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Agora' Agora - 11 aprile 1991
LE ATTUALI LEGGI SULLA DROGA SONO PEGGIORI DELLE DROGHE STESSE

intervista a Marco Taradash

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Questa intervista è stata rilasciata nel corso di un incontro tra l'Eurodeputato Taradash ed alcuni allievi della Scuola Superiore di Polizia di Budapest che intendono specializzarsi nel problema droga.

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D.: Qual è il contesto politico nel quale si pone la questione droga nelle nostre società?

R.: La politica sulla droga è diventata una delle componenti essenziali della politica interna e internazionale di tutti paesi del mondo. Già noi possiamo valutarne le conseguenze nella vita quotidiana dei cittadini dell'Europa comunitaria nonchè degli Stati Uniti e di altre grandi nazioni. Gli effetti della politica di repressione penale del consumo di droga e del traffico di droga ha provocato dei danni, che sono molto peggiori dei danni sanitari delle droghe stesse.

D.: Quali sono le conseguenze di questa proibizione, di questa illegalità delle droghe?

R.: Oggi aver voluto proibire senza essere riusciti ad impedire, ha significato che insieme ad un aumento incontrollabile del consumo di droghe si abbia avuto anche un aumento della violenza nelle città, un aumento delle malattie collegate a certi usi di droga, come l'AIDS, che causato dall'uso plurimo di siringhe, dallo scambio di siringhe tra i tossicodipendenti è una conseguenza diretta dello stato di illegalità in cui questo uso oggi si trova e ha comportato la crescita della criminalità organizzata ai livelli di potere e di ricchezza, che nessun governo e nessuna polizia è in grado di controllare. Lo sappiamo, che spesso i politici danno alla polizia quei compiti che loro non sono riusciti in altro modo a risolvere. Ma spesso quando arrivano alla polizia, quei problemi sono ormai effettivamente insolubili. Quello delle droghe è uno di questi. Per aver preteso di eliminare dalla faccia della terra l'uso di alcune sostanze, in realtà, si è creato un mercato ricchissimo, per cui oggi commerciare nelle drog

he proibite significa arrichirsi con estrema facilità.

D.: Questo riguarda i trafficanti. Quali sono invece, secondo Lei, le conseguenze della droga proibita sui consumatori?

R.: Usare le droghe proibite significa diventare di fatto un criminale, perchè si è costretti a commettere ogni sorta di reati per avere il denaro. Si è costretti a rubare, a fare degli scippi, rapine, omicidi, si è costretti a vendere altra droga oppure a prostituirsi, ecc.ecc. Faccio degli esempi: negli Stati Uniti c'è un rapporto del governo che risale al gennaio del 1991, secondo il quale ogni anno negli Stati Uniti vengono commessi 9 milioni di reati violenti legati al traffico di droga, con un danno sociale enorme e un danno economico enorme, 35 miliardi di dollari, che ogni anno sono il danno relativo alle attività dei consumatori di droga che commettono violenze. I rapporti dell'ONU dicono che, anno dopo anno, il traffico si sposta e invade i paesi che prima non ne erano toccati. E' successo che dagli Stati Uniti, ad esempio, la cocaina si è spostata molto rapidamente nell'Europa continentale, nella Comunità Europea. Voglio dire che altre forme di droga si sono riversate dai paesi dell'Europa comunit

aria ai paesi circostanti. L'America Latina si è vista invadere dai derivati della foglia di coca molto rapidamente. E il commercio passa attraverso tutti paesi del mondo. Nei paesi occidentali noi subiamo il danno di questa politica. Non siamo riusciti a bloccare il consumo delle droghe e abbiamo creato una criminalità organizzata che minaccia la democrazia dei paesi dell'Europa occidentale e minaccia la democrazia sopratutto dei paesi più fragili, come quelli dell'America Centrale e dell'America Latina.

D.: Come vede la situazione dei Paesi d'Europa Centrale, e quindi dell'Ungheria in questo quadro?

R.: Rischiamo di avere nei paesi di nuova democrazia come - fra questi - l'Ungheria, qualche cosa di simile a quello che è avvenuto nel continente americano, dove i paesi con strutture sociali ed economiche più fragili, i paesi dell'America Centrale per esempio, sono diventati la base di insediamento dei narcotrafficanti. Il rischio è forte. L'Ungheria come la Cecoslovacchia, come altri paesi simili, possono divenire per l'Europa Comunitaria quello che la Colombia o la Bolivia sono per gli Stati Uniti. Ed a quel punto non ci sarebbe più niente da fare. L'Ungheria è un paese che ha bisogno di denaro e non guarda e non può guardare troppo alla provenienza di questo denaro. E' già successo in Spagna, dopo la dittatura, quando i capitali che affluivano alla democrazia spagnola erano capitali delle grandi industrie occidentali, ma erano anche i capitali delle grandi organizzazioni dei trafficanti dell'Europa e dell'America Latina o del Nord. Questo può succedere anche in paesi come l'Ungheria.

D.: Qual è, secondo Lei, la situazione della polizia in questi Paesi?

R.: La polizia nei paesi deboli, poveri è ricattata continuamente: da una parte c'è il rischio e la minaccia di morte (e sono innumerevoli i poliziotti che cadono vittima, in tutti paesi del mondo, dei trafficanti di droga), dall'altra c'è il rischio della corruzione. E questo è un rischio altrettanto forte, perchè laddove gli stipendi dei poliziotti sono bassi, il trafficante di droga può offrire sempre una cifra molto allettante dal punto di vista economico.

D.: La "soluzione" quale potrebbe essere secondo Lei?

R.: Oggi noi dobbiamo costruire un'alternativa politica a questo tipo di situazione che non può essere fatta solo in un paese, ma deve essere internazionale. Aver proibito, in realtà, ha avuto come conseguenza la nascita di organizzazioni criminali che hanno avuto "via libera", e oggi non c'è forse merce altrettanto "libera" sui mercati occidentali quanto l'eroina o la cocaina. Le si trovano ovunque, a qualsiasi ora del giorno e della notte. E non c'è nessuna possibilità di bloccare questo mercato, perchè anche se si riempiono le prigioni, e di fatto le prigioni vengono riempite (negli Stati Uniti ogni anno finiscono in galera oltre un milione di persone legate al consumo e alla vendita delle droghe) ed anche se si arrestano innumerevoli venditori, non si può arrestare la vendita. Infatti il consumo è continuato a crescere nel corso degli anni. L'unico modo per bloccare questo tipo di criminalità è quello di eliminare il guadagno della vendita della merce. E' quello di riportare queste merci sotto il control

lo dello Stato, in modo che possano essere vendute con criteri rigorosi e con controlli di qualità lo stesso molto rigorosi. Questo è possibile; la richiesta viene anche da molte grandi città europee, come Francoforte, Amburgo, Liverpool, Amsterdam, Zurigo, Atene e tante altre. Ed è una richiesta che deve venire anche dai paesi come l'Ungheria e dalle forze di polizia, come avviene dai sindacati di polizia, ad esempio, della Germania e della Spagna.

D.: Concretamente come siete e vi state organizzando?

R.: Noi abbiamo costituito una Lega Internazionale Antiproibizionista, che è stata fondata col contributo del Partito Radicale, ma che non è legata a nessun partito e che raccoglie operatori di oltre venti paesi in tre continenti. Fra questi ci sono magistrati, giuristi, economisti, medici, poliziotti; tutta gente che conosce la realtà delle cose e che ha capito che non è possibile difendersi dal problema droga, se non in termini di politica sanitaria e di politica sociale. Nel momento in cui si crede di poter risolvere il problema con la repressione, invece, si aggiunge al problema sanitario dell'uso delle droghe anche un problema di ordine pubblico e di corruzione politica, che rendono poi impossibile affrontare effettivamente il consumo e ridurlo. Per questo noi operiamo in molti paesi del mondo, per arrivare ad una nuova regolamentazione internazionale che venga sottoposta all'Organizzazione delle Nazioni Unite, e che renda possibile, in un futuro prossimo eliminare tutti i danni, che sono enormi, causat

i dalle varie leggi sulla droga.

 
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