INTERVENTO DI OLIVIER DUPUIS, SEGRETARIO DEL PARTITO RADICALE TRANSNAZIONALE ALLA MANIFESTAZIONE "LIBERTA' PER IL TIBET"
Ginevra, 9 marzo 1997
Buongiorno! Vorrei cominciare a parlare delle cose meno piacevoli. Voglio parlare di cose che sono molto gravi. Sono in corso in questi giorni, in seno al Parlamento europeo, tentativi, per la settimana prossima, per la sessione di Strasburgo, di ridurre gli obiettivi del popolo tibetano, gli obiettivi del Dalai Lama, gli obiettivi del governo tibetano in esilio a un'autonomia culturale e religiosa. Ciò, sapete, è lontano 1.000 chilometri da quello che vogliono i nostri amici tibetani, da quello che vogliamo tutti. Una proposta di risoluzione è stata depositata dal deputato socialista Colajanni e dal deputato socialista spagnolo Colom y Naval. Con gli amici dell'"Intergruppo Tibet al Parlamento europeo" stiamo lavorando per impedire che una cosa simile possa prodursi, per impedire che gli anni di lavoro, gli anni di sforzi, in seno al Parlamento europeo, ma evidentemente non solo in seno al Parlamento europeo, gli anni di sforzo di noi tutti che siamo qui e di milliaia di altri in Europa e ovunque nel mondo,
che lavoriamo, che sosteniamo la causa del Tibet, per impedire di ritornare indietro di 10 anni, di limitare gli auguri, le speranze, la volontà del popolo tibetano e la nostra, per limitare tutto ciò a una semplice autonomia culturale e religiosa. Sappiamo cosa c'è in ballo oggi in Tibet. Ciò che è in ballo è la libertà di un popolo. E' la libertà del popolo tibetano, ma anche la democrazia per il popolo tibetano in Tibet, per il Tibet, e la democrazia per tutti i nostri amici cinesi.
Ma vorrei - e penso che questa sia una cosa molto positiva - vorrei salutare con particolare calore la delegazione dei nostri amici cinesi che sono venuti numerosi. Tutti i dirigenti della Federazione per la Democrazia in Cina sono oggi con noi, e in particolare la sorella di qualcuno che ci è molto caro. Anche lei ci è molto cara. Wei Shan Shan, la sorella di Wei Jingsheng è tra noi. E questo, penso, è un segno di rafforzamento della nostra battaglia. Le cose positive: siamo comunque in parecchi, siamo numerosi, il nostro programma non è che all'inizio. Penso che avremo anche un gran momento, più tardi sul lago, con un momento coreografico, penso molto bello, con queste torce, queste candele, per la libertà del Tibet, per la democrazia in Cina, per la libertà del Turchestan orientale, per la libertà della Mongolia interna.
Dunque siamo solo all'inizio. Un'altra piccola cosa, perché penso che bisogna dire delle cose. E' anche la condizione per lavorare meglio, per essere più numerosi, per essere più efficaci nei prossimi mesi e settimane. Un'altra cosa che credo debba attirare tutta la nostra attenzione, è che noi non possiamo continuare a lavorare in modo disorganizzato.
Dobbiamo rafforzare la nostra organizzazione, dobbiamo rafforzare la nostra comunicazione, dobbiamo rafforzare il lavoro ogni giorno, e non bisogna aspettare la scadenza del 10 marzo e le poche settimane che la precedono per mobilitarsi. Dobbiamo fare in modo che la campagna "Una bandiera per il Tibet", che ha visto quest'anno 700-800 municipi issare la bandiera, dobbiamo fare in modo che quello che abbiamo deciso tutti insieme a Bonn, diventi realtà nel '98 affinché effettivamente, attraverso l'Europa, attraverso il mondo, ci siano migliaia di sindaci, migliaia di borgomastri, che issino la bandiera tibetana, e affinché veramente noi lavoriamo tutti assieme.
Un'altra iniziativa che ha ottenuto un primo successo nel corso di queste giornate, questa iniziativa "una piazza per il Tibet". Voi sapete l'importanza di questa iniziativa, perché una piazza per il Tibet, una via per il Tibet rimane, non se ne va, non passa. Un primo comune in Svizzera, vicino a Ginevra, il comune di Veyrier, ha deciso di dare a una piazza del suo comune il nome di Piazza del Tibet. Penso che, nei giorni e nelle settimane a venire, bisogna che decine, centinaia di comuni svizzeri, francesi, tedeschi, ovunque in Europa, che in ogni comune d'Europa ci sia una piazza, una via per il Tibet. A Strasburgo, a Bruxelles, a Parigi, ovunque nel mondo. E questo è qualcosa alla portata di ognuno di noi, non c'è bisogno di essere deputato, di essere membro di un Consiglio comunale, ognuno di noi può cominciare a far pressione sui membri dei consigli comunali affinché nelle settimane prossime, ciò si moltiplichi.
Allora, in maniera più generale, credo che i 2-3 anni scorsi hanno visto il movimento per la libertà del Tibet assumere una dimensione che è senza paragone con quella del movimento di 5 o 10 anni fa. Ma penso anche che siamo arrivati a un momento in cui bisogna fare un salto di qualità e bisogna fare uno sforzo, ciascuno e tutti, per dare molto di più di quello che si è dato fino ad ora, per arrivare a essere molto più efficaci, per arrivare a obbligare davvero le istituzioni internazionali, per obbligare i nostri governi, per obbligare i nostri parlamenti ad affrontare la questione della libertà del Tibet e la questione della democrazia in Cina. Sapete, se ne è parlato molto, che sono stati riuniti sotto questo slogan, questo desiderio e questo sentimento di urgenza e necessità, sotto una parola, con il prof. Samdhong Rimpoché, con una parola che è Satyagraha 98 per la libertà del Tibet.
Allora, ci sono molte cose che sono state dette su quello che potrebbe essere, su quello che sarà il Satyagraha. Penso che c'è ancora molta confusione e penso che sia necessario sapere che il Satyagraha non è un obiettivo, il Satyagraha è una metodologia. Il Satyagraha è un modo di agire. L'obiettivo è quello del Dalai Lama, è quello del governo tibetano in esilio, è quello di tutti i nostri amici tibetani in Tibet, è l'autonomia, ma l'autonomia forte, reale, completa, per tutte le materie che toccano la vita dei tibetani in Tibet, tranne, come ha detto il Dalai Lama, la politica di difesa e la politica estera. Dunque su questo non si può negoziare. Questo è il nostro obiettivo, e il Satyagraha sono i mezzi, gli strumenti, la nonviolenza organizzata che dobbiamo creare, immaginare e inventare, giorno dopo giorno, affinché questo obiettivo divenga, nei mesi e negli anni che verranno, realtà in Tibet, affinché il Tibet sia liberato. Dunque, penso che in ogni città d'Europa, ogni città da dove venite oggi, si d
ovrà cominciare a riflettere, a mettere queste idee sulla carta e a cominciare a far circolare queste idee affinché nei prossimi mesi, non il 10 gennaio o il 10 febbraio prossimo, ma affinché nelle prossime settimane si cominci a lavorare, si cominci a organizzarsi anche con gli amici negli Stati Uniti, in Australia, in India, e affinché si arrivi con questo movimento Satyagraha nel 98 a creare qualcosa che sia equivalente nella forza e nella quantità al movimento anti guerra del Vietnam degli anni 60. Centinaia di migliaia di persone nel mondo, che lo stesso giorno alla stessa ora, con lo stesso slogan e con le stesse rivendicazioni, realizzino delle manifestazioni, degli scioperi della fame, dei sit-in e tutte le altre idee che ci verranno perché io so che la fantasia è una delle nostre forze e perché tutti insieme si crei questo movimento che non sarà, al contrario del movimento contro la guerra del Vietnam, un movimento "Anti", ma sarà un movimento "Per". Per la libertà del Tibet, per la democrazia in Ci
na. Penso che se troveremo la forza in noi di essere "Per", troveremo anche la forza di stare insieme e di stare insieme a decine di migliaia l'anno prossimo, all'appuntamento del 10 marzo ma anche a decina di milliaia a partire da oggi fino al 10 marzo prossimo.
Per fare 10 volte, 100 volte di più di quello che abbiamo fatto fino ad oggi. Ed è già enorme. Dunque sappiamo che il salto di qualità sarà gigantesco. Ecco, volevo concludere ringraziando in particolare alcune persone, e penso che questo sia dovuto perché senza quelle persone il nostro appuntamento di oggi non avrebbe avuto luogo. Vorrei ringraziare in particolare Alain, Jean-Luc, Lapka, Monique e Veronique del Gruppo di Sostegno al Tibet di Ginevra, che hanno fatto un lavoro straordinario nel corso di queste settimane. Vorrei ringraziare Massimo Lensi, Tiziana, Olga e Andrea che, con queste persone, sono stati il motore di questa organizzazione, delle cose concrete, che hanno permesso che fossimo tutti qui oggi. Allora vi domanderei un ringraziamento per il lavoro di tutte queste settimane. Un applauso caloroso a questa decina di persone che erano là giorno dopo giorno, ora dopo ora, notte dopo notte, perché c'è stato bisogno di ciò. Allora, almeno 20 mila l'anno prossimo.