PUNTO 10 - Libertà di movimento, spostamento della popolazione
1. Il continuo afflusso di coloni cinesi nel Tibet, che si è verificato a partire dall'invasione del Tibet da parte delle forze cinesi nel 1949, è stato incrementato di recente a causa del processo di inurbamento dei cinesi in questa regione. La deliberata politica del trasferimento di popolazione, volta a costringere o ad indurre le persone a trasferirsi in un territorio o ad abbandonarlo, con lo scopo o effetto di trasformare la composizione demografica o lo status politico di un determinato territorio, viene riconosciuta come violazione dei diritti umani.
2. In data 20 agosto 1996, la quarantanovesima sessione del Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale (Committee on the Elimination of Racial Discrimination, CERD) delle Nazioni Unite ha espresso le proprie perplessità in relazione alla politica ufficiale cinese adottata in Tibet. "Si esprime preoccupazione sui rapporti relativi agli incentivi concessi ai rappresentanti della nazionalità Han qualora si stabiliscano in aree autonome, poiché questo fenomeno può provocare delle modifiche sostanziali della composizione demografica e del carattere della società locale di quelle aree". Durante tale sessione è stata inoltre richiesta alle autorità cinesi "la revisione di tutte le politiche o azioni il cui possibile risultato sia un'alterazione sostanziale della composizione demografica delle aree autonome".
3. Il trasferimento massiccio di popolazione in Tibet ha provocato un fenomeno di discriminazione relativa all'assegnazione degli alloggi, alle politiche educative, all'occupazione e ai servizi sociali. Dal momento che uno degli scopi del trasferimento della popolazione cinese è lo sradicamento dell'identità razziale, culturale e nazionale distintiva del popolo tibetano, costituisce in se e per se stesso un atto discriminatorio. Questo fattore è stato anche riconosciuto dalla Sottocommissione sulla prevenzione della discriminazione e sulla protezione delle minoranze (Sub-Commission on Prevention of Discrimination and Protection of Minorities) delle Nazioni Unite mediante risoluzione 1993/34 del 25 agosto 1993 che ha sancito le conclusioni e raccomandazioni contenute in uno studio preliminare sull'attinenza del fenomeno dei trasferimenti di popolazione alla sfera dei diritti umani (E/CN.4/Sub.2/1993/17). Tale studio affermava che "il trasferimento di popolazione è, prima facie, illegale e viola una serie di d
iritti affermati dalla legislazione in materia di diritti umani e umanitaria relativa alle popolazioni trasferite e a quelle che le accolgono".
4. Nel rapporto (E/CN.4/sub.2/1994/18) relativo allo sviluppo della situazione presentato alla quarantaseiesima sessione della Sottocommissione, il Signor Al-Khasawneh ha dichiarato in una delle conclusioni: "Nelle circostanze in cui lo scopo o il metodo del trasferimento costituisce una forma di genocidio, schiavitù, discriminazione razziale o sistematica o tortura, tale trasferimento può essere qualificato come crimine ai sensi dell'articolo 19 (parte I) degli articoli stesi dalla Commissione giuridica internazionale (International Law Commission) relativi alla responsabilità dello Stato e può provocare tutte le conseguenze previste nel caso di atti considerati illeciti a livello internazionale e, inoltre, quelle normalmente associate a fatti criminosi. Rientrano in quest'ambito atti quali la pulizia etnica, la cacciata di minoranze o gruppi etnici dalla propria patria all'interno dello Stato, nonché l'insediamento di coloni che è considerato equivalente alla negazione dell'autodeterminazione".
5. Il trasferimento massiccio dei cinesi in Tibet viola la legislazione in materia umanitaria e sui diritti umani, compresi i trattati che la stessa Cina ha approvato, fra cui la Convenzione internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale (International Convention on the Elimination of Racial Discrimination), sottoscritto dalla Cina nel 1982, e la Quarta Convenzione di Ginevra. L'articolo 49 di quest'ultima vieta a qualsiasi potenza occupante "la deportazione o il trasferimento di gruppi o di tutta la popolazione civile nel territorio occupato". L'applicazione dell'articolo 49 è estesa al periodo dell'occupazione durante cui la Cina esercita le funzioni governative in Tibet. L'articolo 47 estende la validità della Convenzione a prescindere dallo status de facto dell'odierno Tibet.
6. Negli ultimi dieci anni il Parlamento europeo ha denunciato ripetutamente il trasferimento, ufficialmente incoraggiato, di gruppi etnici cinesi in Tibet e ne ha richiesto l'immediata interruzione alle autorità cinesi, condannando le violazioni dei diritti umani in Tibet, l'invasione e l'occupazione di questa regione da parte della Repubblica popolare cinese nelle risoluzioni del 15 ottobre 1987, del 16 marzo 1989, del 15 marzo 1990, del 12 settembre 1991, del 13 febbraio 1992, del 15 dicembre 1992, del 25 giugno 1993, del 17 settembre 1993, del 13 luglio 1995 e del 14 dicembre 1995. Simile preoccupazione e interesse sono stati espressi nelle risoluzioni dei Parlamenti belga, lussemburghese e del Bundestag tedesco, approvate nel corso del 1996.
7. La popolazione cinese che si trova nella regione definita Tibet dai tibetani comprendente sia la Regione autonoma del Tibet (Tibet Autonomous Region, TAR) designata dalla Cina che le prefetture autonome del Tibet, accorpate alle provincie di Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan ha subito un aumento sostanziale a partire dal 1949. In quel periodo in base alle statistiche tibetane e cinesi, nessun cinese abitava, di fatto, la TAR e soltanto poche centinaia di migliaia popolavano le provincie confinanti. Nel 1953, secondo i dati statistici cinesi, 426.000 cinesi popolavano le aree delle provincie di Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan, ma non si registrava alcun cinese nella TAR, senza contare le truppe militari. Il censimento del 1982 ha registrato la presenza di 1.541.000 cinesi in Tibet, comprese le prefetture autonome del Tibet, e di 92.000 nella stessa TAR.
8. Le stime ufficiali cinesi relative al 1990 riportano un numero inferiore complessivo di presenze cinesi nel Tibet (1.508.000), tuttavia delle ricerche indipendenti indicano che il numero effettivo di cinesi nel Tibet è molto più elevato ed in continuo aumento. Il censimento cinese ufficiale relativo al 1990, ad esempio, riferisce di una presenza di 67.000 cinesi nella TAR, mentre un rapporto cinese del 1993 parla di 118.000 cinesi. D'altra parte una recente missione in Tibet, volta ad accertare alcuni elementi e guidata da Anders Anderson, ha prudentemente stimato la popolazione cinese totale nelle restanti aree del Tibet nell'ordine dei 5/5,5 milioni di unità. Nelle stime effettuate dal governo tibetano, tuttavia, la cifra sale a più di 7,5 milioni di unità.
9. Al contrario la popolazione tibetana è diminuita in modo drammatico, passando da più di 6 milioni di tibetani registrati al tempo dell'invasione a circa 4,6 milioni odierni, secondo le cifre emerse dal censimento cinese e da osservazioni di prima mano. Il trasferimento di popolazione ha dunque fatto sì che i tibetani siano diventati un gruppo di minoranza all'interno del proprio paese.
10. Nel 1994 il governo cinese ha pubblicamente riconosciuto la politica di incoraggiamento e sostegno dell'insediamento in Tibet. Lo stesso governo aveva in precedenza negato l'intenzione di adottare una qualsiasi politica di "rilocazione" dei cinesi all'interno del Tibet, ma fonti differenti hanno affermato che questa strategia è stata perpetrata per decenni.
11. Le politiche e i programmi del governo cinese, tuttavia, incoraggiano l'insediamento in Tibet di un'estesa "popolazione fluttuante". Il governo ha costruito abitazioni, scuole, ospedali e perfino bancarelle per incentivare l'insediamento cinese. Ha elaborato delle regolamentazioni snelle per semplificare l'apertura di attività commerciali private in Tibet ed un elevato numero di cinesi ne sta traendo vantaggio. Il governo ha costruito e ristrutturato le principali strade che collegano le provincie cinesi a Lhasa e ad altre città tibetane, e attualmente si sta occupando dei collegamenti ferroviari. Qualche anno fa sono stati rimossi tutti i punti di controllo presenti sulle strade che dalle provincie confinanti giungono in Tibet. Il governo riposiziona inoltre le squadre di tecnici e di esperti cinesi e ne recluta di nuovi.
12. L'impatto sui tibetani del trasferimento massiccio di coloni e soldati cinesi ha assunto proporzioni devastanti. A partire dagli anni '50, le fattorie e i terreni coltivati a prato del Tibet sono state espropriate e incorporate in fattorie collettivizzate e comuni. Il rapido aumento di coloni e soldati ha provocato le peggiori carestie nella storia del Tibet, causando la morte di più di 340.000 tibetani, perché la terra non è stata sufficiente a sostenere il rapido aumento di popolazione. Gli sforzi maldestri volti ad incrementare la produttività di terre adatte soltanto a pascolo utilizzato da gruppi nomadi o ad uno sfruttamento agricolo limitato hanno causato un diffuso processo di desertificazione.
13. I progetti di sviluppo economico, fra cui la costruzione di strade, di centrali elettriche, di edifici per abitazione e uffici, di fabbriche e i progetti agricoli o opere per l'irrigazione su larga scala sono stati realizzati soprattutto grazie all'impiego di manodopera cinese, persino a livello di personale non specializzato. Allo stesso tempo i tibetani sono stati cacciati dalle fattorie confiscate per lasciare il posto a cantieri.
14. Abitazioni, scuole e ospedali vengono costruiti principalmente a beneficio della popolazione cinese che affluisce e non a beneficio dei tibetani. Di recente a Lhasa migliaia di tibetani sono stati trasferiti dalle proprie abitazioni alla periferia della città, in modo da consentire l'abbattimento di quelle costruzioni, sostituite da alloggi per i lavoratori cinesi.
15. Forse la pratica più insidiosa che accompagna l'insediamento cinese nel Tibet è il controllo delle nascite. Questa politica è attuata dai cinesi in tutto il Tibet in modo sistematico ed organizzato, e si serve della propaganda, della coercizione e di severe misure di regolamentazione.
16. Nel 1996 lo Speciale relatore delle Nazioni unite in materia di violenza contro le donne così riportava: "Grazie alla sua politica [che consente di avere un solo figlio], il governo cinese invade la sfera domestica regolando e ponendo restrizioni sul numero di figli che una coppia sposata può avere. L'applicazione di questa politica è a volte violenta".
17. Ogni anno le autorità cinesi determinano la percentuale di nascite ammissibile per ogni comunità (che oscilla fra il 3 e il 5%). Le coppie che desiderano un figlio sono costrette a sfidare la fortuna partecipando a una specie di lotteria. Se la coppia non ha fortuna, la madre, anche se al quinto o sesto mese di gravidanza, deve abortire. Se una coppia ha un figlio senza prima aver partecipato alla lotteria, verrà multata e al bambino verranno negati il certificato di registrazione, qualsiasi tipo di assistenza da parte dello Stato e, in futuro, l'istruzione.
18. Queste misure violano in sé e per sé i diritti umani dei tibetani. Nell'ottica del massiccio afflusso di cinesi in Tibet, trovano una giustificazione soltanto in un impegno programmatico ad eliminare il popolo tibetano sotto la spinta delle ondate di coloni cinesi.
19. Perfino le statistiche del governo cinese evidenziano una generale diminuzione della popolazione tibetana dal 1949 pari a più di 1,4 milioni di tibetani, in altre parole un quarto della popolazione relativa al periodo precedente l'invasione (da più di 6 a 4,6 milioni). Poco più di 80.000 tibetani sono andati in esilio. E stato provato che più di 1,2 milioni di tibetani sono deceduti in seguito all'invasione cinese a causa di carestie, dell'aggressione militare, in seguito a carcerazione, esecuzione, tortura e per suicidio. Una diminuzione di più di 100.000 persone è causata dal blocco del naturale sviluppo demografico della popolazione tibetana.
Conclusione
20. Il massiccio trasferimento di popolazione in Tibet e conseguenti dislocazione, discriminazione e aggravarsi della già fragile situazione ambientale, oltre alle pratiche restrittive del controllo delle nascite, costituiscono una minaccia all'esistenza e sopravvivenza della cultura e del popolo tibetano. Il genocidio del popolo tibetano provocato dal trasferimento di massa diviene più chiaro con il passare del tempo.
21. Che le politiche della Cina in Tibet costituiscano una violazione di tutti i diritti umani, riconosciuti dal Diritto Internazionale, è stato confermato da una serie di organismi sui trattati e relatori speciali delle Nazioni Unite. La Sottocommissione per la prevenzione della discriminazione e la protezione delle minoranze deve prestare particolare attenzione alla sempre più grave situazione dei diritti umani in Tibet e in Cina ed è necessario che la discussione sulla situazione tibetana sia all'ordine del giorno. Inoltre sarebbe necessaria la creazione di una figura di Relatore speciale incaricato di indagare sulla questione dei diritti umani in Tibet e in Cina. Chiediamo perciò a questa Sottocommissione di considerare la serietà della situazione creata dal trasferimento di popolazione in Tibet e di mettere a disposizione tutti i mezzi possibili per un miglioramento di questa drammatica questione.