Lunedì 1 settembre 1997*DROGA: ARLACCHI A CAPO DELLA POLITICA ANTIDROGA DELL'ONU.
CORA: "CONTINUITA' SULLA LINEA DEI FALLIMENTI"
*CONTRO IL PROIBIZIONISMO SULLE CURE: L'APPELLO DI PARIGI
*CONGO: ANCHE L'ONU DENUNCIA LA SCOMPARSA DI 200.000 PERSONE
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DROGA: ARLACCHI A CAPO DELLE POLITICHE ANTIDROGA DELL'ONU. CORA "SCELTA LA CONTINUITA' SULLA LINEA DEI FALLIMENTI"
Nota del Cora Coordinamento Radicale Antiproibizionista
Dal primo settembre il senatore Pino Arlacchi assumerà l'incarico di Direttore Generale della sede di Vienna dell'Onu, in cui si decidono le politiche sulle droghe. Commentando il suo nuovo incarico, Arlacchi ha affermato: "E' una grande sfida. Comunque, sono convinto che la comunità internazionale sarà capace di vincere la battaglia contro il crimine organizzato e il terrorismo".
Se a questa dichiarazione aggiungiamo che Arlacchi è sempre stato un proibizionista ideologico incapace di arrendersi alla prova dei fatti è chiaro che nei prossimi anni assisteremo a un incremento dello sperpero di denaro pubblico accompagnato da un rafforzamento della narcocrazia.
Evidentemente quelli che a noi paiono prezzi troppo alti per mantenere in piedi e rafforzare la politica proibizionista (mercati finanziari inquinati dai narcodollari; aree geografiche "dedemocratizzate" dai narcopoteri; milioni di vittime innocenti della narcocriminalità) sono considerati equi da chi di questa politica è titolare o beneficiario: i superburocrati dell'antidroga alla Arlacchi; i politici che nascondono dietro le proprie sbandieratissime convinzioni morali la mancanza di coraggio e l'incapacità di governare; quanti hanno in monopolio la gestione del mercato (illegale) delle droghe proibite.
A noi comunque un dubbio resta: fino a che punto la politica proibizionista è ancora l'arma di un manipolo di irriducibili romantici che vogliono sconfiggere il male ? Non è invece ormai divenuta un modo cinico e "sbagliato" per conviverci?
Sembra infatti sempre più evidente che per i poteri proibizionisti i veri avversari da battere, anche in sede internazionale, non siano le narcomafie, ma quanti, in chiave antiproibizionista, denunciano e documentano i risultati di una crociata destinata ad alimentarsi all'infinito dei propri fallimenti; di una "guerra santa" che, in questo modo, non finirà mai, ed accrescerà semplicemente il potere di quelli che, da una parte e dall'altra, se ne eleggono generali.
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DROGA: CONTRO IL PROIBIZIONISMO SULLE CURE: L'APPELLO DI PARIGI
Il proibizionismo sulle droghe è sempre anche proibizionismo sulle cure e sui diritti dei tossicodipendenti e dei consumatori di droghe. L'inaccessibilità dei trattamenti, dei farmaci e delle terapie più adeguate rappresenta una minaccia per l'ordine e la salute pubbliche, e aggrava pesantemente le difficili condizioni di vita dei tossicodipendenti.
Su questo problema, in occasione della "Conferenza europea sulla riduzione del danno" tenutasi a Parigi nello scorso mese di luglio, il CoRA - Coordinamento Radicale Antiproibizionista ha lanciato una petizione (l'Appello di Parigi) che è già stata sottoscritta in molti paesi europei da centinaia di cittadini e, soprattutto, di operatori nel campo della sanità e delle tossicodipendenze.
Riportiamo di seguito il testo dell'Appello che sarà presentato al Parlamento europeo entro il prossimo 30 settembre. Nei prossimi giorni renderemo note le adesioni.
APPELLO AL PARLAMENTO EUROPEO PER LA LIBERTà TERAPEUTICA ED IL DIRITTO ALLE CURE
Noi sottoscritti cittadini europei, operatori della sanità, persone attive nel campo delle tossicodipendenze e non, consideriamo che la libertà terapeutica, il diritto per ogni persona alla scelta del proprio medico di fiducia, la libertà di circolazione e la protezione dei consumatori in Europa rappresentano dei principi e delle necessità da riaffermare solennemente.
Troppo spesso il principio della libertà terapeutica viene calpestato quando riguarda il trattamento di tossicodipendenti. Numerose legislazioni o regolamentazioni, infatti, impediscono ai medici di curare le tossicodipendenze al di fuori dei centri specializzati, senza che tale restrizione sia in alcun modo giustificata sul piano scientifico. Altre limitazioni imposte riguardano la scelta del trattamento (metadone, buprenorfina, eroina, ecc.): si tratta di sostanze che hanno dato ampiamente prova della loro utilità, contribuendo a salvare numerose vite umane, ma che sono ancora frequentemente vietate per motivi estranei ad ogni considerazione di tipo medico. La carcerazione di cittadini che hanno come sola colpa il fatto di essere dipendenti da sostanze illecite compromette ogni possibilità di cura efficace.
A causa di tali restrizioni i tossicodipendenti non possono usufruire di cure adeguate, e si trovano condannati all'emarginazione ed alla clandestinità, oltre che all'aggravamento del loro stato di salute.
Le restrizioni alla libertà terapeutica ostacolano la libertà di circolazione tra i paesi dell'Unione Europea. Come potrebbe infatti una persona in trattamento con metadone immaginare di poter viaggiare o stabilirsi in un'altra località d'Europa dove invece lo stesso trattamento non è autorizzato? Per altri versi la libera circolazione dei beni e dei servizi implica la necessità di rafforzare a livello europeo la protezione dei consumatori anche in campo sanitario.
Tali constatazioni ci inducono a lanciare un appello solenne all'Unione Europea ed ai suoi Stati membri affinché la libertà terapeutica diventi un principio pienamente riconosciuto. Ciò implica il riconoscimento del diritto per i medici di prescrivere le sostanze che considerano in scienza e coscienza più adeguate alle cure, così come il riconoscimento del diritto, per chi consuma droghe illegali, di non essere punibili, per questo solo fatto, con la carcerazione.
Per le ragioni suddette, rivolgiamo un appello al Parlamento Europeo affinché inviti la Commissione Europea a prendere tutte le iniziative necessarie volte a garantire la libera circolazione delle persone in trattamento per tossicodipendenza. I provvedimenti che domandiamo devono essere tali da garantire nell'Unione Europea la piena ed effettiva libertà terapeutica, anche per quanto riguarda il trattamento della dipendenza da eroina.
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CONGO: ANCHE L'ONU DENUNCIA LA SCOMPARSA DI 200.000 PERSONE
MA SI FERMA DAVANTI ALLE PREPOTENZE DEL NUOVO POTENTE DI TURNO
Il drammatico appello della scomparsa di centinaia di migliaia di hutu, lanciato mesi fa dalla Commissaria europea per gli aiuti umanitari Emma Bonino, è stato finalmente raccolto dall'Organizzazione delle Nazioni Unite. Il Governo di Kabila, che nel mese di maggio rovesciò il regime di Mobutu Sese Seko, ha però posto pesanti condizioni alla missione Onu decisa all'inizio d'agosto da Kofi Annan per investigare circa la sorte degli hutu scappati dal Ruanda per rifugiarsi in quello che allora era ancora conosciuto come Zaire.
Il Governo congolese ha rifiutato il visto ai membri dell'Onu, in cambio chiede che venga sostituito AtsuKoffi Amega, il capo togolese della delegazione, perché Paese vicino allo Zaire, e che rappresentanti della Organizzazione dell'Africa Unita (UAO) collaborino con gli esperti Onu. Kofi Annan era già stato criticato settimane fa da organizzazioni umanitarie per aver sollevato dall'incarico il cileno Roberto Garretton, che nel corso di indagini preliminari aveva già raccolto alcune prove del massacro perpetrato dalle truppe protutsi di Kabila. Il Governo degli Usa, sebbene sempre stato disposto al negoziato con Kabila, ha dichiarato che a seguito dei recenti atteggiamenti di non collaborazione con la missione Onu i rapporti con il Governo del Congo potrebbero cambiare.
In attesa che l'Onu si pronunci ulteriormente in merito, la situazione dei grandi laghi rischia di finire nel silenzio e nel disinteresse della comunità internazionale, sempre più attenta alla diplomazia che non alla giustizia.
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