Il sindaco di Sarajevo al Messaggero: Usa e alleati vadano fino in fondo se vogliono fermare gli aggressori - Massacrati in Bosnia, l'Onu condanna le violenze e invia altri soldati di Roberto LiviSOMMARIO: Positivi gli "aiuti dal cielo", ma sono solo "un passo fatto a metà". La Comunità europea ha una grande responsabilità. Il piano Vance-Owen "premia i serbi". No alle enclavi etniche. (IL MESSAGGERO, 5 marzo 1993)
"Le Nazioni Unite devono essere decise ad andare fino in fondo. Che fine hanno fatto le precedenti risoluzioni dell'Onu? Semplicemente non sono state rispettate. Se il Mondo civile lo volesse, il cielo della Bosnia potrebbe essere chiuso agli aerei militari serbi. E il confine tra Bosnia e Serbia potrebbe essere posto sotto controllo internazionale. Ben vengano le iniziative dell'Onu. Ma bisogna tener aver presente una verità amara e pericolosa: ogni volta che una risoluzione viene violata o disattesa tra di noi - voglio dire tra la gente della Bosnia - aumenta la sensazione di essere lasciati soli a morire". Muhamed Kresevljakovic, il sindaco di Sarajevo accerchiata e martirizzata dagli aggressori serbi, parla con fermezza ma senza astio, con una serenità che impressiona. In vista alla redazione del Messaggero, per informarsi e sostenere le iniziative del nostro giornale a favore dei bimbi della Bosnia,il sindaco non smette di pensare alla sua città, alla terribile violenza che si abbatte sulla sua gente, n
uovi massacri e violenze proprio quando l'Onu condanna nuovamente le violenze dei serbi e decide di inviare truppe in Bosnia orientale. E mentre il presidente Clinton decide di proseguire l'intervento umanitario. "Sono uno dei pochi dirigenti la cui famiglia è rimasta a Sarajevo. Due miei figli sono pompieri. Il loro è un lavoro pericolosissimo, molto spesso sono bersagli dei cecchini, già undici sono caduti sotto il fuoco di questi assassini e più di quaranta sono stati feriti. Il terzo figlio, corre pericoli ancora maggiori, fa parte di un'unità speciale della polizia. Mia moglie vive la vita quotidiana pericolosa di tutte le donne della città, andare a procurarsi il cibo è un'avventura che rischia di essere mortale. Dall'inizio dell'assedio è diminuita di trenta chili. Anch'io rifiuto di vivere nei bunker, preferisco stare tra la gente, nelle strade di Sarajevo. Ho il presentimento che non sarò ucciso..."
D. I nuovi massacri delle forze serbe sono iniziati in concomitanza dai lanci di vivere da parte degli aerei americani. Gli uomini di Karadziz hanno voluto boicottare la missione Usa? O vogliono dimostrare che essi possono prendersi i territori che vogliono?
R. "Gli aggressori serbi - siano essi cetnici,elementi dell'ex Armata o mercenari - non si curano delle decisioni dell'Onu, delle missioni americane o delle prese di posizione dell'Europa. Si sono posti un obiettivo, la "pulizia etnica" dei territori che vogliono conquistare e tentano di realizzarlo con tutti i mezzi. Fino a oggi la passività del mondo ha dato loro ragione. Li ha convinti che tenere in piedi trattative e intanto usare le armi sia una strategia che paga. Che la forza delle armi sia più forte della voce della ragione".
D. Il presidente Clinton ha deciso di far proseguire l'intervento umanitario americano
R. "Gli Stati Uniti devono essere decisi, molto decisi, ad andare fino in fondo. Devono impegnarsi per realizzare il ruolo al quale si sono candidati: far rispettare i diritti umani. Altrimenti non rimarrà loro che restare a guardare, come facevano nei mesi scorsi. La loro iniziativa di paracadutare aiuti umanitari la vediamo come un intervento a metà, come un primo passo - molto importante - fatto da Washington".
D. L'Europa appare incapace di risolvere le divisioni interne, di uscire dall'impotenza e immobilismo...
R. "La Comunità europea, ha una grande responsabilità. La causa prima della guerra è stato proprio il nostro desiderio - forse espresso troppo presto - di far parte dell'Europa. E' questo il "peccato" che la dirigenza politica serba non ci ha perdonato e per il quale ha voluto la guerra"
D. Lei si è espresso contro il piano elaborato dall'americano Vance e dall'inglese Owen e discusso alle Nazioni Unite.
R. "Dicevo prima che noi siamo favorevoli ad ogni iniziativa diplomatica: qualunque trattativa è meglio della guerra. Ma ogni soluzione negoziata deve basarsi su un punto fermo: che si può premiare l'aggressore"
D. E il piano Vance-Owen premia i serbi?
R. "Si. La divisione della Bosnia in zone etnicamente omogenee va incontro alla volontà di Belgrado, ovvero che i serbi debbano vivere tutti in un medesimo Stato. Questa tesi è alla base della "pulizia etnica"".
D. Lei ha proposte alternative?
R. "Formularle ufficialmente è compito delle autorità politiche della Bosnia. Da parte indico due linee di principio: assicurare l'uguaglianza ai tre popoli - mussulmano, serbo e croato - che abitano la Bosnia-Erzegovina: non richiudiamoli in enclaves etniche. In secondo luogo, garantire amplissimi controlli internazionali sul rispetto di questo diritto all'eguaglianza con la garanzia, vera garanzia, che le violazioni saranno punite".
D. La Bosnia-Erzegovina rappresentava una sorta di isola in Europa dove convivevano diverse etnie e diverse religioni, mussulmana, cattolica e ortodossa. Questa tolleranza è finita? Vi è il pericolo di una fiamma di fondamentalismo islamico?
R. "Ancora una volta dipende dall'Europa. Se essa continuerà a restare alla finestra, a essere passiva di fronte alla guerra e alle stragi nel nostro paese, allora sarà lo stesso istinto di sopravvivenza a spingere il popolo bosniaco verso scelte estremiste, fasciste, fondamentaliste...Ma io sono ottimista, ritengo che la "specificità" della Bosnia potrà sopravvivere".