende italiane partecipano o si apprestano a partecipare. Almeno una cosa, Ministro Le chiediamo: che almeno Ella si accerti del non essere impiegata, in opere in cui in qualsiasi modo siano coinvolte aziende italiane, forza lavoro tratta dai campi di concentramento e correzione, dai lager cinesi.
RingraziandoLa per l'attenzione, Le porgo i migliori saluti.
Olivier Dupuis
(Segretario del Partito Radicale
transnazionale e transpartito)