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Demaci Adem, NIN - 1 maggio 1993
AD UN PASSO DAL BURRONE

intervista ad Adem Demaci

SOMMARIO: Di seguito l'intervista che Adem Demaci ha concesso alla rivista di Belgrado "NIN". Adem Demaci, chiamato anche "il Mandela del Kossovo" perché è stato per 28 anni in carcere, ha ricevuto dal Parlamento Europeo il premio "Zaharov". Attualmente vive a Prishtina. E' presidente del Consiglio per la Difesa dei Diritti e delle Libertà dell'Uomo e direttore della rivista "Zeri" ("La Voce"). L'intervista è stata rilasciata nei primi giorni di maggio 1993.)

- Non teme, signor Demaci, che la strada che abbiamo intrapreso insieme, albanesi e serbi, non ci porterà più, a quanto pare, laddove volevamo arrivare ?

- Da parte mia, non temo questo. Cosa non ho visto e cosa non ho vissuto durante questi anni ! Spesso dico a me stesso: forse sarebbe stato meglio morire in carcere e non vedere cio' che adesso ho davanti agl occhi ! Lei è giornalista di un autorevole settimanale di Belgrado e dovrebbe comprendere in quali difficoltà psichiche e psicologiche ci troviamo noi albanesi. Ma è ormai arrivato il tempo che cio' che ci ha imposto la Serbia con il suo regime sia imposto alla Serbia. E' arrivato ormai il tempo che cio' che abbiamo dovuto sopportare noi dai Serbi, lo sopporti la Serbia da parte di tutto il mondo - tutto cambia e tutto si restituisce. Ed è proprio per questo che sia ormai arrivato il giorno in cui i Serbi dovrebbero cambiare politica, affinché si possa sopravivere ed uscire insieme da questa miseria e disperazione.

- Ho la sensazione che Lei sia contento che i serbi si trovino in una sitazione difficile !

- Si sbaglia, io non sono contento. Al contrario, sono molto amareggiato. Ogni restrizione fatta ai serbi si riflette doppiamente su di noi. Poiché l'embargo imposto ai serbi dal mondo intero, pesa su di noi molto di più. Agli albanesi tutto arriva aumentato al quadrato. Lei lo sa bene che viviamo sotto occupazione e che cio' che colpisce Belgrado si riflette subito anche su di noi. Intanto bisogna accettare che in Serbia ci siano ancora delle riserve, mentre qui da noi non c'è più niente. Soltanto miseria, sofferenze e rabbia. Qui regna la fame. Ed è appunto per questo che io non posso essere contento.

- Se non vado errato, nel lontano anno 1963, Lei ha fondato il Movimento Rivoluzionario per l'Unione degli Albanesi. Lei ha scritto anche il programma di quel movimento...

- Ho scritto lo statuto ed il programma e sono stato l'iniziatore e l'organizzatore di questo movimento.

- Sono passati ormai 30 anni da quando Lei ha cominciato la lotta per la separazione degli albanesi dalla Jugoslavia e per la loro unione con l'Albania.

- Fin dal 1912 i Serbi sono usciti dalla loro giusta via ed hanno commesso il loro primo grande sbaglio. Hanno cominciato, per cosi' dire, a liberare i territori che erano sotto occupazione turca. Sottomisero "la vecchia Serbia", come loro chiamavano il Kossova, e "la Serbia del Sud" - la Macedonia, senza proccuparsi minimamente che in questi paesi erano in minoranza. Avevano una sola aspirazione, come d'altronde si puo' osservare ancor oggi, riunire tutti i serbi, anche a scapito degli altri popoli. Non so se Lei sa che alla fine del diciannovesimo secolo gli albanesi sono stati cacciati da Nis, Dubocizza, Leskovic, Prokuples, Korsciumlisa e da altri territori. Secondo i nostri dati, in quel tempo, gli albanesi di più di 600 villaggi, abitati prevalentemente da loro, sono stati tutti cacciati.

In quei anni, ma anche molto più tardi, i serbi hanno saputo unirsi e collaborare con le forze internazionali che sono state per loro un fattore importante. Questa loro attitudine, che oggi, disgraziatamente è andata perduta, gli ha permesso di allargare i confini della Serbia ed occupare i territori degli altri.

- Le posso fare un'altra domanda ? Lei parla dell'esistenza degli albanesi durante i secoli passati nei territori della Serbia, ma sarebbe in grado di dimostrarmi dove sono oggi i monumenti, cioè le tracce della loro esistenza qui ? I serbi hanno nel Kossovo la Patricana, il Decian, la Gracianizza, il Gasimestan .... E voi ?

- Per sfortuna, gli albanesi non hanno saputo costruire molti monumenti, poiché durante tutto il tempo essi sono stati oppressi ed in schiavitù. Malgrado cio', io sono sicuro che questi monumenti sono esistiti, sono stati abbattuti e rasi al suolo cosi' come sono stati cacciati via anche gli albanesi stessi da quei territori. Ed è percio' che la questione dei monumenti che Lei pone è oggi una questione di secondo ordine. Da cio' consegue che la vostra considerazione sia molto problematica, poiché se si partisse da presupposti storici, allora si dovrebbe avere in tutto il mondo degli spostamenti forzati di intere popolazioni.

- Nel 1964 Lei è stato condannato a quindici anni di carcere per aver fondato il Movimento per l'Unione degli Albanesi.

- In quei tempi io ho solo continuato cio' che molti altri avevano cominciato prima di me. Ho avuto sempre grande rispetto e considerazione per l'aspirazione degli albanesi ad unirsi. Allora ero giovane e senza esperienza ed è cosi' che creai un movimento che aveva fin dai primi istanti le spie del regime al suo interno. Ingenuamente credevamo che stavamo operando in clandestinità, ed invece la UDB ci stava alle costole in ogni momento.

- Spie serbe oppure albanesi ?

- Bè... albanesi. Un grande numero di noi fu arrestato e messo in carcere, una cinquantina furono condannati da un mese fino a 15 anni di duro carcere. In quel periodo il nostro scopo non era la separazione, ma aveva a che fare con dei problemi esistenziali personali. In quei tempi noi pensavamo, e io penso tuttora, che la risoluzione della questione albanese sia d'aiuto anche per la risoluzione della questione serba, perché allora non cercare di risolvere nello stesso modo anche la questione albanese ?

- E' l'anno 1990. Lei dichiara: "I Sloveni vogliono uscire dalla Jugoslavia, i Croati vogliono uscire dalla Jugoslavia, se ne vogliono andare i macedoni... Noi albanesi non vogliamo uscire dalla Jugoslavia." Lei è ancora di questo parere oggi ?

- E' possibile che io sia l'unico albanese che abbia il coraggio di dirlo apertamente. Certo, ci sono molti albanesi che la pensano in questo modo, ma io ho il coraggio di dirlo apertamente. Io sono del parere che gli albanesi, cosi' come sono oggi, con l'organizzazione che possiedono, con la forza che hanno, devono lottare con ogni mezzo per essere uguali agli altri e liberi. Cioè, non soltanto volere ma anche lottare per costruire una comunità con i popoli che hanno d'intorno, con i serbi, i montenegrini ed i macedoni in primo luogo. Voglio precisare che questa soluzione deve essere richiesta sotto la forma di una federazione, confederazione, in una qualunque forma che esprima l'unità.

- Tutto cio' dentro la Jugoslavia?

- Non mi piace l'espressione dentro la Jugoslavia. Che sia una comunità dei popoli balcanici. Spero che Lei ricordi l'idea della federazione balcanica. Cio' che interessa agli albanesi è l'ugualianza con gli altri e la loro indipendenza... Per poter realizzare cio', gli albanesi devono dialogare e mettersi d'accordo con i serbi. Non vedo altra soluzione. Una guerra in Kossova non è una soluzione nè per noi, né per voi.

- Signor Demaci, Lei parla del Kossova come se questa non facesse parte della Serbia !

- Essa è Serbia per lei, Spasojevic, mentre per me non lo è. La Serbia controlla con la forza il territorio, ma gli albanesi non la riconoscono per niente.

- Ma la Serbia esiste !

- In queste aree esiste giuridicamente e formalmente. In Kossova la Serbia non esiste né psicologicamente, né essenzialmente o come si voglia considerare. La Serbia impone con la forza la sua volontà. Ma noi non riconosciamo questa forza, la accettiamo, semplicemente perché ci conviene. Questa ti fa pensare all'attitudine di un uomo che accetta il fatto di essere in carcere, e benché l'accetta non si rassegna mai.

- La prego di essere chiaro su questo punto e cioè rispetto alla vostra idea di federazione balcanica. Secondo lei, quali paesi dovrebbero far parte di una tale federazione ?

- Le ex-repubbliche jugoslave, compresi gli albanesi.

- Quali albanesi ? Quelli della Jugoslavia oppure quelli dell'Albania ?

- Gli albanesi della ex-Jugoslavia, per gli albanesi dell'Albania, oggi come oggi, non dico niente. Col tempo forse si unirano alla federazione anche l'Albania, la Bulgaria ...

- Un po' più chiaro, La prego: lei è del parere che i territori abitati dagli albanesi, siano una entità a parte di questa federazione ?

- Non è detto che siano un'entità. Possono essere delle entità separate, come sono adesso. Ma gli albanesi che vivono, per esempio, in Macedonia devono essere pienamente uguali in tutto agli slavi della Macedonia.

- Non significa questo forse che devono avere, per esempio, il loro proprio governo ?

- Essi devono avere tutto cio' che ha a che fare con i diritti dell'uomo.

- Il governo, la polizia, l'università, i vari ministeri.

- Se desiderano avere l'autonomia, che l'abbiano. Questo significa che se qualcuno limita i loro diritti e la loro libertà, essi potranno decidere da soli che cosa fare e non aspettare imposizioni da nessuno.

- Questo, praticamente, vuol dire avere il proprio stato !

- Non è detto che sia uno stato nel senso classico di questa parola. Io sono per una Europa dei popoli.

- Non Le pare anche che in questo momento si sta occupando più di politica che non di una ricerca di una soluzione vera e propria alla questione albanese ?

- Cosi' sembra a Lei. Ma puo' darsi che sia cosi' come la pensa Lei. In ogni caso io sono del parere che questa situazione che si è venuta a creare la possiamo risolvere soltanto collaborando insieme. Naturalmente, da una parte voi, serbi, e dall'altra parte, noi albanesi. Dobbiamo trovare una soluzione che liberi gli albanesi dalla disperazione e dalla occupazione. Desidero fermamente che tra noi ed i serbi non sorgano mai più dei problemi. Forse per Lei questa è politica, per me è scienza.

- Fra tutti gli intellettuali albanesi che ho avuto l'occasione di incontrare, mi pare che l'accademico Rexhep Qosja abbia l'atteggiamento più radicale rispetto alla questione albanese. Egli è per l'unione in uno solo stato di tutti gli albanesi che vivono nei Balcani. Lei, a quanto mi risulta, non la pensa cosi'.

- Come vede, io ho un atteggiamento molto elastico a questo riguardo e tengo presente tutti i fattori interni del popolo albanese, del popolo serbo e di tutti gli altri popoli dell'Europa; io mi impegno e lotto affinché sparisca dall'ordine del giorno la questione albanese e quella serba e che, finalmente, si cominci a lavorare ed a vivere cosi' come conviene ai popoli serii e maturi. Il mondo intero ride alle nostre spalle e finge di volerci placare. In tutto cio', voi serbi avete una responsabilità maggiore. Io faccio parte di quei albanesi che pensano che tutti i nostri malintesi noi li dobbiamo risolvere prima di tutto con i serbi, i montenegrini ed i macedoni... Gli albanesi chiedono l'aiuto del mondo occidentale, poiché non sono in grado di risolvere da soli questi problemi. Io penso che questa strategia pecca molto ed sia molto fragile. Sarebbe opportuno fare delle concessioni prima di tutto ai serbi. Per spiegarmi meglio: noi non insistiamo più su alcuni nostri interessi, i serbi non insistono più su

alcuni loro interessi e allora sull'orizzonte si vedrà la vera soluzione. Per me questo è il futuro non soltanto dei Balcani, ma anche dell'Europa. Per dirla con due parole, noi dobbiamo tenere in considerazione i serbi in nome di un futuro migliore per gli albanesi. Soltanto se le due parti sarano libere, saremo in grado di dialogare e di collaborare. Al contrario, se voi siete padrone ed io schiavo, non ci puo' essere nessuna collaborazione. Ed oggi, disgraziatamente, è proprio una situazione simile che si osserva in Kossova. I serbi sono dei padroni assoluti che vogliono ridurci in servitù. Tutto cio' si puo' anche sopportare per un determinato tempo, ma in condizioni simili non si puo' parlare di collaborazione.

- Lei attribuisce ai serbi molte debolezze, ma è chiaro che Lei abbia una grande considerazione di loro.

- Io stimo molto i serbi e riconosco loro l'importanza che essi meritano. Questo Lei lo ha già notato bene. Questo non lo posso dire d'altronde per alcuni altri popoli. Stimo la vitalità, il patriotismo, la costanza ... serba. Io ho imparato dai serbi come si deve amare il proprio popolo, la propria cultura, se volete, anche la propria persona. I serbi hanno influenzato molto e indirettamente sulla mia formazione generale. Ho passato con i serbi molto tempo durante i miei studi a Belgrado ed in molte carceri, un po' dappertutto in Jugoslavia. Disgraziatamente, per l'intrecciarsi di varie circostanze molto strane, oggi sta venendo a galla nel vostro popolo, tutto cio' che ciascun popolo ha di negativo. Voi oggi siete in preda a strani sentimenti ed ambizioni. Spero per il vostro ed il nostro bene che tutto questo passi al più presto possibile.

- Quanti albanesi vivono oggi all'estero, impegnati in lavori provisori ? Secondo me si tratta di una ciffra che si aggira intorno ai 250.000 persone.

- Non so dirlo con precisione ma credo che sono proprio quanto dice Lei, se non di più. Tra di noi regna una grande solidarietà e questo è un fattore molto importante su cui si poggia la nostra strategia. Le ho spiegato che stiamo attraversando un periodo molto difficile per noi. Sono in molti quelli che guadagnano il loro pane quotidiano lavorando duramente in ogni parte del mondo. Molti sono agricoltori. So che più di 100.000 sono stati sospesi dal lavoro. Quelli che hanno un vero e proprio lavoro fisso non superano i 50.000 ! Lei puo' immaginare cosa succederebbe se questi pochi che lavorano fossero costretti a mantenere due milioni di persone affamate. Ma, per nostra fortuna, qui ci aiuta l'iniziativa privata, ancorché le autorità cerchino di ostacolarci in qualunque modo.

- Oggi gli albanesi non fanno parte dell'esercito poiché, per quanto ho sentito dire, non vengono più chiamati alle armi.

- Vengono chiamati invece, e come no ! Molti vengono acchiappati laddove si nascondono e rinchiusi nelle caserme. Molti di loro spariscono per sempre ! Ed è appunto per questo che un grande numero di giovani vive in latitanza.

- Secondo Lei, quanti sono gli albanesi che vivono in Jugoslavia ?

- Anche a questa domanda è difficile rispondere. Pero' bisogna tenere presente che nella ex-Jugoslavia noi, ogni dieci anni, eravamo 400.000 in più.

- Lei dice 400.000 in più ogni dieci anni ! Se per caso fossimo rimasti insieme, tra 50 anni, voi sareste diventato il popolo più numeroso non soltanto nella Jugoslavia ma anche nei Balcani, ed, è possibile, anche oltre i Balcani.

- No, non lo credo. Tutto questo non funziona come Lei immagina. Quelli che vogliono terrorizzare il popolo serbo molteplicano per 50 questa cifra e cosi' ne viene fuori un numero, sono d'accordo anche io, che fa paura. Ma tutto questo non è vero. Poiché basterebbe che il livello di vita fosse un po' più alto ed allora la natalità diminuirebbe. Le dico che a parere mio noi siamo in tutto circa tre milioni. In Macedonia circa 800 milla, nel Montenegro, secondo alcuni 50 milla, secondo altri 100 milla. Là molti sono stati registrati dalle autorità come montenegrini. Gli altri, circa 2 milioni, si trovano nel Kossovo ed in Serbia.

- Si sente oggi un uomo protetto e sicuro in Kossovo ?

- In nessun modo. In ogni istante ti possono fermare, controllare, picchiare, portare in polizia e, per Dio, anche ucciderti, Si, ce ne sono molti degli albanesi uccisi. Di notte e di giorno possono fare irruzione nella tua casa, ucciderti e non dare spiegazioni a nessuno. Come vede, una situazione del tutto tragica. Non voglio usare parole più dure. E' una grande fortuna per noi che quei uomini che hanno il permesso di fare cio' che gli pare e gli piace non eseguiscono gli ordini fino in fondo. Come se cio' non bastasse, adesso abbiamo addosso anche quella gentaglia di Arkan. Essi fanno del tutto per mettere fuoco alla polvere. Non è bene che sia venuto a crearsi una situazione del genere e tutto cio' mi ammareggia molto. Cio' non puo' portare che del male. Quando i problemi vengono risolti usando la forza, allora si puo' essere sicuro che si è aperta la strada a tutti i pericoli possibili e che non esiste più sicurezza per nessuno. Per nostra fortuna quel limite non è stato ancora sorpassato, ma poco ci ma

nca. Un solo passo ci divide orami dal precipizio della morte in massa.

- Da chi dipende tutto cio' ? Dagli albanesi oppure dai serbi ?

- Dai serbi dipende tutto. Poiché cio' che chiedono per se stessi non lo concedono in nessun modo agli altri. Lei vede bene come i serbi combattono con tutte le loro forze laddove sono il venti, il trenta per cento o un po' di più, mentre qui gli albanesi sono il 90 per cento ma ad essi loro non vogliono concedere niente.

- Credo che dico una verità nota a tutti asserendo che in Kossovo non c'è mai stato un muro cosi' alto e cosi' largo tra gli albanesi ed i serbi. Semplicemente qui regna un silenzio assoluto. E' d'accordo anche Lei con una simile costatazione ?

- In apparenza cio' che Lei dice puo' sembrare anche vero ma se potesti aprire il cuore dei serbi e degli albanesi, allora vedreste che tutti sono ormai stanchi di una vita simile, da questi conflitti del tutto inutili che spesso finiscono nel sangue. Essi vorrebbero vivere decentemente, cosi come conviene alla gente per bene. Di cio' sono convinto e credo che moriro' con questa convinzione. Lei ha ragione quando parla dell'esistenza di quel muro, ma le sue fondamenta sono molto fragili. Disgraziatamente la politica è qualcosa di sporco e di nauseabondo. Essa ha dei strumenti in grado di fare dell'uomo una bestia. Ho passato molto tempo con dei serbi di ogni ceto e sono sicuro che la maggior parte del popolo non la pensa come la pensa il regime ed il Signor Slobodan Milosevic. Lo so bene, mi consenta di ripetere cio' che la politica sia in grado di fare di un uomo: trasformarlo in becchino.

- Nel Kossovo esiste il potere legale. Esiste, nello stesso tempo, parallelamente a lui, anche il potere illegale, un potere questo, dicono, molto ben organizzato. Questo è il vostro potere. Il potere albanese.

- Quello che Lei chiama legale, Sig. Spassojevic, non è affatto legale poiché qui il potere serbo si è autoproclamato. Se Lei vuole parlare di potere legale, allora bisogna convenire che il potere albanese è più legale del potere serbo. Comunque anche quel potere non lo considero abbastanza legale. Poiché le elezioni non si sono svolte in condizioni normali, ma sotto la minaccia della polizia. Ed è appunto per questo che non c'è stato prima una vera campagna elettorale, molte candidature non sono state depositate, non si è potuto parlare apertamente alla gente... In simili condizioni non si puo' nemeno parlare di potere legale. Sia una parte, sia l'altra sembrano fare il gioco di uno pseudopotere. Lei ha ragione quando dice che i serbi hanno il potere legale, ma Lei dimentica di aggiungere che quel potere è frutto della forza e della costrizione, ed in nessun modo, frutto della democrazia, della quale si dichiarano a parole sostenitori a Belgrado. Quello che io chiamo potere, accettato dal popolo e dagli alt

ri, in verità, qui, i serbi non ce l'hanno. Ed un simile potere, etnicamente serbo, sta cominciando a sentirsi stanco. Naturalmente egli sa che quel potere non spetta a lui, ed è per questo che è insicuro di se e della sua forza. Mentre adesso Lei mi vuole parlare del potere albanese. Questo è qualche cosa di molto, molto fragile. Esiste, parlando metaforicamente, un "governo morale" e gli albanesi, per esempio, si sforzano di fare qualche cosa per la sanità e per l'istruzione con delle scuole organizzate nelle case, nei garage, nelle soffitte ... e tutto questo, per Dio, è ancora ai suoi primi passi.

- Lei fa parte di questo potere ?

- Io sono il presidente del Consiglio per la Difesa dei Diritti e delle Libertà dell'Uomo, mentre qui, a Zeri, rivesto le funzioni di caporedattore. Come vede, Lei sta conversando con una persona che non ha nessun potere.

- Tutti temono lo scoppio di una guerra. Penso a quella parte ragionevole del vostro popolo e del mio popolo. Tutti sono del parere che ormai sia una questione di minuti, che la guerra tra i serbi e gli albanesi scoppierà.

- La guerra nel Kossovo è una realtà. Ho la ferma convinzione che i serbi continuerano la lotta per l'epurazione etnica in Kossovo. A questo scopo essi hanno un piano identico a quello che hanno realizzato in Bosnia-Erzegovina. E farano tutto per metterlo in pratica al più presto.

- Il suo pensiero è per me semplicemente incomprensibile ed è per questo che vorrei porLe una domanda Sig. Demaci: Lei ha le prove di tutto cio' oppure sono delle semplici supposizioni ?

- Sono delle supposizioni, ma d'altra parte sono abbastanza sicuro che un simile piano esista. E se cercano di realizzarlo, allora saremo di fronte ad una vera carneficina.

- Gli albanesi sono armati ed in grado di sostenere una vera guerra ?

- Gli albanesi non sono armati. Hanno a disposizione, qua e là, semmai sono riusciti ad avere qualcosa in contrabando, qualche fucile o, nel migliore dei casi, qualche Kalashnikov. Ma converete con me che questo non significa essere armati. A voi, cosiccome a molti serbi, interessa sapere come mai sia possibile combattere essendo inermi. Voi sapete bene che ogni popolo che combatte per la libertà riesce a strappare le armi dalle mani dei suoi oppressori. In Kossovo i serbi hanno molte, ma molte armi. Con queste armi si possono armare più di 100 milla albanesi. Le armi serbe sono anche le nostre armi. Tutto qui.

- Lei pensa che tutti i serbi siano armati ?

- Si, sono armati, sono armati... Si sono armati davanti ai nostri occhi. In pieno giorno venivano scaricati casse o interi camion con armamenti... Questo è un segreto pubblico. Con i suoi "tigri", Arkan scorazza su e giù per il Kossovo. Il suo stato maggiore si istalla o all'Albergo "Grand" o al "Bozhur". Tiene, pensa un po', anche delle conferenze stampa. Lei sa bene chi è Arkan. Cio' significa forse che Belgrado metta, con prepotenza, il fuoco nelle mani dei serbi che vivono qui da noi ? Lo so che tutti i serbi che vivono qui da noi conoscono bene o male il passato di Arkan. Egli è stato dichiarato colpevole e non ha via di scampo. Tutto cio' ci fa pensare che qualche cosa succederà, che succederà un spargimento di sangue, visto che la Serbia ha portato qui degli uomini pronti a fare tutto. Sono sicuro che attendono solo un cenno per cominciare. Ebbene, gli albanesi fanno tutto per evitare cio'. Ma gli albanesi sono pericolosi quando impugnano le armi. Ed è per questo che i serbi ci devono pensare molto p

rima di prendere una simile decisione. E' vero che gli albanesi non sono armati, ma l'Albania è ben fornita di armi. E non è molto lontana. Non è l'Arabia Saudita. L'Albania è qui vicina. subito dopo il confine. In Albania, lo ripeto, ci sono molte armi, ma anche se non ci fossero, le porterano dall'Italia entro 24 ore. Su questo è bene non sbagliarsi. Ed è percio' che io penso che i serbi non si devono permettersi in nessun modo un passo simile. Essi devono decidere cio che vogliono: la pace o la guerra.

Sarebbe un grave errore, anzi una vera tragedia, se i serbi e, in primo luogo, il regime di Belgrado, considerassero le mie parole come una minaccia fatta a loro. Io sono un uomo che ha passato di tutto nella vita e a chi la vita ha insegnato che i veri uomini non usano mai le minaccie. Io cerco soltanto di analizzare la verità e di proclamarla apertamente.

 
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