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Partito Radicale Centro Radicale - 12 giugno 1997
PE/PESC: rapporto Spencer

Progressi della PESC 1996

A4-0193/97

Risoluzione sui progressi realizzati nell'attuazione della politica estera e di sicurezza comune (gennaio-dicembre 1996)

Il Parlamento europeo,

- visto l'articolo J.7 del trattato sull'Unione europea,

- visti gli articoli 92, paragrafo 4, e 148 del suo regolamento,

- viste le sue risoluzioni del 18 maggio 1995 sui progressi compiuti nell'attuazione della politica estera e di sicurezza comune (novembre 1993 - dicembre 1994), del 18 luglio 1996 sui progressi compiuti nell'attuazione della politica estera e di sicurezza comune (gennaio - dicembre 1995) e del 16 gennaio 1997 sul quadro generale per un progetto di revisione dei trattati,

- viste le sue risoluzioni con cui esso prende posizione riguardo alla Conferenza intergovernativa in corso,

- vista la relazione della commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa (A4-0193/97),

A. considerando che, come previsto dall'articolo J.7, secondo comma, del TUE, il Parlamento europeo deve procedere ogni anno a un dibattito sui progressi compiuti nell'attuazione della politica estera e di sicurezza comune,

B. considerando gli obiettivi di questa politica, riportati all'articolo J.1 del TUE, così come il disposto dell'articolo C, relativo alla coerenza globale dell'azione esterna dell'Unione e alla responsabilità del Consiglio e della Commissione nel garantire tale coerenza,

C. considerando l'uso che il Consiglio europeo e il Consiglio hanno fatto degli strumenti previsti dal TUE, in particolare delle azioni e delle posizioni comuni, e considerando il disposto dell'articolo J.4, paragrafo 1, relativo alla definizione della politica di sicurezza comune,D.considerando che sono apparse all'orizzonte sfide importanti e che si sono aperte nuove crisi che richiedono un'azione più forte ed efficace da parte dell'Unione in materia di prevenzione e composizione pacifica dei conflitti,

E. considerando la mancanza di un accordo internazionale in materia di PESC e la scarsa attenzione rivolta dal Consiglio alle valutazioni e alle raccomandazioni del Parlamento europeo,

F. considerando che il Parlamento europeo deve costantemente rivedere il suo ruolo e la sua condotta riguardo alla PESC allo scopo di aumentare il più possibile la sua influenza e accrescere il controllo democratico sulla PESC,

G. rammentando che la PESC non rappresenta di per sé un fine, ma è uno strumento affinché l'Unione contribuisca alla pace e alla sicurezza internazionale, alla tolleranza e al rispetto dei diritti e delle libertà civili, sociali ed economiche, come pure alla promozione e allo sviluppo dei valori europei di democrazia, libertà e solidarietà,

H. considerando che alla politica di pace e sicurezza non è stata accordata la necessaria priorità e che l'ideazione e che la messa a punto di strumenti non militari di prevenzione, contenimento e composizione dei conflitti sarà un compito di importanza primaria negli anni a venire,

I. sottolineando, a tale riguardo, che le clausole in materia di diritti umani e democrazia che dovrebbero essere inserite in tutti gli accordi economici con i paesi terzi rappresentano uno strumento importante ai fini della difesa e del sostegno di tali valori,

J. considerando che, in vista dell'imminente riforma del TUE, oltre all'analisi degli avvenimenti prodottisi nel 1996 sembra opportuno esaminare le tendenze generali dello sviluppo della PESC a partire dal suo avvio nel novembre 1993;

Analisi delle linee generali del funzionamento della PESC

1. reputa che i progressi realizzati nell'attuazione della PESC nel periodo in cui essa è stata in vigore siano stati deludenti per quanto riguarda il miglioramento dell'organizzazione e della visibilità dell'Unione nonché l'aumento della sua capacità d'azione; a tale riguardo i cittadini dell'Unione continuano ad avere la sensazione che l'avvio di tale politica sia stata piuttosto insoddisfacente;

2. ritiene che, sebbene la nomina di inviati speciali in casi specifici rappresenti un miglioramento della presenza dell'Unione nei grandi conflitti, ciò non sia di per sé sufficiente a garantire che l'Unione svolga pienamente il suo ruolo;

3. deplora il fatto che, fatte salve rare eccezioni, il ricorso alle azioni e alle posizioni comuni sia stato limitato a questioni puntuali, senza che si sia avuto il coraggio di ideare, per il tramite delle stesse, strategie compiute e a lungo termine al riguardo dei principali problemi mondiali; deplora altresì che, a tre anni dall'entrata in vigore del trattato sull'Unione europea, azioni comuni e posizioni comuni siano così poco numerose rispetto alle dichiarazioni, quando esse rappresentano gli autentici strumenti della PESC;

4. deplora il fatto che l'Unione spesso non sia stata in grado di applicare le clausole sui diritti umani e la democrazia che dovrebbero essere inserite in tutti gli accordi economici con paesi terzi, fingendo di non vedere le flagranti violazioni e le infrazioni delle convenzioni internazionali verificatesi in alcuni di tali paesi;

5. constata che l'intenso lavoro politico e diplomatico della Presidenza e dell'attuale Troika dell'Unione non è inserito in un quadro istituzionale solido e coerente, il che riduce la fermezza e l'efficacia dell'azione esterna dell'Unione; ritiene indispensabile sostituire l'attuale struttura della Troika con una struttura più stabile composta dal presidente del Consiglio, dal commissario responsabile per la politica estera e dal segretario generale del Consiglio;

6. constata che, dopo diversi anni di attuazione della PESC, gli interessi sui quali essa si basa continuano ad essere definiti a livello intergovernativo; a tale riguardo occorre rilevare l'evidente rinuncia da parte della Commissione al diritto, conferitole dall'articolo J.8 del TUE, di presentare proposte in tale ambito;

7. rammenta che l'esperienza ha dimostrato un accresciuto peso politico delle iniziative comuni dell'Unione rispetto a quelle di ciascuno degli Stati preso separatamente;

8. deplora il fatto che diversi Stati membri violino regolarmente l'articolo J.1, paragrafo 4 del trattato sull'Unione europea, minando in tal modo l'efficacia della PESC;

9. rammenta la necessità di creare un'unità di studio e di analisi - composta di funzionari della Commissione, funzionari del Consiglio e funzionari nazionali - in grado di valutare i rischi e le minacce in un'ottica europea, nonché di adeguare i corpi diplomatici e servizi di informazione nazionali alle aspirazioni della PESC;

10. chiede che sia offerta agli Stati membri dell'Unione la possibilità di utilizzare le delegazioni della Commissione, nei paesi terzi dove essi non abbiano una rappresentanza diplomatica, ai fini della rappresentanza dei propri interessi, oltre a quelli dell'Unione;

11. deplora il fatto che si avanzi tanto lentamente nella definizione di una politica di sicurezza comune, nel coordinamento delle politiche di difesa e nel rafforzamento delle relazioni tra l'UEO e l'UE;

12. chiede che nel determinare i propri interessi sul piano della sicurezza l'Unione non ponga più l'accento solo sulla sicurezza intesa soprattutto in senso militare, ma anche su una strategia che interessi in primo luogo la stabilità socio-economica, l'allentamento delle tensioni etniche e la promozione del processo di integrazione;

13. ribadisce la sua proposta intesa a far sì che nel quadro della politica di sicurezza comune venga presa in esame la possibilità di creare un Corpo di pace civile europeo, incaricato di potenziare l'azione umanitaria, contribuire alla soluzione pacifica dei conflitti, prevenire l'esplosione di nuovi conflitti e adottare le necessarie misure volte a creare fiducia, partendo dalle esperienze già fatte, come quella della ECMM (missione di controllo della Comunità europea) nell'ex Iugoslavia;

14. deplora il fatto che il Consiglio non abbia ancora raggiunto un accordo suun'interpretazione comune e restrittiva degli otto criteri esistenti sui trasferimenti di armamenti adottati in occasione delle riunioni del Consiglio di Lussemburgo (giugno 1991) e Lisbona (giugno 1992);

15. constata che la PESC non ha seguito l'evoluzione prevista dal TUE e chiede agli Stati membri di apportare i cambiamenti istituzionali necessari affinché la PESC acquisti efficacia e coerenza;

16. si compiace dei progressi compiuti dall'idea, proposta da taluni paesi, di integrare l'UEO nell'Unione europea;

17. deplora l'incapacità del Consiglio di fare un uso efficace dell'articolo J.3, paragrafo 2 e lo esorta a dare la priorità ai progressi da compiere in questo settore;

18. deplora il fatto che non sia stato possibile raggiungere un accordo interistituzionale sull'applicazione dell'articolo J.7 del TUE e che il Consiglio continui a non informarlo regolarmente e per iscritto sull'attuazione della PESC;

19. è dell'avviso che l'efficacia e la trasparenza della PESC sarebbero di gran lunga incrementate se le spese operative fossero di norma imputate al bilancio della Comunità;

20. sottolinea che il proprio ruolo nell'ambito della PESC non può limitarsi al ricevimento di informazioni: occorre favorire una adeguata partecipazione del Parlamento alla definizione delle direttrici e al controllo politico sulla applicazione delle misure PESC;

21. auspica che la Conferenza intergovernativa pervenga a un miglioramento strutturale della PESC, in conformità delle precedenti risoluzioni del Parlamento europeo, mediante l'introduzione del voto a maggioranza, una migliore visibilità dell'azione dell'Unione europea e la cooperazione in materia di difesa;

22. deplora altresì il fatto che il Consiglio continui a non consultarlo prima dell'adozione di posizioni e azioni comuni e non dia una risposta politica alle raccomandazioni indirizzategli; al riguardo, chiede che queste ultime siano iscritte formalmente all'ordine del giorno di detta istituzione;

23. invita il Consiglio ad accettare l'inclusione di deputati al Parlamento europeo nelle delegazioni dell'Unione nell'ambito di negoziati internazionali a livello ministeriale;

24. auspica una maggior cooperazione e un reciproco scambio di informazioni con il comitato dei presidenti delle commissioni affari esteri dei Parlamenti degli Stati membri, allo scopo di estendere il controllo democratico sull'evoluzione della politica estera e di sicurezza comune;

25. sottolinea l'importante ruolo svolto dal Presidente del Parlamento, dalla commissione per gli affari esteri e dalle altre commissioni del Parlamento che si occupano di relazioni esterne, dalle commissioni parlamentari miste e dalle delegazioni interparlamentari per quanto riguarda il controllo della PESC, ma ribadisce la necessità di essere consultato e pienamente informato per iscritto sullo sviluppo di questa politica, inclusa l'adozione e l'attuazione di azioni comuni e posizioni comuni; sottolinea a questo proposito che il ruolo del PE nella PESC non può limitarsi alla semplice informazione e che occorre prevederedisposizioni atte a garantire un'adeguata partecipazione del Parlamento europeo nella definizione degli orientamenti e nel controllo politico sull'attuazione delle misure adottate nell'ambito della PESC;

26. deplora di non essersi avvalso pienamente del diritto concessogli di presentare raccomandazioni al Consiglio nell'ambito della PESC; esprime la propria soddisfazione per le 113 risoluzioni riguardanti i diritti umani e la PESC approvate nell'ambito delle discussioni su problemi di attualità, urgenti e di notevole rilevanza nel 1996, pur sottolineando la necessità di garantire la coerenza tra detta procedura e i lavori delle commissioni parlamentari che si occupano di relazioni esterne; è dell'avviso che il Parlamento europeo e la sua commissione competente debbano ricercare delle modalità per aumentare l'efficacia e migliorare il controllo degli strumenti di cui dispone in materia di PESC e che ciò dovrebbe applicarsi a questo tipo di risoluzioni, alle raccomandazioni e ai dibattiti con la Commissione e il Consiglio a margine delle riunioni del Consiglio;

27. insiste sulla necessità di mantenere il finanziamento della PESC una spesa "non obbligatoria" in modo da consentire il dovuto controllo parlamentare;

28. conferma la sua volontà di difendere le sue attuali prerogative di parere conforme in materia di politica estera, che rappresentano un importante strumento di controllo democratico;

29. constata che le azioni comuni riguardo all'ex Iugoslavia, più che un'iniziativa, sono state una prosecuzione di quelle già adottate nel 1995; deplora l'assenza di una posizione comune riguardo alla Bosnia-Erzegovina, così come la mancata definizione di una posizione comune che crei le condizioni per il miglioramento delle relazioni politiche ed economiche con la Repubblica federale di Iugoslavia;

30. sollecita il Consiglio a esercitare più forti pressioni diplomatiche ed economiche sulle parti coinvolte nell'accordo di Dayton onde assicurarne la piena applicazione, in particolare per quanto riguarda l'estradizione dei criminali di guerra e il loro deferimento al tribunale per i crimini di guerra dell'Aia, nonché la localizzazione delle fosse comuni e dei dispersi;

Evoluzione della PESC nel 1996

31. deplora l'inefficacia della reazione dell'Unione riguardo ai primi segnali della crisi albanese ed è ancora una volta dell'avviso che un'autentica politica estera e di sicurezza comune non può in alcun caso essere intesa come una somma di singoli interessi geopolitici;

32. constata che il Kosovo continua a figurare fra le regioni "calde" in Europa che necessitano di una soluzione duratura e deplora il fatto che neppure nel 1996 siano state adottate iniziative efficaci per avviare senza condizioni colloqui di ampio respiro tra tutte le parti interessate;

33. considera positiva l'azione comune relativa alla nomina e ai poteri del sig. Moratinos come inviato speciale dell'Unione in Medio Oriente, ma avverte la mancanza di una posizione comune più ambiziosa che definisca le politiche a lungo termine dell'Unione e che fungada base di riferimento per l'eventuale azione nella regione;

34. deplora la debolezza della diplomazia comunitaria per quanto riguarda gli avvenimenti a Cipro e le relazioni con la Turchia; ritiene, al riguardo, che sia necessario definire una posizione comune che inquadri le relazioni con questo paese, ed è dell'avviso che riunioni come quella tenuta di recente a Roma tra cinque Stati membri e la Turchia debbano coinvolgere il maggior numero possibile di Stati membri onde favorire l'evoluzione della PESC e contribuire alla soluzione dei problemi esistenti;

35. deplora la totale mancanza, in questi ultimi due anni, di azioni comuni e di posizioni comuni sui paesi mediterranei del Sud e deplora in particolare l'immobilismo per quanto riguarda l'Algeria;

36. deplora il fatto che l'Unione non sia riuscita a definire una posizione comune sull'ampliamento della NATO, sulle relazioni con la Russia e sul loro impatto sul processo di ampliamento comunitario;

37. reputa buona cosa che il continente africano sia stato obiettivo prioritario della PESC attraverso dichiarazioni, posizioni e azioni comuni, senonché, a parte gli indubbi sforzi, non sembra che siano state esaurite tutte le possibilità di azione a disposizione dell'Unione;

38. ritiene che si avverta la mancanza di una politica comune, ben definita ed efficace, nei confronti di questo continente, pur valutando positivamente le azioni comuni concernenti l'inviato speciale nella regione dei Grandi Laghi e il sostegno al processo di transizione nella Repubblica democratica del Congo;

39. reputa, al riguardo, che occorra definire una posizione comune tesa a promuovere una Conferenza regionale dei Grandi Laghi, allo scopo di risolvere il problema dei profughi, sostenere il processo di democratizzazione della Repubblica democratica del Congo, del Burundi e del Ruanda, pervenire a una ripartizione equilibrata di poteri in questi due ultimi paesi, attuare un rigoroso controllo degli armamenti nella regione e sviluppare a lungo termine la cooperazione UE in questa zona;

40. deplora il fatto che la Dichiarazione transatlantica sottoscritta nel dicembre 1996 non abbia avuto conseguenze pratiche all'atto di coordinare le politiche dell'Unione e degli Stati Uniti su temi di estrema importanza come il processo di pace in Medio Oriente;

41. è dell'avviso che l'intensificazione del dialogo di San José tra l'Unione e l'America centrale costituisca un obiettivo primario per la PESC e chiede un programma di azione globale per la PESC in relazione all'America latina che dia luogo a un autentico "dialogo transatlantico" tra le due regioni;

42. si compiace dell'intensificazione dell'azione comune dell'Unione riguardo alla messa al bando delle mine antiuomo, ma auspica che il Consiglio manifesti un maggiore impegno nell'attuare l'azione comune;

43. deplora vivamente l'accentuarsi delle divisioni in seno all'Unione per quanto concerne le relazioni con la Repubblica popolare cinese, divisioni che si sono manifestate in particolare durante i lavori della Commissione ONU per i diritti dell'uomo;44.sottolinea il fatto che tali divisioni hanno l'effetto di rafforzare i partigiani dello "sviluppo senza democrazia" e mette in guardia rispetto alle gravi conseguenze che tale modello ha e potrebbe avere tanto per la Repubblica popolare cinese e i paesi della regione quanto per l'insieme dei paesi in via di sviluppo, oltreché per il mantenimento della pace mondiale;

45. si congratula con la Commissione per gli sforzi e le iniziative miranti a sviluppare le relazioni dell'Unione con l'India e invita il Consiglio a proseguire su questa strada;

46. reputa che le posizioni comuni su Birmania (Myanmar) e su Cuba rappresentino un buon esempio di come utilizzare questo strumento in modo efficace ed esorta il Consiglio a proseguire su questa via, giacché contribuisce a chiarire ed efficacizzare l'azione esterna dell'Unione;

47. considera relativamente buoni i risultati conseguiti sul piano della sicurezza relativamente alla definizione di posizioni coordinate nelle conferenze internazionali e al miglioramento delle relazioni di lavoro e di segreteria tra l'UE e l'UEO, soprattutto per quanto riguarda l'evacuazione di cittadini dell'Unione e l'eventuale presenza dell'UEO nella regione dei Grandi Laghi;

48. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e al Segretario generale dell'Unione dell'Europa occidentale.

 
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