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Porta Giovanni, Panorama - 9 dicembre 1994
Bosnia/I retroscena della sporca guerra

LA RESA: PERCHE' L'ONU E' IMPOTENTE

di Giovanni Porta

SOMMARIO: incredibile resoconto dei rapporti esistenti tra gli ufficiali delle forze di pace e i militari serbi, testimoniati da registrazioni telefoniche, che spiega il sostanziale fallimento e impotenza della cosiddetta comunità internazionale inadeguata a gestire il conflitto bosniaco.

(Panorama, 9 dicembre 1994)

Pressioni, appelli, minacce. Ma dietro le quinte, intese segrete e complicità. Ecco la storia poco eroica di una missione fallita.

"La comunità internazionale, in Bosnia, ha tenuto un comportamento immorale. Se essa era in grado di proteggere il più debole e non lo ha fatto, è corresponsabile di tutti i mali accaduti". Il miglior commento sulla resa, sulla disfatta dell'Onu e della Nato di fronte ai massacri di Bihac è venuto in questi giorni drammatici da un principe della Chiesa, un uomo di pace e di valori come il cardinale cattolico di Sarajevo Vinko Puljic. All'accusa lanciata dal pulpito della capitale bosniaca assediata, un giorno, forse, seguirà anche una sentenza, pronunciata dal tribunale della storia. Per ogni crimine commesso saranno indicati i nomi dei colpevoli. Tra quei nomi ve ne saranno anche molti di politici, diplomatici e militari occidentali. La guerra bosniaca, infatti, ha avuto in questi anni aspetti oscuri, vergognosi, sconosciuti al grande pubblico. Storie inconfessabili di complicità e acquiescenza verso gli assassini.

Dal 28 febbraio a oggi, per esempio, la Nato ha condotto sette incursioni aeree contro obiettivi serbi, in Bosnia e in Krajina. Di queste, quattro sono state decise per difendere i caschi blu da possibili minacce e solo tre "per mettere fine" a bombardamenti serbi contro le popolazioni civili. In tutti i casi, tranne i più recenti contro la Krajina (21 e 23 novembre), fonti militari affermano che i serbi sono sempre stati avvisati degli attacchi con qualche ora di anticipo, ufficialmente "per contenere i danni e, se possibile, evitare inutili perdite di vite umane". Di fatto, come dimostrano numerose registrazioni di comunicazioni telefoniche tra ufficiali Onu e serbi in possesso di 'Panorama', quella di avvisare preventivamente i comandi serbi, in questi anni è stata prassi comune dell'Unprofor. Pregiudicando in questo modo ogni possibile effetto deterrente delle incursioni stesse.

Al clima di "rispetto e fiducia" stabilito sul campo tra i comandanti serbi e quelli Onu (i rapporti dei caschi blu francesi e britannici con i musulmani sono invece, da sempre, pessimi), hanno contribuito anche i molti messaggi distensivi scambiati tra gli ufficiali. Ultimo esempio, la lettera "riservata" indirizzata dal capo dell'Unprofor, generale Michael Rose, al comandante serbo bosniaco Ratko Mladic in data 30 settembre 1994. La lettera, pubblicata per estratti e con grande scandalo dal quotidiano 'The Times', contiene le rassicurazioni di Rose sulla sua scarsa propensione a richiedere bombardamenti Nato contro le forze di Mladic. E rivela al grande pubblico il clima cameratesco e di stima esistente tra i due ufficiali: il britannico, convinto fin dall'inizio del suo mandato della ineluttabilità della vittoria serba; e il serbo, responsabile militare di tutte le più sanguinose operazioni di pulizia etnica e dei bombardamenti in corso in quelle stesse ore. "Questi sono tempi difficili per tutti" scrive

Rose "ma noi non dobbiamo permettere che incidenti tattico-locali danneggino il cammino verso la pace". La registrazione di una comunicazione tra Rose e Jovan Zametica, consigliere di Radovan Karadzic, effettuata il 23 novembre 1994, apre invece uno squarcio inedito sul dramma di Bihac. Nella cassetta - ascoltata da 'Panorama' e da un giornalista dell'agenzia Reuter - Rose prega i serbi di non avanzare verso la città e afferma: "Se inseguite le truppe (bosniache, ndr) nell'area protetta, ogni eventuale reazione sarà internazionale e fuori dal mio personale controllo".

Altro aspetto oscuro e particolarmente pericoloso del conflitto è quello delle infiltrazioni dei servizi segreti stranieri tra il personale dell'Onu e delle organizzazioni umanitarie impegnate su tutti i fronti di guerra. In questi anni, 'Panorama' ha raccolto in Bosnia molte testimonianze sulla presenza di militari inglesi e francesi tra gli autisti e i "cooperanti" civili. Uomini con curriculum inequivocabili come quello di Paul Goodall, volontario dell'organizzazione britannica Overseas Development Administration (Oda), ucciso in circostanze misteriose a Zenica il 28 gennaio 1994. Goodall, ex paracadutista di carriera e veterano della guerra del Golfo, fu colpito da sconosciuti mentre viaggiava su una Range Rover, con le insegne civili dell'Onu, in una delle zone più calde della Bosnia centrale sotto controllo musulmano.

La Bbc riportò che, in quell'occasione, due compagni di Goodall scamparono all'agguato "rispondendo al fuoco". La Oda ha recentemente pubblicato sul 'Corriere della Sera' un annuncio in inglese per assumere, dietro alto compenso, "autisti professionisti" da inviare in Bosnia.

Secondo il governo bosniaco, falsi autisti e falsi volontari - di cui a Sarajevo circola una lista di nomi - sarebbero stati utilizzati in questi anni per raccogliere informazioni militari destinate ai comandi Unprofor. Ma i rapporti non sarebbero sempre rimasti nei cassetti. Tra le molte testimonianze raccolte da 'Panorama', vi sono per esempio quelle, di parte bosniaca, registrate nella regione di Tarcin, teatro di violenti scontri tra serbi e bosniaci. Diverse fonti riferiscono di starne e improvvise ricognizioni di "personale umanitario" francese e britannico intorno alle locali batterie di cannoni musulmane. Batterie che, nelle ore successive venivano centrate, con precisione, dall'artiglieria serba.

Se i servizi britannici, francesi e russi vengono sospettati di parteggiare in qualche modo per i serbi, a quelli degli Stati Uniti, che in Bosnia non hanno personale militare Onu, viene invece attribuita una decisa simpatia per i musulmani, cui forniscono assistenza sotto forma di consiglieri militari e fotografie aeree e satellitari delle posizioni serbe. Tra i due "schieramenti" occidentali non corre buon sangue, come testimonia l'episodio avvenuto il 23 ottobre scorso durante la "missione di lavoro" a Sarajevo di Gregory Treverton, vicedirettore del reparto analisi del National Intelligence Council (Cia). All'agente americano l'Unprofor negò ogni forma di assistenza, dall'uso dei fax alla tradizionale scorta blindata per uscire da Sarajevo. E Treverton fu costretto a strisciare sotto le linee serbe, nel fango del tunnel che collega il quartiere assediato di Dobrinja al sobborgo libero di Hrasnica.

Un capitolo decisivo, e particolarmente inquietante, della sporca guerra dei Balcani è quello della presunta rottura dei rapporti politici e militari tra Repubblica di Serbia e serbo-bosniaci decisa dal presidente Slobodan Milosevic, che per questo ha incassato il plauso dell'Occidente e la revoca parziale delle sanzioni internazionali contro Belgrado. La rottura, in realtà non è mai avvenuta, e l'Unprofor e il mediatore britannico Lord Owen, che si è fatto garante della buona fede di Milosevic, ne sono perfettamente a conoscenza. Sono gli stessi rapporti degli osservatori Nato - che 'Panorama' ha ottenuto a Ginevra - a testimoniarlo.

Negli ultimi mesi sono stati registrati sulla Bosnia oltre 2.600 sorvoli di aerei ed elicotteri da trasporto militari provenienti dalla Serbia. E tutto questo in presenza di una risoluzione Onu che stabilisce una "no-fly zone" che impegna i caccia Nato ad abbattere i trasgressori. La registrazione (16 novembre 1994) di un colloquio tra un alto ufficiale serbo di Lukavica (dintorni di Sarajevo) e un comandante dell'esercito jugoslavo di stanza a Subotica (Serbia) chiarisce definitivamente, se necessario, la reale situazione: "Per la prossima offensiva nella zona di Trnovo, procurateci equipaggi volontari per carri T-55, trasporti corazzati, una divisione Pionir con comandante, e squadre di ricognizione. Siamo disposti a offrire paghe fino a 80 dinari jugoslavi (80mila lire, ndr)".

NASTRO D'ACCUSA

'Panorama' è in possesso delle registrazioni di numerose conversazioni riservate tra ufficiali Onu e serbo-bosniaci avvenute negli ultimi due anni di guerra. Il testo che segue è la trascrizione di un colloquio telefonico tra il maggiore francese dell'Unprofor Albinet e il maggiore dei servizi segreti serbo-bosniaci Milenko Indjic, svoltosi alle ore 12,00 del 17 ottobre 1993. Il giorno precedente Sarajevo era stata sottoposta a un pesante bombardamento da parte delle artiglierie serbe.

Albinet - Ho un'informazione per voi...

Indjic - Sì?

Albinet - Ci sono alcuni aerei (Nato, ndr) in arrivo. Voleranno sopra Sarajevo. Ok?

Indjic - A bassa quota?

Albinet - A quota molto bassa. Ok? Ma non abbiate paura.

Indjic - Non conosce l'orario?

Albinet - No, non lo so.

Indjic - Ok.

Segue, alle ore 12,30, una conversazione telefonica tra il maggiore Indjic e il colonnello francese Roger Duburg, capo dello staff Unprofor e vice del comandante in capo, il generale francese André Subirou.

Duburg - Probabilmente ha già ricevuto il messaggio che riguarda gli aerei...

Indjic - Sì, sì.

Duburg - Ok. Allora: è una cosa che non vi riguarda.

Indjic - Ok.

Duburg - Ok?

Indjic - Ok.

Duburg - Ma, attenzione: per favore, state al gioco! Capito? La chiamerò più tardi...

Il giorno 17 gli aerei della Nato sorvolarono effettivamente la capitale della Bosnia-Erzegovina, ma senza colpire alcuna postazione dell'artiglieria serba.

 
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