CORSA A OSTACOLI SENZA FINE
di Alfreddo Sessa
SOMMARIO: A quasi due anni della nascita del mercato unico rimangono ancora vincoli alla libera circolazione delle merci.
(Il Sole 24 Ore, 10-10-1994)
Sono trascorsi quasi due anni da quando il mercato interno è entrato in funzione. E due anni mancano al '96, quando l'Unione avvierà una riforma istituzionale che dovrà consolidare le fondamenta della casa comune europea o aprire la strada verso obiettivi meno ambiziosi. Il mercato è in mezzo al guado tra queste due date. Come un acrobata sul filo, avanza lentamente oscillando tra successi e insuccessi. Siamo ancora lontani da una completa realizzazione delle promesse contenute nell'Atto unico: gli ostacoli alla circolazione degli scambi sono ancora molti, tanto da lasciar temere che le 282 misure contenute nel Libro bianco non siano più sufficienti, e che sia necessario ricorrere a un nuovo round di interventi legislativi.
Quello che avviene, soprattutto, è una scarsa applicazione del mutuo riconoscimento degli standard tecnici tra gli Stati membri nelle aree non esplorate dagli interventi di armonizzazione di Bruxelles. Il più delle volte, tutto questo si traduce in altrettanti sgambetti alla libera circolazione delle merci. Con l'aggravante che la proliferazione di norme tecniche all'interno degli Stati, intanto, continua: alla Direzione Generale XV della Commissione, gli uffici che seguono da vicino l'evoluzione del mercato interno, quantificano in 300-400 all'anno i regolamenti notificati a Bruxelles. E c'è il rischio, fanno notare i funzionari della DG XV, che i singoli Paesi inizino a regolamentare i settori del futuro, come quello delle nuove tecnologie, prima che lo faccia l'Unione europea, aggravando cosi la già scarsa coordinazione tra norme statali e norme comunitarie, vera chiave di volta per un funzionamento senza cortocircuiti del mercato interno.
La tattica che la Commissione pensa di adottare per "stanare" le piccole e grandi lacune del mercato interno è quella di comunicare quanto più possibile con gli operatori economici prestando attenzione alle lamentele di chi vive in diretta, sulla propria pelle, l'avventura del grande spazio commerciale. L'intenzione è di istituzionalizzare l'esperienza delle "settimane del mercato interno", gli appuntamenti in cui gli industriali hanno portato alla luce del sole quello che non va o che puà essere migliorato.
Ma Bruxelles sta cercando di seguire anche un'altra strada: quella di un regolamento che imponga agli Stati membri di notificare il blocco dell'import di merce legalmente
prodotta e commercializzata in un altro Stato membre. Il regolamento trova pero opposizione in Consiglio da parte di grandi Stati come Francia e Germania, le cui forti
economie sono meno toccate dal problema del mutuo riconoscimento. I grandi Paesi mettono alla base della loro opposizione il timore di un eccessivo appesantimento delle procedure amministrative.
I successi del mercato unico, che pure esistono, sono difficilmente misurabili anche perché su di essi ha un effetto moltiplicatore, o di freno, l'andamento dei cicli economici. Invece, per capire esattamenente quello che non funziona, Bruxelles ha la possibilità di ascoltare le denunce di chi ha visto i propri diritti calpestati. Quali i passi sucessivi? Si ricorrerà eventualmente a una procedura di infrazione, o si affiderà a un comitato tecnico l'aggiornamento di una direttiva sopravanzata dalle norme nazionali, o ancora si cercherà di richiamare l'attenzione su ostacoli che non sono legati a una norma, ma, per esempio, a cattive "abitudini" amministrative che rallentano e intralciano la fluidità degli scambi.
Fondamentale diventa, quindi, la presa di contatto con la realtà quotidiana. L'ultimo check-up completo sullo stato di salute del mercato interno messo a disposizione della Commissione è l'indagine condotta dal Comitato economico e sociale, l'organo consultivo delle istituzioni Ue composto da rappresentanti delle varie categorie economiche. Il Comitato, pur non tacendo i successi conseguiti, come ad esempio l'aumento del volume del commercio transfrontaliero e la riduzione dei tempi, mette l'accento sul fatto che il mercato unco rimane un'opera incompiuta. Gli ostacoli che si frappongono alla libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali sono almeno 62. Per eliminarli, il Comitato raccomanda l'adozione di interventi incisivi di armonizzazione.
Tra le barriere identificate la maggior parte, 15, ostacola la libera circolazione delle merci. Settori come gli additivi alimentari, l'etichettatura dei prodotti, le caratteristiche degli apparecchi elettrici e il peso e le dimensioni dei veicoli costituiscono altrettanti problemi. In generale, i requisiti di sicurezza vengono interpretati in maniera differente dagli Stati membri, e spesso gli articoli esportati devono essere sottoposti a una certificazione supplementare rispetto a quella ottenuta nello Stato di origine. Il Comitato raccomanda, inoltre, una maggiore armonizzazione degli standard di protezione ecologica per evitare quello che chiama "nazionalismo ambientale". Il fenomeno, osserva l'indagine, si traduce spesso in una vera e propria barriera non tariffaria, soprattutto nei settori della chimica e degli imballaggi.
Per quanto riguarda i servizi finanziari, viene messo in rilievo, tra l'altro, il caso di un cittadino che avendo contratto un mutuo ipotecario in uno Stato diverso da quello di residenza, non è stato autorizzato a dedurre gli interessi dalla sua dichiarazione dei redditi. O ancora le forti differenze delle tasse che gravano sulle polizze di assicurazione, un settore liberalizzato tre mesi fa. Nel caso della libera circolazione delle persone, infine, spiccano i mancati riconoscimenti tra gli Stati delle qualifiche professionali, e le discriminazioni esistenti in tema di sicurezza sociale.
Una bacchettata, infine, giunge dal Comitato per quanto riguarda l'approccio generale usato nei confronti dei problemi del mercato unico. Attualmente nell'Unione europea non esiste alcuno strumento formale, fa notare l'indagine, per rilevare sistematicamente l'esistenza di barriere commerciali. Uno strumento di questo genere, invece, permetterebbe di definire un programma di lavoro destinato ad abbattere gli ostacoli che ancora resistono.
Alfredo SESSA