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Partito Radicale Centro Radicale - 14 luglio 1998
Tribunale internazionale/L'Opinione delle Libertà

Tribunale Penale Internazionale

NESSUNA SCUSA, NESSUN ALIBI

L'Opinione delle Libertà, 14 Luglio 1998

I lavori della Conferenza diplomatica in corso a Roma per l'istituzione di un Tribunale Penale Permanente su genocidi, crimini di guerra e contro l'umanità sono giunti alle ore cruciali. Al di là di quanto possano dire osservatori poco attenti, o, al contrario, troppo "interessati" a ridurre la portata delle decisioni della Conferenza, a Roma non si sta celebrando un happening umanitario, né, semplicemente, una grande esercitazione giuridica sui temi del diritto e della giustizia internazionale. Si stanno assumendo e, comunque, in positivo o in negativo, si assumeranno decisioni che avranno conseguenze pratiche, concrete, e soprattutto, di rilievo politico certo.

Non vi sarà comunque un "nulla di fatto". Per parte nostra, continuiamo a ritenere che proprio nella logica negoziale della Conferenza, vi sia una esigenza politica assoluta: quella di istituire subito il Tribunale, di fissare subito condizioni di "diritto" - non ancora pienamente conquistate - che consentano ad esso una giurisdizione non casuale, occasionale o, peggio ancora "politica".

Le critiche, le obiezioni e le riserve che i lavori della Conferenza hanno suscitato non possono, a questo punto, divenire alibi: qualunque dilazione o rinvio rispetto alle scadenze fissate, è politicamente perdente. Una conclusione interlocutoria dei lavori della Conferenza, ne pregiudicherebbe, di per sé, gli esiti. Le riserve statunitensi sulla subordinazione del Tribunale al Consiglio di Sicurezza dell'Onu e sul consenso "preventivo" all'azione penale da parte dello Stato di appartenenza dell'accusato sono- di certo- pesanti. Ancor più pesanti e gravi sono quelle, non esplicite, passive, ostruzionistiche di altri paesi decisivi dello scacchiere internazionale, fra cui altri membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu come Russia e Cina, e della quasi totalità dei paesi arabi, che sono nella sostanza protesi ad inchiodare la comunità internazionale alla dottrina della "non ingerenza" giudiziaria. Certo, le resistenze all'Istituzione di un Tribunale equo, efficace ed indipendente hanno ragioni e

giustificazioni diverse. Provengono in parte da paesi come gli Stati Uniti, a cui molto si deve di quanto, in questi ultimi anni, è stato fatto per il ripristino di condizioni di ordine, sicurezza e legalità internazionale, e in parte da paesi, il cui solo obiettivo è invece quello di sottrarsi dalla sfera di azione del Tribunale. Eppure, tutte insieme, le resistenze e le riserve concorrono a ridurre pericolosamente i margini di riuscita dei lavori della Conferenza, ed a precostituire una grave ipoteca sull'efficacia e credibilità "politica" del Tribunale.

A questo punto, il modo migliore per rispondere a queste riserve è, con ogni probabilità, quello di superarle, di evitare di attestarsi su di esse come possibili punti di mediazione. La Conferenza non può, semplicemente, ratificare la propria "impasse".

A questo punto, si deve mediare sulle soluzioni; non si può mediare sugli obiettivi. Si può ancora, in questi ultimi giorni, negoziare sui poteri e sulla giurisdizione del Tribunale; non ci si deve però rassegnare ad una "giustizia negoziata" caso per caso, ad una giurisdizione senza diritto. Né si può accettare che il Tribunale permanente sia completamente risucchiato nella logica dei Tribunali ad hoc, e che funzioni da longa manus "giudiziaria" del Consiglio di Sicurezza.

Del resto, se non si fosse tentato di imporre, ed in qualche modo conquistata - malgrado le fortissime riserve iniziali - l'idea di una Corte Penale Internazionale a carattere permanente, e definita, nel proprio statuto e nei propri poteri, dalla intera comunità internazionale, si sarebbe mai aperta la possibilità di definire in modo più chiaro e coerente i limiti di esercizio della sua giurisdizione? Se non si fosse fatta valere l'urgenza politica di un Tribunale che giudichi i crimini contro l'umanità - ovunque e comunque commessi - non si sarebbe forse avvicinato, e non allontanato, il rischio che, nei casi singoli, nelle varie emergenze, il vincitore si proclami contestualmente legislatore e giudice, fissi unilateralmente le regole, e pronunci i conseguenti giudizi?

Ora, è possibile che le debolezze 'politiche' di questa operazione, l'assenza di cooperazione, il disconoscimento delle competenze del Tribunale Internazionale da parte degli Stati, la mancata ratifica del trattato istitutivo da parte di paesi importanti, la proposizione di una dottrina della non ingerenza 'giudiziaria', comportino, di fatto, per la Corte una situazione di stallo, o la sistematica disapplicazione della sua giurisdizione. Bisogna però ricordare che non pochi Stati in realtà lavorano perché dalla Conferenza Diplomatica di Roma risulti l'insostenibilità e l'impossibilità, in diritto, di una giurisdizione penale universale. Questa è la partita politica più grossa: che si può vincere, o iniziare a vincere. Certo, vi sarà chi lavorerà per assicurare l'impunità ai crimini contro l'umanità; ma la loro 'imputabilità', il fatto che la comunità internazionale li riconosca come crimini e li sottoponga ad una giurisdizione internazionale, è passaggio decisivo, che è possibile conquistare da subito - entr

o sabato prossimo - come successo di questa Conferenza e della mobilitazione dell'opinione pubblica internazionale.

Per tutto questo, il Partito Radicale e Non c'è Pace senza Giustizia hanno organizzato una manifestazione-fiaccolata che si terrà oggi a Roma (con inizio alle ore 18,30 in P.zza del Campidoglio), e che sarà aperta dagli interventi di Emma Bonino e Francesco Rutelli. Per le stesse ragioni, sono ormai 500 i militanti radicali in digiuno di dialogo (alcuni di essi da sei giorni) per testimoniare ai diplomatici presenti alla Conferenza l'interesse di ciascun cittadino sull'esito di questi lavori. Speriamo che siano molti i cittadini che parteciperanno alla fiaccolata per ripetere, con noi, dinanzi alla sede della Conferenza, l'appello: "Nessuna scusa, nessun alibi: subito il Tribunale Internazionale".

Olivier Dupuis

(Segretario del Partito Radicale, parlamentare europeo)

E' possibile seguire in diretta ed in differita i lavori in sessione plenaria della Conferenza Diplomatica su Radio Radicale 2, e, in modalità radiofonica, sul sito web: HYPERLINK "http://www.radicalparty.org" www.radicalparty.org ).

 
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