Bruxelles, 22 gennaio 1997
Cara(o) Collega,
a pochi mesi dal Consiglio europeo di Amsterdam corre uno scetticismo crescente tra i membri del nostro Parlamento quanto alla possibilità di realizzare alcune riforme importanti, in particolare quelle che riguardano la politica estera e della sicurezza comune.
Pochi mesi che potremmo invece tentare di utilizzare per far giungere ai Capi di Stato e di governo ed ai membri della Commissione alcune proposte di riforme concrete.
In questo spirito vorrei sottomettere alla Sua benevolenza due proposte - se consentirà l'ardire a chi è membro di questa Assemblea solo da poco tempo - che, sebbene non rivoluzionarie, potranno essere all'origine di sviluppi interessanti sia per rafforzare l'Unione europea in quanto tale, sia per quanto concerne la sua presenza e la sua immagine nel mondo.
1. Creazione di un Corpo europeo per le operazioni di mantenimento e di ristabilimento della Pace.
Senza nulla togliere ai meriti del Corpo europeo fondato per iniziativa del Presidente Mitterand e del Cancelliere Kohl, è giocoforza constatare che una siffatta struttura non è adatta ad affrontare varie e significative minacce alla sicurezza. Questo per due ragioni. Innanzitutto perché questo corpo è stato concepito per rispondere a minacce di tipo militare rivolte al nostro continente. In secondo luogo perché, creato al di fuori ed indipendentemente dalle istituzioni dell'Unione da un piccolo nucleo di paesi, tale corpo può difficilmente rappresentare lo strumento operativo dell'Unione.
Rimane che l'Unione si trova sempre più spesso ad affrontare sfide alle quali non ha saputo rispondere o l'ha fatto tardivamente (e in più per tramite di una parte solamente degli Stati membri e al di fuori del suo quadro istituzionale). E' presente a ciascuno di noi il ricordo della tragedia dell'ex-Jugoslavia ed della Bosnia. E quella, tutt'ora in corso, del Ruanda e dello Zaire.
In sintesi si tratterebbe di dotare l'Unione di uno strumento capace di metter in opera, in tempo reale, operazioni di mantenimento della pace (peace keeping) o di ristabilimento della pace (peace making).
Invece della riforma degli aspetti più tradizionali della politica di sicurezza, che costituisce oggetto di forti resistenze da parte di un certo numero di Stati membri (non solamente tra gli Stati neutrali), questo aspetto della politica di sicurezza potrebbe costituire l'oggetto di un largo consenso tra gli Stati membri considerando che si tratterebbe, per l'Unione, di dotarsi dei mezzi per realizzare le missioni cosiddette di Petersberg sulle quali, com'è noto, esiste di già un ampio consenso. E' d'altronde in questo spirito che la Commissione Affari esteri nel suo rapporto (PE 218.768) e la Commissione Sviluppo nel suo (219.759) chiedono "al Consiglio e alla Commissione di studiare la possibilità di creare un corpo europeo, comprendente unità militari e civili, in cooperazione con l'UEO, incaricato delle operazioni di mantenimento e ristabilimento della pace".
Al fine di essere in grado di svolgere pienamente ed efficacemente le sue missioni, la creazione di un tale corpo dovrà, a mio parere, ottemperare alle seguenti condizioni:
- dovrà essere europeo, creato ex novo, ovvero non essere la sommatoria di brigate o di reparti militari nazionali esistenti;
- dovrà comprendere sia unità militari che unità civili, specialmente preparate per rispondere a questo tipo di crisi sia dal punto di vista della sicurezza che dal punto di vista dell'invio e della distribuzione degli aiuti d'emergenza;
- la gestione di questo corpo dovrà essere assicurata da un Commissario ad hoc, eventualmente vice-presidente della Commissione;
- la decisione del suo incarico dovrà essere deliberata, su proposta del Commissario responsabile, dal Consiglio, in un primo tempo, dal Consiglio e dal Parlamento insieme successivamente.
2. "Comunitarizzazione" parziale e su base geografica della PESC.
Di fronte alle reticenze, ai veti incrociati, ai blocchi di ogni genere che circondano tutte le proposte di trasferimento delle competenze reali in materia di politica estera e sicurezza comune dagli Stati membri verso le istituzioni dell'Unione, la proposta è quella di "comunitarizzare" le relazioni estere dell'insieme dei paesi membri (*) con un certo numero di paesi terzi.
I criteri di scelta di questa prima serie di paesi terzi (che dovranno essere in numero sufficientemente elevato) potrebbero essere i seguenti:
- l'assenza di contenziosi significativi tra paesi dell'Unione relativamente a tali paesi terzi;
- l' assenza di divergenze politiche fondamentali quanto alla politica condotta verso i paesi terzi;
- la rilevanza delle relazioni esistenti (o la volontà di stabilirne) tra i Paesi terzi e l'Unione (politica di aiuto allo sviluppo, appartenenza all'ACP, accordi d'associazione...);
- la rilevanza della questione dello sviluppo per tali paesi terzi.
Il meccanismo istituzionale regolatore delle relazioni tra detti Stati e l'Unione dovrebbe essere di tipo codecisionale. Definizione delle linee politiche generali e controllo della loro messa in opera al Consiglio ed al Parlamento europeo, attuazione concreta di tali politiche e gestione delle relazioni alla Commissione, attraverso un Commissario unico, eventualmente anche vice-presidente della Commissione.
Troverà in allegato una tabella descrittiva dell'insieme dei paesi della comunità internazionale con, accanto a ciascuno, le indicazioni relative alla presenza diplomatica degli Stati membri e le rappresentanze della Commissione, oltreché qualche dato economico e demografico.
A mio parere questa proposta comporterebbe diversi vantaggi tra cui la creazione delle condizioni per:
- una politica più razionale e dunque più incisiva relativamente a paesi scarsamente dotati di mezzi e risorse ma costretti ad affrontare problemi politici, economici, sociali ed ecologici particolarmente gravi;
- una visibilità reale dell'Unione e dei suoi atti sia verso i paesi terzi sia relativamente ai cittadini dell'Unione;
- una sperimentazione o una messa a punto progressiva delle relazioni, in materia di politica estera, tra le tre istituzioni interessate (Commissione, Consiglio e Parlamento) e la formazione di un primo nucleo di diplomatici europei;
- una forte riduzione delle uscite destinate alla politica estera da ciascuno degli Stati membri.
Ecco dunque, caro Collega, le mie due proposte, della cui lunghezza mi scuso, ma che spero abbiano destato il suo interesse. Se ritiene che meritino di essere sviluppate, La invito a sottoscrivere l'una e/o l'altra proposta di risoluzione allegata.
Nel ringraziarla vivamente per la sua cortese attenzione, colgo l'occasione per porgere, a Lei ed ai suoi cari, i miei migliori auguri per l'anno che comincia.
Olivier Dupuis
(*) Se una tale proposta potesse incontrare l'adesione di una larga maggioranza di Stati membri - come io credo -, divenendo oggetto di opposizione irriducibile da parte di una pur piccola minoranza, si potrebbe, come già avvenuto in altre circostanze, prevedere un meccanismo che permetta agli Stati che la sostengono di realizzare queste riforme, preservando la possibilità per gli Stati non ancora disposti di adottarle successivamente.