di Olivier Dupuis
SOMMARIO: in questo articolo, non pubblicato, l'autore ripercorre le tappe dell'impegno del Partito radicale sulla questione della Iugoslavia e cerca di definire alcune linee di riflessione e di impegno alla luce della prova di forza che le forze di Belgrado stanno facendo in Slovenia.
Dodici anni fa (1979), al Parlamento europeo Marco Pannella chiedeva che la Comunità europea comunicasse alla Jugoslavia il suo desiderio di vederla presto membro a pieno titolo della Comunità europea.
A varie riprese negli anni successivi (1980-1985) torno' a richiedere un gesto, un'apertura di credito nei confronti della Jugoslavia da parte della C.E., denunciando in quelle occasioni, l'ormai completo superamento della dottrina del non-allineamento, oltre che l'ipocrisia della Comunità che continuava a sostenere la validità del concetto dell'indipendenza nazionale per la Jugoslavia nel momento in cui i suoi stessi stati membri rinunciavano ad ampi settori della loro sovranità. (Va letto o riletto in particolare l'articolo di M.Pannella: "Jugoslavia: l'equivoco del non-allineamento).
Era non solo ben prima del crollo del muro di Berlino, ma anche prima dell'avvenimento di Gorbaciov.
Sempre in quelli anni, M.Pannella, in veste, tra l'altro, di membro della Commissione Jugoslavia del Parlamento europeo, prima, altri radicali dopo, hanno in modo continuativo cercato di trovare nella(e) classe(i) dirigente(i) jugoslava(e) degli interlocutori in grado di capire l'importanza per il loro paese ma anche per gli altri paesi dell'Europa Centrale ed Orientale e per l'Europa intera (nessuno, men che meno le nostre classi dirigenti occidentali, si sognava quel che è accaduto dopo) di un orientamento deciso verso l'integrazione del loro paese nella C.E.
Non sono mancate le manifestazioni d'interesse ... privatamente.
Nel mese di settembre 1985, mentre si svolgevano a Belgrado gli incontri tra la delegazione del P.E. e le massime autorità jugoslave una dozzina di radicali (italiani, francesi, belgi) distribuivano per tre giorni interi varie decine di migliaia di volantini nelle principali città del Paese, chiedendo l'ingresso rapido della Jugoslavia nella C.E. Dopo l'arresto sono stati interrogati per tre giorni prima di essere liberati ed espulsi per 3 anni.
Alla fine del 1987 e durante tutto l'anno 1988 (sempre ben prima del crollo del muro di Berlino) abbiamo tentato con molteplice iniziative (di cui lo svolgimento, grazie alla ZSMS - l'allora gioventù socialista, di un nostro Consiglio federale a Bohijni, in Slovenia) di organizzare il nostro congresso a Zagabria per poi poterlo fare a ... Budapest. La Jugoslavia, che era stata sempre in testa nel processo di riforme, veniva formalmente sorpassata da un paese del Patto di Varsavia.
Durante tutti questi anni, abbiamo, mi pare, cercato in qualche modo, di puntare sulla componente serba, perché ritenevamo da una parte la sua partecipazione determinante per l'avvio di un processo di integrazione europea, dall'altra perché era spesso - a quell'epoca - criminalizzata dai mass-media internazionali rispetto alla questione del Kossovo. Da li la costante attenzione del P.R.. ai problemi della minoranza serba nel Kossovo.
Ma durante questi ultimi tre-quattro anni la situazione è profondamente cambiata. Milosevic, il leader comunista serbo (ora presidente della Repubblica serba), a chi era stata fatta una ampia apertura di credito, si è rivelato non solo completamente insensibile a qualsiasi progetto "europeo" ma ha progressivamente attuato una politica ultra-nazionalista che ha portato prima alla repressione che sappiamo in Kossovo e poi ad una completa abrogazione delle prerogative di questa provincia autonoma (cosiccomé di quell'altra, la Voivodina dove vivono una forte minoranza ungherese insieme a minoranze slovacche e rumene).
Il resto è cronaca recente. Le prime elezioni (più o meno democratiche) in Slovenia ed in Croazia prima, nelle altre repubbliche poi. L'alleanza, al livello federale, della Serbia di Milosevic con il Montenegro. Il blocco dell'elezione (costituzionalmente "dovuta") a presidente della Federazione del croato Mesic, ... il mancato avvenimento di un dialogo serio sul futuro assetto istituzionale del paese e, parallelamente, la rivendicazione di indipendenza sempre più esplicita da parte delle Repubbliche del Nord (Slovenia e Croazia). Per finire con l'incredibile scenario di violenza di questi ultimi giorni ...
A questo punto, cosa può proporre, cosa può fare il P.R..
Intanto sta già facendo qualcosa. I radicali al P.E. stanno raccogliendo delle firme su un documento che avete potuto leggere su Agora. Roberto Cicciomessere sta in Slovenia da due giorni. Oggi l'hanno raggiunto Marco Pannella e Marino Busdachin. Dovremmo sapere presto qualcosa di più quanto ai loro incontri e quanto alla loro conferenza stampa.
Personalmente ho qualche dubbio sulla capacità odierna della Comunità europea di proporre qualcos'altro che il solito gioco alle ritorsioni economiche con il solito appoggio al Primo e tecnocraticissimo Markovics.
L'intervento, benché energico, del Presidente del Consiglio Andreotti ieri al Vertice europeo di Lussemburgo non mi sembra che prefiguri un altro approccio della Comunità. Del resto i nostri grandi leaders europei, Mitterrand per primo, sembrano avere fatto una religione del congelamento di ogni speranza per i paesi dell'Europa Centrale ed Orientale di fare parte in tempi ragionevoli della Comunità. Come dall'altra parte non sembrano di avere alcuna intenzione di colmare minimamente il deficit democratico della C.E. (con buona pace del P.E. e dei cittadini europei).
Con una C.E., come sembra confermarsi, che si rifiuta di affrontare politicamente il problema, con una probabilità sempre più scarsa di arrivare ad un compromesso tra le diverse repubbliche, con il problema delle minoranze serbe in Croazia, con il problema latente ma potenzialmente più esplosivo ancora della Bosnia-Erzegovina dove convivono serbi, "musulmani" e croati, non vedo altra soluzione, e so che sembrerà provocatoria, che un impegno diretto dell'Italia.
Come ? Con la creazione di un'unione "Italo-Adriatica" aperta a quelle repubbliche che lo vogliano. Una unione economica piena ed una unione politica "a termine", cioè finalizzata alla piena adesione di queste repubbliche alla C.E. Una "follia". Economicamente certamente no. La Slovenia e la Croazia insieme contano 6,5 milioni di abitanti (la Germania Orientale ne contava 16). La loro situazione economica non è certo idillica ma è certo ben migliore di quella dei Lander orientali della Germania. Politicamente gli aspetti "folli" di questa proposta sono sicuramente tanti. Ma se l'alternativa è la guerra civile ?