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Partito Radicale Centro Radicale - 15 luglio 1999
Tunisia/Lettera aperta al Direttore di Liberal Fernando Adornato

Dall'estero. Il Paese si sta modernizzando, ma non in tema di diritti umani

TUNISIA TRA EUROPA E MEDIOEVO

Liberal, 15 luglio 1999

Ho letto con molta attenzione l'articolo dell'amico Giuseppe Cruciani sulla Tunisia, pubblicato sul numero di Liberal del 24 giugno. Devo dire subito che per quanto riguarda gli aspetti esaminati, essenzialmente di carattere economico e produttivo, la mia analisi converge in parte con quanto riportato nell'articolo. La Tunisia gode in effetti di una delle migliori situazioni economiche dell'insieme dei paesi del Nord Africa. Non c'è (alcun) dubbio che la politica di privatizzazioni e di apertura al libero mercato (perseguita dalle autorità tunisine negli ultimi anni) abbia prodotto un maggiore benessere e un migliore livello di vita per l'intera società. Detto questo andrebbe sicuramente analizzato con grande attenzione, cosa purtroppo non fatta, le modalità con le quali sono state fatte queste privatizzazioni, chi ne è stato beneficiario in Tunisia e in Europa... Ma il punto essenziale è un altro: è che la situazione economica particolarmente favorevole della Tunisia costituisce un indiscutibile fattore agg

ravante non solo rispetto alla mancata attuazione delle riforme politiche promesse da oltre dieci anni dal Presidente Ben Ali ma anche al costante peggioramento della situazione dei diritti umani in quel Paese. Un capitolo molto vasto e, purtroppo, in continua espansione, al quale l'articolo di Giuseppe Cruciani non dedica nemmeno un rigo. L'articolo non menziona il fatto che, secondo diverse stime, il numero dei detenuti politici o di opinione nelle carceri tunisine oscillerebbe tra 2.000 ed 10.000. Si tratta di alcuni simpatizzanti islamici ma soprattutto di esponenti dell'opposizione al regime del Presidente Ben Ali e di militanti dei diritti umani, a cominciare da Khemais Ksila, vice-presidente della Lega Tunisina dei diritti dell'uomo, nei confronti dei quali le accuse più frequenti sono: "attentato alla sicurezza dello Stato", "diffusione di notizie false e tendenziose", "intelligenza con potenze o organizzazioni straniere", insomma il repertorio classico in corso nei tribunali dei paesi a carattere di

ttatoriale e poliziesco. Nulla viene detto quanto alla pratica consueta dei processi farsa ai quali sono sottoposti gli imputati. Non una parola sulle ripetute denuncie di molte ONG relative al ricorso sistematico alla tortura da parte della polizia e dell'amministrazione penitenziaria tunisina, non una parola quanto alle pratiche di intimidazione e di persecuzione di cui sono vittime i familiari dei dissidenti e degli oppositori al regime. Non una parola sul fatto che i media sono sotto strettissimo controllo delle autorità e del governo e neppure sulle pratiche di ritiro o concessione arbitrari dei passaporti... (Nessun riferimento, più in generale, al fatto che la "stabilità e la sicurezza dello Stato" sono diventate per le autorità la giustificazione per l'impiego di ogni strumento di repressione nei confronti di qualsiasi forma di opposizione alla politica del governo del presidente Ben Ali.) Tale situazione è, a mio parere, ancora più intollerabile tenuto conto del fatto che la Tunisia è stato il primo

paese mediterraneo con cui l'Unione europea ha stretto un accordo di associazione euro-mediterraneo, accordo con il quale la Tunisia si è anche impegnata al rispetto di regole precise in materia di Stato di diritto e di diritti umani.

Purtroppo, malgrado le continue sollecitazioni dei radicali, l'attenzione delle istituzioni dell'UE e degli Stati membri, Francia e Italia in primo luogo, rispetto a questi problemi è stata e rimane scarsa... (ed il loro atteggiamento alquanto ambiguo, configurando ancora una volta una vera e propria complicità dell'Europa con un regime il cui vero elemento stabile è costituito dalla negazione dei diritti dei cittadini. Mi scuso, caro direttore, per la lunghezza di questa mia lettera ma) Sono convinto che i lettori di Liberal, quale io sono, abbiano diritto ad un supplemento di informazione che fornisca loro l'intera faccia della realtà tunisina.

Olivier Dupuis, Bruxelles

Tra parentesi le parti non pubblicate.

Commento di Liberal:

Il dilemma è antico. Per un Paese povero che vuole entrare nell'economia mondiale serve una leadership forte e autorevole, anche se un po' autoritaria ? Il presidente tunisino Ben Ali, i cui successi economici e anche sociali sono innegabili, non è certo un campione di democrazia, nel senso che a questa viene attribuito dai militanti dei diritti umani. Il sistema è "verrouillé", cioè chiuso. Dupuis ricorda giustamente alcuni dati sui prigionieri politici e sui dissidenti. Noi aggiungiamo: non abbiamo dedicato un rigo, perché a questo tema, complesso e non riducibile alla conta dei carcerati, ne vogliamo dedicare cento. (G.C.)

 
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