di Giandonato CaggianoSOMMARIO: La mancanza del tradizionale "consenso" ha messo in crisi la macchina delle N.U. Dopo la crescita del periodo della "decolonizzazione" si sono avuti solo fallimenti: contava solo l'equilibrio dei "blocchi contrapposti". Dopo la caduta del Muro, tutti si aspettavano che l'ONU divenissa la "panacea per tutti i mali". Eppure, nonostante le delusioni, questo è il momento per affermare il primato di un "ordinamento internazionale" forte e dotato di strumenti di intervento. Occorre dunque oggi creare il "Partito transnazionale" che "agisca prioritariamente su questi obiettivi". (1994 - IL QUOTIDIANO RADICALE, 12 novembre 1993)
La macchina delle Nazioni Unite è in panne. Stenta a ripartire poichè ferma per troppi anni per mancanza del consenso. Era quello infatti il carburante che gli Stati vincitori della II guerra mondiale avevano immaginato di immettervi per realizzare il governo della Comunità internazionale. Solo la fase della decolonizzazione, con l'accesso all'indipendenza di quasi cento nuovi Stati, aveva prodotto una scarica di democratizzazione per l'Organizzazione attraverso la ricerca di un Nuovo Ordine Economico Internazionale. E' noto come questa richiesta si sia diluita negli anni '70, restando sostanzialmente inevasa, anche a causa del fallimento della cooperazione allo sviluppo. Pochi, quasi inesistenti, in quegli anni, gli interventi per il mantenimento della pace ed il governo politico della Comunità Internazionale. La gestione della "cosa pubblica internazionale", infatti, era solo il fragile punto di equilibrio dei blocchi contrapposti e dei veti incrociati. Ciò, malgrado le caratteristiche internazionali dei
beni e degli interessi comuni degli Stati siano sempre più evidenti, come dimostra, una tra tutte, la questione ambientale. Alla fine della Guerra fredda e del simbolico Crollo del Muro di Berlino si è ingenerata nell'opinione pubblica l'aspettativa (per taluni versi passionale ed immotivata) che questa macchina delle Nazioni Unite così perfetta, ma così poco utilizzata, si trasformasse in una panacea per tutti i mali e le questioni aperte nei vari continenti. Inevitabile la delusione derivante dalla illusione. I recenti tentativi di intervento organico delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace sono apparsi sgraziati e privi di reale incidenza a fronte di conflitti disumani e drammatici. E' legittimo e auspicabile che qualcuno cerchi, per il senso di frustrazione conseguente, di rimettere in soffitta l'unica possibile macchina di governo per la "cosa pubblica internazionale", rinunciando ad un ideale e ad ogni aspettativa di democrazia, e demandando tutto alla formazione di nuovi equilibri di forz
a? Per noi, evidentemente, no! E questo è il momento, nella attuale dimensione dei problemi internazionali, per affermare che la sovranità di uno Stato democratico non ha senso senza un ordinamento internazionale che limiti le violazioni, gli eccessi e le incapacità di governo. L'azione politica deve mobilitarsi in questo senso. Ma, nel disinteresse del mondo politico, l'unica speranza è nella spinta esercitata da una forza politica che agisca prioritariamente su questi obiettivi: un Partito transnazionale, che nel guscio vuoto delle Nazioni Unite cerchi di inserire sia un Piano per le Forze di Pace a rafforzamento della democrazia sia forme di giurisdizione obbligatoria, come il Tribunale Permanente per i Crimini Internazionali. Giandonato Caggiano