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Il testo della mozione, presentata da deputati italiani di diversi gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione, "per la creazione di un regime internazionale o, in subordine, di un cartello di paesi produttori, che impedisca il trasferimento ai Paesi in via di sviluppo dei maggiori sistemi d'arma convenzionali e in particolare dei mezzi di distruzione di massa, nonché della tecnologia e dei componenti necessari alla loro fabbricazione".
I primi firmatari della mozione firmata da piu' di cento deputati sono Emma Bonino, presidente del Partito radicale, deputato, membro del gruppo parlamentare federalista, Flaminio Piccoli, deputato, già presidente della Democrazia Cristiana, Margherita Boniver, deputato, socialista.
Questo testo è, ovviamente, a disposizione di ogni parlamentare di ogni Paese che vorrebbe impegnarsi su questo fronte.
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La Camera,
considerato che il conflitto in atto nel Golfo Persico ha ormai mostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, l'insensatezza delle politiche di esportazione d'armamenti e di trasferimenti di tecnologia militare a paesi in via di sviluppo, in particolare se retti da regimi dittatoriali e totalitari: le forze armate irachene, che occupano il Kuwait e che combattono contro le forze della Coalizione, sono state infatti armate e provviste di tecnologia militare per metà dall'Unione Sovietica e per metà da paesi occidentali, ivi inclusa l'Italia;
considerato che le esportazioni d'armamenti e i trasferimenti di tecnologia bellica al Terzo Mondo, oltre a risolversi sempre piu' spesso in una minaccia militare diretta contro gli interessi dei paesi esportatori, rappresentano una parte infinitesima della ricchezza prodotta annualmente nel Nord del mondo (attorno allo 0,1% del Prodotto Interno Lordo, nel caso italiano), mentre sottraggono risorse ingentissime ai bisogni primari e allo sviluppo dei paesi importatori;
considerato che da tempo la comunità internazionale ha ritenuto opportuno creare regimi che impediscano la proliferazione delle armi di sterminio di massa, come è il caso del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP), in vigore dal 1970, o della Convenzione sulle Armi Biologiche del 1972, oppure ancora dell'imminente conclusione alla Conferenza sul Disarmo di Ginevra di una Convenzione per la Proibizione dello sviluppo, produzione e detenzione delle Armi Chimiche;
considerato che i paesi sviluppati, parallelamente ai regimi internazionali sopra menzionati, hanno in taluni casi ritenuta opportuna la formazione di cartelli per impedire il trasferimento di materiale e tecnologia di possibile uso militare, come dimostrano gli esempi del London Suppliers Club per l'energia nucleare e del Missile Technology Control Regime, volto a impedire le esportazioni di missili balistici con portata superiore a 300 chilometri e carico pagante superiore a 500 chilogrammi;
considerato che, secondo notizie di stampa ("U.S. Seeks Restrictions On Third World Arms", International Herald Tribune del 22 gennaio 1991), l'amministrazione americana sta già facendo circolare tra gli alleati proposte volte a restringere i trasferimenti di tecnologia con potenzialità militare verso il Terzo Mondo;
considerato che nelle sedute del 23 agosto 1990 e del 7 gennaio 1991 il Parlamento, con le risoluzioni n.6-00141 e n.6-00152, ha impegnato il Governo ad avanzare nelle sedi internazionali la proposta di un accordo per la limitazione ed il controllo del commercio delle armi;
considerata infine la necessità di aggredire le cause politiche dei processi di riarmo nel mondo;
impegna il governo
1) ad adoperarsi in tutte le sedi possibili, innanzitutto presso le Nazioni Unite, per la creazione di un regime internazionale o, in subordine, di un cartello di paesi produttori, che impedisca il trasferimento ai Paesi in via di sviluppo dei maggiori sistemi d'arma convenzionali e in particolare dei mezzi di distruzione di massa, nonché della tecnologia e dei componenti necessari alla loro fabbricazione. Nell'ambito di tale regime o cartello, e in modo analogo a quanto previsto dal Trattato di Non Proliferazione nucleare, dovrebbero venire offerti incentivi e garanzie di trasferimenti di tecnologia civile (contestualmente alla creazione di salvaguardie per impedire la diversione a fini militari della tecnologia civile) e aiuti economici a quei paesi che rinuncino a dotarsi di armamenti convenzionali sofisticati e alla relativa tecnologia, riducano le proprie spese militari e conformino la propria politica interna ai principi della democrazia e del rispetto rigoroso dei diritti umani;
2) ad adoperarsi in tutte le sedi, innanzitutto presso le Nazioni Unite, per la realizzazione di un migliore sistema di controllo dell'esportazione di prodotti ad alta tecnologia finalizzati alla realizzazioni di armi chimiche, batteriologiche e nucleari;
3) ad adoperarsi perché sia di conseguenza attribuito alle Nazioni Unite il potere di controllo e di sanzione, anche attraverso la costituzione di un apposito tribunale internazionale, in ordine al trasferimento dei maggiori sistema d'arma.
4) ad adoperarsi in tutte le sedi per l'apertura di negoziati regionali, in primo luogo nella regione mediorientale, costruiti sul modello della CSCE, ovvero capaci di affrontare e risolvere i nodi della democrazia e dei diritti politici nei vari Stati, del disarmo, del controllo degli armamenti, del debito e della cooperazione nelle relazioni tra gli Stati.
5) a riferire entro sei mesi al Parlamento con una relazione sullo stato di attuazione degli impegni sopra esposti.