di Gabriella Spallino(Comitato "VIVO IL TIBET")
Il Tibet e' stato invaso ed occupato dalla Repubblica Popolare Cinese tra il 1949 e il 1959.
Il Dalai Lama, massima autorita' politica e religiosa, ha cercato per oltre otto anni di trovare una pacifica soluzione con le autorita' cinesi, in quanto legato agli ideali della nonviolenza.
Il 10 Marzo del 1959 il sentimento di ribellione nei confronti dei cinesi culmino' nell'eroica insurrezione di Lhasa.
Le truppe dell'esercito popolare di liberazione soffocarono nel sangue la rivolta uccidendo oltre 86.000 persone nel solo Tibet centrale.
Il Dalai Lama e oltre 100.000 profughi si rifugiarono in India e negli stati himalaiani confinanti. A Dharamsala nel nord dell'India il Dalai Lama e' riuscito a costituire un Governo Tibetatno libero ed istituito su basi democratiche.
Il Governo Tibetano in esilio è l'unica autorita'riconosciuta da oltre 100.000 profughi e dai tibetani rimasti nel Tibet occupato.
1.200.000 morti, 6.000 monasteri distrutti, decine di migliaia di testi custodi della cultura, della religione e tradizione di questo popolo dati alle fiamme dalla cosiddetta "Rivoluzione Culturale", 7.500.000 coloni cinesi sono installati nel Tibet, centinaia di ettari di boschi rasi al suolo per l'esportazione di legno, migliaia di statue raffiguranti divinita' in oro fuse per ricavarne il metallo prezioso per mantenere le truppe dell'esercito di liberazione popolare e non per ultimo alla bella altezza di 5.000 metri dominanti il resto dell'Asia sono state realizzate basi nucleari e luoghi di raccolta per le scorie nucleari.
Aborti e sterilizzazione forzate vengono praticate alle donne tibetane, nelle scuole la lingua insegnata e' il cinese e il massiccio trasferimento di consistenti gruppi di popolazione cinese perseguono l'obiettivo di colonizzare il Tibet per far si che i tibetani siano una esigua minoranza da utilizzare in quella sorte di "zoo turistico" che il "Tetto del Mondo" dovrebbe diventare secondo le intenzioni delle autorita' cinesi.
Una grande battaglia ecologica dunque dove non si tratta di salvare solo la natura, ma gli uomini, la tradizione, la cultura e la religione di un popolo che nonostante la politica di democratizzazione apparente avviata da Deng rischiano di scomparire.
Il Comitato "VIVO IL TIBET" promosso da radicali, ma al quale aderiscono componenti di organizzazioni politiche di varii paesi, si propone dunque di divulgare e far conoscere una realta' che non viene ufficialmente denunciata dai mezzi di informazione stante i grossi interessi intercorrenti con la Cina.
Migliaia di cartoline destinate alle ambasciate cinesi di tutta europa chiedono la riapertura delle frontiere del "Tetto del Mondo" chiuse dall'8 marzo 1989 quando a seguito di ulteriori rivolte da parte della popolazione tibetana il governo cinese ha applicato la legge marziale.
Il 10 marzo di ogni anno, giorno in cui ricorre l'anniversario della repressione cinese vengono organizzate manifestazioni dinanzi a tutte le medesime ambasciate in Europa.
Giovanni Negri, gia' segretario del Partito radicale, uno dei promotori e deputato al Parlamento Italiano ha creato un "gruppo interparlamentare sul Tibet" al quale hanno aderito deputati di tutti i partiti italiani.
Le manifestazioni del 10 marzo si sono svolte a Parigi ad opera del Comitato di sostegno del popolo tibetano ed alla quale aderisce anche la gioventu' studentesca cinese, a Zurigo ad opera degli esuli tibetani e "The Office of Tibet", a Bruxelles, Praga, Mosca, Budapest, Lisbona, Madrid ad opera dei militanti del Partito Radicale Transnazionale e a Roma con la collaborazione del Comitato "VIVO IL TIBET", l'Associazione Italia-Tibet ed il Partito Radicale Transnazionale.