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Notizie Radicali
Partito Radicale Centro Radicale - 3 settembre 1997
AGENZIA RADICALE Nr 30
3 SETTEMBRE 1997

*100 ANNI DEL MOVIMENTO SIONISTA: OGGI IL MESSAGGIO DEL SIONISMO E' LA NON VIOLENZA

*U.E. E POLITICHE DI SICUREZZA:PARTITO RADICALE "EUROPA, SE CI SEI BATTI UN COLPO

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100 ANNI DEL MOVIMENTO SIONISTA: OGGI IL MESSAGGIO DEL SIONISMO E' LA NON VIOLENZA!

Il sionismo in cerca di rinnovamento guarda a un futuro di pace per Israele

Dopo cent'anni, quale futuro per il sionismo? Questa la domanda posta agli oltre 2000 delegati dell'Organizzazione sionista mondiale riuniti a Bale in Svizzera. Il primo a rispondere, cosciente dell'inevitabile "invecchiamento" del sionismo, è Avraham Burg, Presidente dell'Osm: "Io non voglio vivere il futuro come il passato, il messaggio del sionismo si trova nella nonviolenza." E per quanto riguarda l'avvenire del processo di pace dice: "maggiore sarà la sicurezza di Israele più i palestinesi avranno la loro sovranità e indipendenza."

Il P.R. ritiene importante l'impegno del Movimento Sionista a favore del processo di pace in Medio Oriente e, a maggiore ragione, l'affermazione e la scelta della nonviolenza, che si ritrova nella più che ventennale storia di iniziativa e di azione diretta che ha caratterizzato il sostegno del Partito Radicale alla democrazia in Israele, e, da Israele, verso il mondo arabo.

Per anni l'antisionismo e la politica antisraeliana hanno meritato, non solo in Italia, ambigue giustificazioni e colpevoli indulgenze; hanno dunque coinciso essendone stati diretta e tragica conseguenza con una politica "democratica" che riteneva di guardare "realisticamente" ai temi del diritto, in una dimensione internazionale e nei rapporti fra gli stati, solo prescindendo dalla natura dei regimi politici. In medio oriente e nel mondo arabo il rifiuto di Israele, per oltre 40 anni, è stata la traduzione esemplare del rifiuto della democrazia. Tutte le aspirazioni o gli interessi politici, economici, nazionali delle popolazioni arabe e medioorientali hanno dunque trovato, inevitabilmente, una declinazione antidemocratica o ademocratica, ed hanno rafforzato tendenze nazionaliste o fondamentaliste.

Fra gli ostacoli da rimuovere nel processo di pace, vi è perciò la legittima paura che inevitabilmente serpeggia fra l'opinione pubblica israeliana di un'Europa disposta a barattare la stabilità dell'area con la sicurezza di Israele. Uno scambio, peraltro, in perdita, non solo per Israele, ma per l'Europa intera, che dovrebbe ammettere come proprio il rifiuto del diritto e della democrazia rappresentino il fattore di massima instabilità dell'area mediorientale. Come è evidente, eliminare questa paura non può significare semplicemente prescindervi, o denunciarne le conseguenze negative, in Israele e per Israele. Significa renderla meno fondata, giustificata ed "utilizzabile" dai nemici interni ed esterni ad Israele del processo di pace.

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U.E. E POLITICHE DI SICUREZZA: PARTITO RADICALE "EUROPA, SE CI SEI BATTI UN COLPO"

Dichiarazione di Gianfranco Dell'Alba, deputato europeo

"Un mese fa, questa Agenzia denunciava l'assoluta latitanza dell'Unione europea sulla scena internazionale, l'assenza totale di quella presunta Politica Estera e di Sicurezza Comune pur definita dei Trattati di Maastricht e confermata recentemente al vertice di Amsterdam.

Se occorresse ancora dimostrare quanto il sistema messo in piedi dai 15 governi sia assolutamente inefficace, eccone a josa la prova!

Dicevamo che l'Unione europea era andata in vacanza: ebbene al 3 settembre c'è ampiamente rimasta!

In Bosnia, in particolare per quanto riguarda la parte serba, l'Europa ha fatto la voce grossa (sic!) solo per una questione di nomine di ambasciatori risoltasi rapidamente, mentre solo gli americani sembrano prendere sul serio i tentativi di garantire elezioni in tempi rapidi e soprattutto di arrestare Karadzic e gli altri mandanti dei massacri etnici; in Medio Oriente, tutti aspettano il nuovo tentativo di mediazione americano, mentre l'Europa si è segnalata soprattutto per le gaffes commesse dai suoi esponenti (da Scalfaro a, più recentemente, il ministro degli esteri greco); in Africa, incapace di aver alcun ruolo nella crisi che travaglia il CongoBrazzaville, mentre il regime di Kabila continua ad opporsi alla missione ONU incaricata di far luce sui massacri dei profughi hutu, la Troika dellUnione ha invece inopinatamente giudicato positivi i primi mesi di vita di questa ennesima dittatura africana; in Algeria, una violenza cieca, e un pressoché assoluto isolamento, che costituiscono una minaccia

di destabilizzazione per tutto il Mediterraneo non sembra suscitare la minima reazione politica dei paesi europei....e gli esempi potrebbero continuare.

La verità è che la politica estera comune si riduce alla produzione dei prolissi comunicati di buone intenzioni, che non hanno interesse se non per gli archivi delle cancellerie diplomatiche.

Il gioco allora vale la candela?

A queste condizioni non sarebbe meglio evitare il ridicolo e dichiarare il fallimento di una costruzione mai completamente accettata o troppo poco voluta dalle varie diplomazie per essere efficace? Intanto, non varrebbe la pena di rifiutarsi, innanzitutto per queste ragioni, di avallare e ratificare il nuovo, pallido e reticente Trattato di Amsterdam?"

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