di Paolo Vigevano
Tesoriere del Partito Radicale
Due sono le ragioni che mi inducono ad affrontare ancora una volta il problema dell'iscrizione al Partito radicale: il mancato raggiungimento degli obiettivi "intermedi" in termini di iscrizione che avevamo fissato per quest'anno; i numerosi interrogativi che mi arrivano un po' da dovunque e dai Paesi dell'Europa Centrale ed Orientale in particolare, riguardo all'iscrizione (al suo valore, al suo significato, al perché di una tale quota, ...).
Come già molti di voi sanno, lo Statuto del Partito prevede solamente l'iscrizione al Partito federale e non l'iscrizione alle associazioni radicali. C'è un solo atto che condiziona l'iscrizione: il versamento della quota. Certo, lo statuto prevede sia l'impegno ad aderire o a costituire una associazione, ed ovviamente l'accettazione dello statuto, ma, lo ripeto, c'è un solo atto da compiere: il versamento della quota di iscrizione. E' la prima regola, la regola fondamentale dello Statuto del P.r., cioè di un partito libertario che non prevede nessuna forma di selezione nei confronti di quanti chiedono la tessera, e che non prevede alcun organo di controlo né tantomeno la possibilità di espellere chicchessia. L'iscrizione è quindi aperta a tutti, ed è annuale.
La combinazione di queste due disposizioni - versamento della quota di iscrizione al partito federale ed annualità dell'iscrizione - garantiscono indirettamente un altro aspetto della democrazia interna del partito: la possibilità da parte del congresso (al quale possono partecipare tutti gli iscritti) di conoscere e prevedere gli introiti di autofinanziamento in relazione con i costi del programma politico dell'anno successivo. E' infatti il congresso che determina, ogni anno, la quota di iscrizione. Oltre a questo potere, l'iscritto al Partito radicale gode di altre prerogative in genere non previste negli altri partiti. Elegge direttamente il Primo segretario, il Tesoriere ed i membri del Consiglio Federale. Approva le mozioni (cioè gli obiettivi prioritari). Più che di un iscritto, si tratta di un vero e proprio azionista di una società privata.
E' in questa logica che bisogna ricondurre il problema dell'iscrizione, della quota. In tutti i Paesi occidentali (ma è un fenomeno che tocca ormai anche i paesi dell'Europa Centrale ed Orientale) il costo dell'iscrizione ad un partito è quasi gratuito. Per due ragioni. Perché questi partiti contano su altre fonti - più o meno conosciute - per autofinanziarsi. Perché in tale modo possono rivendicare un gran numero di iscritti (che peraltro non godono di quasi nessun poter). Invece nel Partito radicale l'iscrizione significa l'impegno per ciascun iscritto a versare una parte del denaro necessario al conseguimento degli obiettivi del partito. E per rendere questo più evidente ancora si è deciso nel 1981 di calcolare questo impegno finanziario su una base quotidiana. Cioè quanto potrebbe essere al giorno l'impegno di un cittadino per sostenere l'attività del partito. Prendendo come parametro l'equivalente di una spesa, che anche un disoccupato od un studente, si può permettere quotidianamente: un biglietto di m
etropolitana, la meta del prezzo di un quotidiano.
Non essendo pero' possibile organizzare la raccolta quotidiana delle iscrizioni, si è mantenuto il criterio del versamento in una volta, o al limite in tre o quattro volte (mantenendo fermo che l'iscrizione avviene soltanto a pagamento completato). Affermando anche in questo modo il carattere di "azionista attivo" dell'iscritto radicale, cioè di quello che è anche capace di trovare, di farsi prestare i soldi per l'iscrizione di un anno intero. Infine va ricordato ancora (anche perché spesso si dimentica di farlo) che la quota di iscrizione è libera, a partire di una quota minima. Di conseguenza i più ricchi dovrebbero versare delle quote proporzionali alle loro effettive possibilità. E se è vero che ci sono quote di iscrizione venti ed anche cento volte superiori al minimo, è pero' anche vero che questo è ancora il fatto di poche o troppo poche persone.