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Partito Radicale Centro Radicale - 15 aprile 1999
Kosovo/Milosevic/Liberal: intervista a Marco Pannella

"EPPURE IO DICO: NESSUNO TOCCHI MILOSEVIC "

Un vecchio avversario del tiranno lancia l'allarme: c'è il pericolo che venga ucciso o si suicidi prima del processo

Colloquio con Marco Pannella

Di Renzo Foa

Liberal, 15-22 aprile 1999

Detta subito il titolo Marco Pannella. Lo scandisce evocando quello che è diventato il marchio della lotta contro la pena di morte nel mondo: "Nessuno tocchi Milosevic". Viene subito da obiettargli che il rischio è molto diverso, che prevalga la tentazione di trattare con lui, facendo per di più finta che non sia successo nulla, non ora in Kosovo, ma in tutti questi anni. "Sì, questo è il rischio principale - risponde - ma la mia fuga in avanti è dovuta a - una storia che si ignora: noi radicali lavoriamo da tempo e molto più di quanto non si creda al suo arresto, al suo processo, alla sua condanna".

Però è lì a far guerre da dieci anni...

Sì, ma la santabarbara è piena molto più di quanto non si creda e gira voce che - anche per merito nostro, grazie a un voluminoso dossier raccolto l'anno scorso da un gruppo di giuristi in Kosovo, in Bosnia e altrove - il nome di Milosevic figuri in un elenco, tenuto riservato, di indagati da parte del Tribunale internazionale dell'Aja sui crimini nella ex Jugoslavia. Vedi, la denuncia dell'aspetto criminale dell'azione di Milosevic è scattata quasi contemporaneamente alla nostra richiesta, lanciata nel 1991, di istituire quel Tribunale ad hoc...

La competenza sarebbe sua?

Sarebbe sua, ma potrebbe essere trasferita al Tribunale internazionale la cui convenzione è stata approvata nel giugno dello scorso anno e che potrebbe diventare esecutiva nel giro di pochi mesi, se 62 Stati la ratificheranno. A proposito, due nostri amici l'hanno appena ratificata, cioè il presidente senegalese Abdou Diouf e quello di Trinidad e Tobago Robinson; e poi abbiamo chiesto al governo italiano di muoversi in questa direzione su scala internazionale. Insomma, entro l'autunno, il Tribunale potrebbe venir perfezionato, anche se poi ci vorrà altro tempo, per il denaro, i bilanci, la sede e così via.

Contemporaneamente abbiamo depositato centinaia di migliaia di firme a Ginevra al Comitato per i diritti umani, dove come Partito radicale siamo membri con diritto di parola in quanto organizzazione non governativa di primo grado. Quindi la santabarbara della giurisdizione, del processo, della possibilità della sua difesa, tutto procede.

Ma perché sei tanto convinto che la giustizia internazionale riesca a procedere? E perché vedi soprattutto il pericolo che qualcuno riesca a Rtoccare Caino- prima della giustizia?.

C'è in questo mondo la pessima abitudine di giustiziare i dittatori sconfitti, se non si suicidano. Invece potrebbero raccontare storie molto vere e molto imbarazzanti. Per esempio, Benito Mussolini avrebbe potuto citare a propria difesa il fatto che Benedetto Croce si fosse recato all'Altare della patria - quando la patria era lui, Mussolini - a donare la vera d'oro per la guerra di Abissinia.

Il mondo che conta deciderà di Rtoccare- Milosevic, tentare di processarlo oppure continuare a trattare con lui?

E' scritto nelle cose che entro un numero di anni, che non mi sento di prevedere, la carta più probabile è il suicidio o l'assassinio di Milosevic, da parte delle opposizioni interne o esterne.

Tra l'altro Milosevic, che è un banchiere, avrebbe molte più cose da raccontare di quelle che potevano avere Mussolini o Hitler.

Quando Marco Pannella si è imbattuto in Milosevic?

E una storia lunga. Potrei dire che è stato "per caso", ma non lo è, perché tutto è cominciato un giorno in cui andai da Benedetto Croce a chiedergli una sorta di benedizione a un nostro interessamento, come studenti italiani, a Trieste italiana (allora c'era la zona alleata, con Tito alle immediate porte). Così andai a Trieste. E mi capitò di andarci per caso anche lo stesso giorno in cui entravano le truppe italiane. Poi la storia continua. Da veri antifascisti andammo a rendere omaggio alle foibe, cosa che Almirante non aveva il coraggio di fare. Attraverso Trieste, scoprimmo tra il 1970 e il '74 i cimiteri di guerra austriaci, dimenticati anche dall'Austria. Accadde attorno a Redipuglia, dove eravamo arrivati in una marcia antimilitarista. Ricordo che ne diserbammo uno, scoprendo che era abbandonato anche perché quando si decifrava qualche nome era italiano, o magiaro o sloveno e i nomi tedeschi erano pochi...

Ma si ricorda anche il Pannella in tuta mimetica a Vukovar, assediata dai serbi...

Non era Vukovar, che era già stata spianata, era Osijek che stava per venir attaccata. Ma, prima di parlarne, lasciami ricordare anche come avevamo difeso lo spirito di pace di Osimo, per tagliare le unghie dei nazionalismi contrapposti e come, contemporaneamente, fummo l'anima della difesa ambientalista contro quegli accordi che portavano all'industrializzazione e quindi alla distruzione del Carso. E poi mi sono sorpreso, riascoltando a Radio radicale un mio discorso del 1981 - come componente della delegazione Parlamento europeo - Repubblica federale di Jugoslavia, presieduta da Enzo Bettiza - in cui ponevo il problema del Kosovo e proponevo l'adesione della Jugoslavia alla Cee. Parlavo dei diritti di libertà da riconoscere agli individui e non alle popolazioni. Era la sostanza del dilemma: da una parte ti chiedevano di riconoscere i diritti del popolo, del partito, delle famiglie, dall'altra parte difendevi il diritto dell'individuo. Ma solo difendendo il diritto dell'individuo poi salvavi anche popolazio

ni, famiglie, eccetera. Su Radio radicale ho ritrovato anche la testimonianza di tutte le iniziative che abbiamo attuato lì, con volantinaggi, espulsione di militanti radicali da ben sette città, comizi non autorizzati, come uno che tenni a Belgrado già in piena era Milosevic, una riunione del Consiglio federale del partito in Slovenia e una Zagabria sotto i bombardamenti serbi...

Ecco, siamo a Vukovar e a Osijek, quando l'aspetto criminale della politica di Milosevic diventa visibile a tutti. Era il 1991, perché da allora nessuno lo ha fermato?

Perché la politica ufficiale dell'Occidente, del mondo libero con il quale siamo schierati, è iniziata nel '38 con Monaco, anche se già prima Churchill aveva detto che se fosse stato italiano sarebbe stato fascista, se la Società delle Nazioni era stata fatta morire e se c'era stato il non intervento nella guerra di Spagna. Dopo Monaco ci fu la guerra, ci fu l'accordo Molotov-Ribbentrop e tutto quello che sappiamo. Bene, io dico che anche Yalta è la prosecuzione dell'ideologia di Monaco... Su questo, si è via via creata una vera e propria antropologia culturale, una vera ideologia. Ciò ha concorso a comportarsi nei confronti di Milosevic con la stessa imprudenza che c'è stata nei confronti di Hitler, della Russia, della Cina. Milosevic potrebbe davvero essere l'ultimo episodio della storia ufficialmente iniziata a Monaco.

Uno degli argomenti usati contro la richiesta della magistratura spagnola di estradare Pinochet è a favore dei tiranni. Si sostiene che se si processa un dittatore deposto in realtà si invitano i dittatori al potere a non arrendersi. Può essere il caso di Milosevic?

Può concorrere, anche se io credo che ora non tema un processo. Potrà cominciare a temerlo ma tra qualche mese. So che dipende anche da quanto noi radicali riusciremo a fare per istituire il Tribunale internazionale. Ripeto: penso al 2000 per "Nessuno tocchi Milosevic", così come avevamo annunciato il limite dell'anno 2000 per la pena di morte.

Avete questa mania di fissare delle date limite, che in realtà significa porre con molto anticipo dei traguardi, fissare un obiettivo che sembra un'utopia mentre poi dopo anni diventa realtà...

Ricordiamoci di Norimberga: fu un processo dei vincitori ai vinti con fortissimi segmenti di legalità, ma del tutto estraneo al diritto internazionale vigente. Però c'era una legge che il vincitore dava anche a se stesso, progredendo nella propria giustizia. Insomma la legalità era piena e la legittimità era dubbia. Ora siamo al limite: si affaccia qualcosa che da quasi vent'anni affermiamo nel vuoto assoluto, cioè il dovere di ingerenza.

Il dovere?

Sì non il diritto, ma proprio il dovere di ingerenza, sapendo che questo comporta un obbligo. Tanti anni fa, mentre discutevamo il rapporto tira Cee e Acp, cioè tra l'Europa e un pezzo importante di mondo sottosviluppato e lanciavamo la campagna contro lo sterminio per fame, ponemmo il problema della giustizia da regolare con i dittatori africani e con gli altri. Finora questa esigenza è stata affidata solo alla volontà politica e non alla giustizia. Ma ora, che sta nascendo la giurisdizione internazionale, tutto cambia.

 
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