L'assedio di Bihac
di Barbara Spinelli
SOMMARIO: in quest'articolo, Barbara Spinelli continua la sua lotta, isolattissima nel panorama della stampa italiana, perché l'Europa, esca finalmente dalla "prigione dei suoi dèmoni" e riconosca che ci sono, in Iugoslavia, aggressori ed aggrediti. (La Stampa, 30 novembre 1994)
Mentre la città di Bihac sta cadendo, agguantata dalle milizie serbe, gli europei continuano la loro discesa nell'ignominia: contro le proprie presunte aspirazioni, contro i propri stessi interessi. Tutto quel che dicono è falso, tutto quel che fanno un autoinganno. S'indignano di fronte alle immagini della città accerchiata, ma poi accettano quel che s'ostinano a definire »inaccettabile . Dànno lezioni di morale, per subito disonorarsi. Non c'è parola che si salvi, non vocabolo che dica il vero. Questa guerra è già sporca linguisticamente, non bisogna attendere che diventi un Vietnam perché s'insozzi. E' insozzata la parola soldati per il Mantenimento della Pace, detti anche peacekeeping force: i Caschi blu sono serviti negli ultimi tre anni a mantenere la guerra, visto che la pace era introvabile, e a facilitare le operazioni dell'aggressore. E' insozzata la parola Zona di Sicurezza: le aree garantite dall'Onu (Srebrenica e Goradze, Sarajevo, Tuzla, Zepa e Bihac) sono quelle che l'Occidente ha di fatto con
segnato ai miliziani serbi. Sono insozzati i termini: processo di pace, piano di pace, azione umanitaria. E' insozzato infine il vocabolo Comunità Internazionale: non esiste comunità degna di portare questo nome, nella quale valga la pena di credere. Non esiste un'Europa di cui non avere vergogna. La Comunità Internazionale e occupata mentalmente dal pensiero serbo, e va ormai considerata come zona parassitata invasa: da liberare allo stesso modo in cui De Gaulle decise di resistere, nel '40, alla Francia occupata. La Comunità Internazionale non sta dando prova di Impotenza, rassegnazione, e ancor meno di passività. Sta dando prova di complicità attiva con la strategia serba di conquista e genocidio. Il pericolo non è più Monaco, l'appeasement, il cedimento. Monaco è già accaduto, e forse è giunto il momento di lasciare tutto questo lessico insozzato ai diplomatici e ai nostri capi di governo, perché se la sbrighino da soli con il vocabolario della disfatta. I giornalisti, da parte loro, potrebbero forse ban
dire le parole sporche dal vocabolario bosniaco, perché almeno il pubblico dei telespettatori non sia beffato.
Gli europei sono in causa, e soprattutto i governi francese e britannico, che hanno determinato le azioni della Nato e piegato nelle ultime ore le volontà statunitensi. Sono loro a prenderscla con l'America, accusata di aver preso le parti della nazione aggredita, d'aver facilitato le recenti operazioni bosniache di autodifesa, e di aver proposto una rinuncia all'embargo militare sulla Bosnia. Sono Parigi e Londra che hanno infine accettato quel che l'alleanza serborussa cercava fin dall'inizio: la creazione di una Grande Serbia, con i serbi di Bosnia che ottengono la metà del territorio etnicamente epurato e decidono l'annessione a Belgrado. Occupata mentalmente, anche l'Europa ha finito così col mutare fisionomia, in questa guerra attraverso la quale voleva pur passare, indenne. Una ormai lunga tradizione atlantica si sta spezzando a Sarajevo, un'epoca cominciata nel '48 quando fu fondata la Nato, e gli europei occidentali avevano scelto l'Atlantico e la solidarietà con Washington per far fronte alla terri
gna potenza continentale che era l'Urss totalitaria. Allora gli intellettuali di sinistra spregiavano quel che si chiamava Mondo Libero, lo virgolettavano per meglio sminuirlo, schernirlo. Adesso il Mondo Libero ha perso le virgolette, e anche la libertà. Aggrappata alla Russia post-comunista terrorizzata dalle sue minacce e dai suoi veti, l'Europa si ritira nelle terre profonde del continente e ritrova il calore familiare delle sue antiche guerre intestine, al riparo dai venti freddi dell'Atlantico. La Casa comune europea voluta a suo tempo da Gorbaciov, anti-americana e terrigna e dipendente, sta costruendosi pietra dopo pietra, nel laboratorio dell'Europa futura che è divenuta la guerra in Bosnia.
Adesso tutti i ministri europei giudicano magnifica la proposta russa, contraria com'è a qualsiasi rappresaglia o ultimatum efficace contro i miliziani di Karadzic, favorevole alla confederazione panserba. Anche il nostro ministro Martino era deliziato, a Bruxelles: »Interessantissima l'idea russa , ha detto, e non si sa bene perché: se per ingraziarsi il nuovo asse francobritannico, o se per corteggiare il fragile e purtuttavia minaccioso post-comunismo atomico russo. Forse l'una e l'altra cosa, giacché questi sono oggi gli schieramenti, nell'Europa che pretende di agire autonomamente, senza gli americani. Questa la nuova-vecchia Triplice Intesa, franco-russo-inglese, riedificata per far fronte ancora una volta al vero avversario cui tutti pensano, senza nominarlo mai. L'avversario-rivale è il nuovo Stato tedesco, ingrandito e unito, sospettato di mire egemoniche in Europa orientale e nei Balcani. E' la Germania che bisogna tenere a bada, alleandosi con i serbo-russi e consegnando all'aggressore una città b
osniaca dopo l'altra. A questo e nient'altro pensano tutti coloro che consigliano di accettare il piano russo di confederazione panserba, e di non isolare Belgrado con ultimatum e bombardamenti dissuasivi sulle linee di rifornimento serbo-croate o serbobosniache. Il secolo può dunque ricominciare: con gli stessi orrori, stesse assurdità. A Sarajevo,l'Europa sta guerreggiando per interposta persona e si sta sfasciando. Voleva evitare la guerra, in cambio del disonore. Ha avuto il disonore, e la fine dell'idea d'Europa.
I democrisriani tedeschi e Kohl in testa si sono ribellati, nelle ultime ore. Già una volta si sono battuti perché l'Europa si prendesse le proprie responsabilità, di fronte a una guerra di genocidio già iniziata dai serbi, e riconoscesse la Slovenia, la Croazia, la Bosnia. Ora giudicano vano l'aiuto promesso dai Caschi blu, e considerano più che necessaria la fine dell'embargo militare, perché almeno la Bosnia possa autodifendersi com'è nel diritto delle nazioni aggredire (diritto iscritto anche nella carta dell'Onu, articolo 51). Ma è probabile che anche questa ribellione si spenga. Troppo grande è il "cupio dissolvi, la voglia di svanire, degli europei, da quando hanno perduto la vittoria democratica che fu l'89 e la caduta del Muro. Intanto, mentre si litiga tra americani ed europei, tutti i futuri dittatori e tiranni osservano l'Europa, rinfrancati. La vittoria dei serbi dà le ali a Zhirinovsky, e a tutti coloro che ne imitano l'irredentismo, i piani di conquista territoriale. Dà le ali a tutti i dirige
nti dell'Est e del SudEst (Grecia inclusa) che sognano carte geografiche rifatte nel sangue. Il cedimento degli europei è una linea di credito aperta a tutti coloro che vorranno piegare le democrazie, e screditarne i dirigenti. Ci sono già riusciti in Croazia, in Bosnia. Ci riusciranno facilmente altrove. Solo che gli europei, allora, saranno veramente soli. In questo secolo sono stati salvati tre volte dagli americani: una volta nel '17, una nel '42, una nel '48 quando fu creata la Nato. Il gran litigio con gli americani ci lascia disarmati, e nell'ignominia: apparentemente liberi, in realtà prigionieri dei nostri più brutti dèmoni.