SOMMARIO: Con questo testo il gruppo verde al Parlamento europeo prende posizione sul progetto di Trattato di Unione europea, ovvero il Trattato poi conosciuto come trattato di Maastricht. (Strasburgo, Marzo 1992)
IL GRUPPO DEI VERDI AL PE AFFERMA:
1. Il trattato firmato a Maastricht dai 12 Stati membri della CE è un compromesso ben lontano dall'Unione Europea di tipo federale auspicata non solo dai Verdi, ma anche dal PE, dalla Conferenza dei Parlamenti della CE e dalla maggioranza dei popoli europei. Anche se non si possono negare alcuni progressi in materia sociale e della cittadinanza europea come pure l'estensione delle politiche comuni, il trattato firmato a Maastricht resta largamente al di sotto delle esigenze minime richieste per una seria riforma democratica della Comunità, specialmente in quanto:
A. La concezione economica dominante nella CE sin dalla sua creazione, quella di una crescita illimitata delle attività produttive, non viene modificata dal nuovo trattato, anche se viene introdotto tra gli obbiettivi dell'unione il concetto ambiguo e contraddittorio di "crescita economica rispettosa dell'ambiente"; le politiche e i meccanismi dell'Unione continueranno cosi' ad ignorare le cause della crisi ecologica e a negare i diritti delle generazioni future.
B. L'Unione Economica e Monetaria, focalizzando l'attenzione sulla stabilità della moneta e dei prezzi e in assenza di meccanismi di armonizzazione fiscale, restringe il margine di manovra degli Stati membri in una misura che rischia di essere incompatibile con un livello di protezione sociale soddisfacente e con una lotta contro l'esclusione efficace.
C. Il nuovo Trattato manca di coerenza politica interna e di una struttura istituzionale unitaria per le sue competenze interne ed internazionali; ad ogni "pilastro" d'azione dell'Unione (politica estera e di sicurezza comune, affari interni e giudiziari, politica economica, unione monetaria,...) corrispondono infatti delle procedure di decisione differenziate.
D. L'efficacia e il carattere democratico del sistema comunitario non escono rafforzati da Maastricht; i poteri legislativi del PE non sono che molto modestamente accresciuti rispetto alla situazione attuale; è stato negato al PE il potere di intervenire nelle modifiche dei trattati e nel finanziamento dell'Unione; il PE resta escluso dai nuovi settori di cooperazione (politica estera e di sicurezza, affari interni,...); infine, in campo legislativo, l'estensione del voto a maggioranza qualificata del Consiglio non sempre si accompagna ad un rafforzamento del ruolo del PE; in particolare, il nuovo Trattato non prevede un potere di co-decisione legislativa con il Consiglio generalizzato, ma solo un diritto di veto limitato ad alcuni settori relativamente poco importanti. Conseguentemente, il Consiglio rimane il principale centro di decisione, assistito da comitati intergovernativi e burocratici sempre piu' numerosi, che indeboliscono i poteri di iniziativa e di esecuzione della Commissione e rendono ancora pi
u' inefficace e antidemocratico il funzionamento della Comunità.
E. La politica estera e di sicurezza comune resta relegata ad una forma di cooperazione intergovernativa, soggetta ad una procedura complessa, sottoposta ancora in gran parte al voto all'unanimità e vincolata operativamente all'UEO e strategicamente alla NATO. Questa scelta sottrae la politica estera cosiddetta comune ad un controllo parlamentare efficace, tanto a livello europeo che nazionale e non consente chiarezza sugli obbiettivi della politica di sicurezza, che resta confinata alla dimensione militare, emarginando del tutto le questioni legate al disarmo e ai diritti umani.
F. In materia di politica ambientale, il nuovo Trattato non contiene che delle modifiche minori, anche perchè la messa in atto di incentivi economici efficaci (eco-tasse) è ancora una volta frenata dalla necessità del voto all'unanimità del consiglio e dal ruolo solamente consultivo del PE; d'altronde, l'esclusione della politica energetica dalle politiche comuni mostra non solamente la volontà di mantenere il settore nucleare al di fuori del processo democratico (il Trattato EURATOM non viene infatti modificato), ma anche l'incoerenza di una politica ambientale che ancora non integra il parametro prioritario dell'energia.
2. Le decisioni prese a Maastricht testimoniano il ritorno ad una dimensione intergovernativa della politica europea, che potrebbe consacrare la prevalenza degli interessi nazionali rispetto al progetto originario di una evoluzione graduale della CE verso un'Unione di tipo federale.
Gli Stati membri della CE hanno infatti scelto di cooperare in un gran numero di settori, secondo delle procedure sempre piu' complicate, che sono pero' tutte coerenti con un obbiettivo chiaro: il vero potere deve restare nelle mani dei governi nazionali, che intendono anche mantenere un largo margine di manovra individuale; la cooperazione intergovernativa è il sistema di decisione che garantisce al meglio questa sorta di "organizzazione" della frammentazione dei poteri a livello europeo, impedendo al tempo stesso il rafforzamento di centri di potere alternativi.
3. La definizione data dal nuovo Trattato del principio di sussidiarietà costituisce un'ulteriore conferma della tendenza dei governi ad assumere ogni decisione nelle loro mani, limitando da una parte il ruolo delle istituzioni comunitarie e dall'altra quello delle regioni, che continuano a restare ai margini delle scelte europee.
L'assenza di una reale volontà politica da parte dei governi dei Dodici di marcare una tappa significativa verso un'unione federale rappresenta una battuta d'arresto del processo di integrazione democratica europea, anche perché un eventuale allargamento della CE a quei paesi che intendono aderirvi comporterebbe oggi il rischio della dissoluzione della CE in un vasto mercato senza frontiere o il blocco completo del funzionamento delle sue istituzioni. Insomma, da una situazione già grave di deficit democratico e di squilibrio istituzionale, si rischia di passare ad un vuoto di democrazia a livello europeo.
4. Il potere di modificare le basi costituzionali della Comunità non deve restare esclusivamente nelle mani di diplomatici e burocrati nazionali; è necessario percio' riprendere la battaglia per affidare al PE il ruolo di una vera e propria "Assemblea Costituente" - battaglia abbandonata dal Parlamento stesso nel 1989 -, e proseguire nell'elaborazione di un progetto globale di costituzione.
Una costituzione per l'Unione Europea sarebbe piu' consona alle aspirazioni dei cittadini europei che modifiche limitate e contingenti dei Trattati, frutto di negoziati a porte chiuse dei rappresentanti degli interessi miopi dei governi degli stati membri.
IL GRUPPO VERDE AL PE DICHIARA DUNQUE CHE:
A. Solo la riaffermazione del primato della politica sull'economia puo' garantire la costruzione di un'Europa unita in grado di realizzare una politica di pace, di solidarietà, di gestione efficace e prudente dell'ambiente e di assicurare uguali diritti e piena partecipazione democratica ai suoi abitanti.
B. Il compromesso al ribasso firmato a Maastricht puo' ostacolare il progetto di un'Europa dei cittadini aperta e democratica.
Questa valutazione non nega gli aspetti positivi del nuovo Trattato; al contrario, essa costituisce un avvertimento serio e coerente all'opinione pubblica dei pericoli per l'Europa del futuro di un'integrazione fondata su decisioni di ministri e funzionari nazionali, che agiscono sempre di piu' al riparo di ogni controllo democratico.
C. Giudica molto pericoloso per l'avvenire dell'Unione il deficit democratico che, "rebus sic stantibus", non potrà che approfondirsi e considera di conseguenza che il Trattato di Maastricht non possa essere ratificato che dopo un impegno fermo del Consiglio Europeo di Lisbona per la convocazione di una nuova Conferenza Intergovernativa nel 1993, - in modo da ratificare un nuovo trattato prima delle elezioni europee del 1994 -; tale Conferenza Intergovernativa dovrà ricevere il mandato di colmare i gravi limiti del Trattato di Maastricht, soprattutto per quanto riguarda:
* l'assenza di una struttura istituzionale unitaria per tutti i settori di competenza comunitaria e per la sua azione internazionale;
* l'efficacia ed il carattere democratico del sistema comunitario, ed in particolare i poteri legislativi e di controllo del PE;
* l'attribuzione al PE del mandato di redigere un progetto di costituzione da sottomettere alla ratifica dei palamenti nazionali entro il 1996, sulla base dei testi che saranno preparati dal Parlamento Europeo prima delle prossime elezioni europee.
IL GRUPPO DEI VERDI INVITA:
I parlamenti nazionali a impegnare i loro rispettivi governi ad adottare in occasione del Consiglio Europeo di Lisbona una Dichiarazione solenne che riprenda le procedure ed il calendario qui sopra indicati.
A.Aglietta, P.Lannoye, B.C.Daiber, B.Boissiere