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Partito Radicale Centro Radicale - 4 maggio 1999
Kosovo/Milosevic/La Stampa: intervista ad Emma Bonino

"ASSALTO POLITICO A MILOSEVIC"

Nuove strategie per piegare Belgrado

La Bonino: è ora di aiutare l'opposizione

intervista di Francesco Manacorda corrispondente da Bruxelles

La Stampa, martedi' 4 maggio 1999

"Un'offensiva politica per isolare Milosevic". A quaranta giorni dall'inizio dei bombardamenti Nato, Emma Bonino chiede ai Paesi europei di percorrere una nuova strada. Per avere una vera pace nei Balcani, dice la Commissaria europea, i Quindici devono mettere da parte Milosevic e offrire una prospettiva alla Serbia, aiutando anche l'opposizione democratica. E la Bonino non risparmia nemmeno le critiche al ministro degli Esteri Lamberto Dini, troppo "morbido" - dice - verso il presidente serbo.

Quale dovrebbe essere l'obiettivo di questa offensiva?

"Da quando sono partiti i bombardamenti vediamo da una parte l'azione militare e dall'altra la diplomazia "tradizionale": visite, missioni, mediatori, pacifisti... Va tutto bene, ma mi sembra che adesso, assieme a questo, sia anche il momento di un assalto politico al regime di Milosevic. Senno' rischiamo di abituarci a tutto, anche alla guerra che vediamo ogni giorno in televisione".

E come andrebbe condotto questo "assalto"?

"Prima di tutto penso a un uso sistematico delle trasmissioni radio occidentali e del lancio di volantini in Serbia: operazioni di contropropaganda. Finora la Nato ha fatto degli errori e Milosevic ha vinto la guerra dell'informazione, anche se ha poco da preoccuparsi della sua opinione pubblica perché appena un giornalista gli dà fastidio usa metodi - si fa per dire - più radicali".

Questo potrebbe servire per far perdere consenso a Milosevic in Serbia, ma la comunità internazionale che puo' fare più di quanto abbia fatto? Ci sono sanzioni peggiori dei bombardamenti?

"E' arrivato il tempo di incriminare Milosevic di fronte al Tribunale penale per la ex Jugoslavia. Sarebbe un modo per isolare il regime e non il popolo serbo. Cosi' come l'arresto di Karadzic sarebbe un'operazione utile anche se tardiva. Insomma, l'Europa dovrebbe riprendere il documento che aveva sul tavolo quando i ministri degli Esteri si sono riuniti l'8 aprile scorso in Lussemburgo. Un documento secondo cui "Milosevic sarà ritenuto personalmente responsabile" di quello che sta accadendo al suo popolo. Ma allora l'opposizione di Lamberto Dini fece saltare quel nome".

Questo perché Dini sostiene che le responsabilità di Milosevic sono tutt'altro che provate. Lei non la pensa cosi'?

"Dalle testimonianze, anche quelle che raccogliamo noi, mi sembra ampiamente provata l'esistenza di una catena di comando delle deportazioni che arriva fino a Milosevic".

E allora come si spiega questa posizione del nostro governo?

"Io parlerei piuttosto di una posizione personale di Dini. Mi sembra l'espressione di un sentimento molto popolare per anni nella comunità internazionale, e cioè che Milosevic sia parte della soluzione. Quindi si puo' andare fino a un certo punto, ma non oltre, perché con questo signore bisognerà poi negoziare. Pero', mentre Dini è ancora su questa tesi altri Paesi, come la Francia e la Gran Bretagna, si sono spostati sulla tesi che Milosevic è il problema e non la soluzione".

Quindi per lei la soluzione per il Kosovo va trovata senza Milosevic?

"In ogni caso va trovata senza che Milosevic si presenti come il grande pacificatore. E proprio perché accetti le cinque condizioni poste dalla Nato bisogna mettere in campo questi strumenti politici e giudiziari, aiutando anche l'opposizione democratica in Serbia, quegli esponenti come Draskovic che Milosevic ha inglobato. E specie per il popolo serbo la prospettiva di un'integrazione europea accelerata puo' essere un grande strumento".

 
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