DOCUMENTO DI LAVORO SULLA FUNZIONE GIURISDIZIONALE
Redattore: On.Enrico FERRI (FE, I)
SOMMARIO: I problemi più importanti del 1996 per quanto riguarda la questione giurisdizionale sono: il fatto che la giuridizione della Corte di Giustizia non sia estesa ai Titoli V e VI del Trattato; la verifica che tutti i Stati-membri hanno adempito alle le decisioni comuni; la verifica del rispetto dei diritti fondamentali negli atti dell'Unione; la natura della Corte di Giustizia e la sua evoluzione verso una corte costituzionale; il fatto che i privati cittadini devono avere il diritto di accedere direttamente alla Giustizia comunitaria; l'applicazione delle sentenze della Corte. (PE, Bruxelles, 20 dicembre 1994)
1. Il sistema di garanzia giurisdizionale della Comunità europea funziona ormai da lungo tempo e con un'efficacia considerata globalmente soddisfacente. Esso si articola su due livelli, quello comunitario, costituito dalla Corte di giustizia e dal Tribunale di prima istanza e quello nazionale, costituito dall'insieme delle giurisdizioni nazionali, nell'esercizio delle loro funzioni ordinarie. Questa articolazione garantisce una puntuale e capillare applicazione del diritto comunitario ed una sua piena integrazione nel diritto degli Stati membri, oltre al rispetto del principio del giudice naturale. Sotto il profilo della coerenza del sistema, poi, assicura un efficace controllo della validità degli atti comunitari ed una considerevole uniformità nell'interpretazione del diritto comunitario. I compiti degli organi giurisdizionali comunitari diversi da quelli relativi ai ricorsi pregiudiziali, riguardano esclusivamente i rapporti interistituzionali, i rapporti delle istituzioni con gli Stati membri e con priva
ti che si trovino in relazione con le istituzioni, e per questi ultimi solo in casi espressamente determinati dai Trattati.
Questo schema non dovrebbe essere rimesso in questione.
Vi sono naturalmente alcuni problemi importanti che i Trattati non hanno efficacemente regolato.
2. Il PE si è pronunciato su questi problemi a varie riprese. Da ultimo ha adottato una risoluzione che prevede in primo luogo che la Corte svolga una funzione di tribunale costituzionale, regolando i conflitti costituzionali in tutti i domini di attività dell'Unione e preservando l'unità del diritto; in secondo luogo, al fine di alleggerire i lavori della Corte, il PE ha proposto di accellerare le procedure pregiudiziali utilizzando il sistema delle due Camere (art.165) e inoltre di conferire loro le competenze già previste dall'art.168A, ivi comprese quelle sulle procedure di ricorso per inadempimento degli Stati membri e quelle intraprese da persone fisiche o morali. Da ultimo il PE deve poter eleggere, insieme al Consiglio, i membri della Corte e fissare, con un atto in codecisione, le questioni relative all'organizzazione interna della Corte che non siano già state stabilite dal Trattato.
3. Il problema principale riguarda il fatto che la competenza della giurisdizione della Corte di giustizia non comprende i settori individuati dai titoli V e VI del Trattato sull'Unione europea; nè, dato il carattere della cooperazione in questi due settori, specie per quel che riguarda la cooperazione giudiziaria e in materia di affari interni, consente un soddisfacente controllo da parte delle giurisdizioni nazionali. Le questioni sono di tre tipi.
Vi è, in primo luogo, il problema del controllo delle procedure decisionali. In effetti, specie nel settore della politica estera e di sicurezza, le disposizioni del Trattato in materia di procedure sono piuttosto generiche e, spesso, non sfociano in atti giuridici suscettibili di un vero controllo giurisdizionale. Tuttavia il problema si pone in aluni casi e si porrà in modo più accentuato se queste procedure saranno modificate e se il loro campo di applicazione sarà esteso come del resto previsto dal Trattato stesso.
Vi è poi il problema del controllo del rispetto delle decisioni comuni da parte degli Stati membri. La questione, date le materie, è senz'altro delicata, ma delle due l'una: o gli Stati accettano di fare una politica estera e di sicurezza comune e, dunque, assumono l'obbligazione di rispettare le decisioni comuni, con la relativa possibilità di controllo giurisdizionale della loro osservanza, oppure considerano che gli impegni in materia hanno puro carattere politico o morale, con la conseguente mancanza di un vera politica comune. Analogo discorso vale per la cooperazione in materia di affari giudiziari ed interni, con la differenza che il controllo del rispetto delle decisioni comuni, contenute nelle convenzioni può, in parte essere definito dalle convenzioni stesse.
Il terzo problema riguarda il controllo della legittimità, sotto il profilo del rispetto delle norme del Trattato e, in particolare del rispetto dei diritti fondamentali degli atti dell'Unione. In materia di politica estera il problema è lenito, ma non risolto, dal fatto che molte delle decisioni prese sfociano in atti propriamente comunitari, controllabili dal giudice comunitario o nazionale, che, dunque, indirettamente può esercitare una sorta di controllo. Ma nel settore della cooperazione in materia di affari interni il problema risalta in tutta la sua gravità: in tutti i casi in cui un'attività a carattere esecutivo non sfocia in un procedimento giudiziario, essa è sottratta a qualsiasi controllo giurisdizionale. L'esempio più clamoroso riguarda l'attività informativa di EUROPOL.
4. Il secondo aspetto riguarda la natura della Corte di giustizia. Attualmente essa ha un carattere ibrido, poichè si presenta per certe materie come giudice di merito, per altre come giudice di legittimità e, per altro verso, come supremo giudice costituzionale. La conseguenza è una considerevole massa di lavoro che comporta, talora, significativi ritardi. Accanto a quetso problema, vi è quello di consentire - a condizioni determinate - alla Corte di giustizia di dare pareri di legittimità nel corso di procedure comunitarie. Oggi infatti, nonostante lo sforzo della Corte di considerare completo il sistema di protezione giurisdizionale - peraltro in parte recepito all'art. 173 CE dal Trattato del 1992 - restano, in ragione del carattere barocco di talune procedure, ambiti nei quali le istituzioni non hanno mezzi per tutelare i rispettivi diritti. Per esempio, nel corso della procedura di codecisione il Consiglio e, soprattutto, il Parlamento non hanno modo per tutelarsi contro i comportamenti presunti illegi
ttimi dell'altra istituzione, se non arrestando traumaticamente la procedura. Infatti, l'atto finale non può essere oggetto di ricorso un'istituzione coautrice e gli atti intermedi non sembrano neanche poterlo essere.
In altri termini, bisognerebbe rivedere alcuni dei compiti della Corte, cercando di diminuirne la mole di lavoro in quanto organo di giurisdizione ordinaria, e rafforzarne il ruolo di regolatore giurisdizionale del sistema istituzionale, proprio di una Corte costituzionale. Questo processo che si può compiere, da un lato, migliorando alcune disposizioni relative alla Corte stessa e, dall'altro, trasferendo alcune delle sue responsabilità al tribunale di prima istanza eventualmente rinforzato. Va però precisato che tale trasferimento non può interessare tutto ciò che è controllo costituzionale, poichè è necessario che l'interpretazione uniforme del diritto comunitario continui a spettare alla Corte di grado più elevato. Inoltre, le sentenze del tribunale di primo grado dovrebbero restare soggette al controllo di legittimità della Corte di giustizia. Inoltre si potrebbe preconizzare un ruolo più attivo dell'Avvocato generale, il quale, in casi determinati e di fronte all'inerzia delle istituzioni deputate o in
caso di evidenti disfunzioni del sistema istituzionale o delle relazioni fra Stati membri, dovrebbe poter agire d'iniziativa al fine di ripristinare il rispetto delle norme o di mettere termine a situazioni istituzionali giuridicamente inammissibili.
5. Vi è poi la questione dell'accesso diretto dei cittadini alle giurisdizioni comunitarie. Oltre alle possibilità attualmente definite dai Trattati, è stata avanzata, nel corso di dibattiti parlamentari, la proposta di consentire ricorsi diretti per l'annullamento di atti normativi comunitari a carattere generale e ricorsi dei privati contro comportamenti degli Stati in conflitto col diritto comunitario. Accanto a queste proposte vi è quella da tempo ricorrente di ammetter il ricorso diretto alla Corte per ottenere il rispetto di diritti fondamentali. Quest'ultimo problema sarà trattato nel paragrafo successivo.
Per il resto, l'attribuzione di una più ampia facoltà di ricorso individuale alle istanze giudiziarie comunitarie va analizzato criticamente. Per un verso, il ricorso diretto alla Corte avrebbe di distogliere il cittadino dal suo "giudice naturale", non tanto perchè non sia ammissibile una giurisdizione comunitaria con compiti precisi e legati alla necessità di un controllo centrale del rispetto del diritto comunitario, quanto perchè in tal modo verrebbero, in ragione dell'estensione del diritto comunitario rinviati ad un controllo di livello comunitario vastissimi settori della vita sociale. Così, si rischia di mettere in causa il ruolo del giudice naturale che, guidato dalle interpretazioni pregiudiziali della Corte di giustizia, conosce sia le interrelazioni fra diritto comunitario e diritto dell'ordinamento nazionale nel quale opera sia la situazione ambientale nella quale esercita il suo ministero. Per altro verso, il cittadino, per via diretta per atti che lo concernono direttamente o per via pregiudiz
iale anche per atti a carattere normativo generale ha sempre modo di promuovere una pronuncia della Corte. Nondimeno l'art. 177 andrebbe rafforzato per garantire che, almeno su istanza di una parte privata, il giudice nazionale di qualunque grado abbia l'obbligo del ricorso pregiudiziale.
Il ricorso a questo articolo, tuttavia, causa alle parti del processo costi alquanto elevati. Questa circostanza è palesemente in conflitto con la funzione propria dell'art 177, che è quella di rispondere all'interesse generale di chiarezza e di certezza del diritto, indipendentemente da quelli di cui sono titolari le parti del giudizio principale. Le spese eccessive causate da una procedura pregiudiziale dovrebbereo essere a carico degli Stati o dell'Unione; viceversa, nel concreto, si incoraggiano le parti di un processo ad evitare il ricorso pregiudiziale, la cui utilità generale è, invece, fuori dubbio. Tali ricorsi potrebbero, in una riforma da definire, essere coordinati da un "giudice europeo" di carattere nazionale, permanente, avente il compito di seguire l giurisprudenza della Corte e di indirizzare, senza mettere in causa l'autonomia del giudice di merito, la giurisprudenza nazionale in materia.
6. La questione della salvaguardia dei diritti fondamentali riguarda il sistema di protezione dell'Unione, nonchè la questione dell'adesione ad atti internazionali. Sotto il primo profilo - ma questa è materia estranea a questo documento di lavoro - forza è di costatare che, eccetto il recente e generico articolo F del Trattato sull'Unione europea, quest'ultima non dispone di un quadro di tutela dei diritti fondamentali del medesimo livello di quello degli Stati membri, al punto che, sollecitata dai giudici costituzionali degli Stati membri, la Corte di giustizia ha dovuto creare una sorta di diritto giurisprudenziale che le permette di controllare gli atti comunitari dal punto di vista del rispetto dei diritti fondamentali. Sotto il secondo profilo, si discute l'eterno problema dell'adesione dell'Unione (o della Comunità) alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti fondamentali. Senza entrare nel merito dei complessi problemi giuridici che questa decisione solleverebbe, è certo che una tale adesion
e - specie avendo riguardo ai mezzi di ricorso, s'imporrebbe per rendere la tutela dei diritti fondamentali rispetto agli atti dell'Unione pari a quella che esiste nei confronti degli Stati membri.
Per completezza, resta da sottolineare il fatto che se non si aderisce all'idea dell'estensione del controllo giurisdizionale comunitario ai settori della PESC e degli Affari interni e giudiziari, sarà necessario prevedere almeno un sistema di tutela del rispetto dei diritti fondamentali in questi settori delicatissimi.
Un'ultima questione riguarda la possibilità dei privati di appellarsi direttamente alla Corte di giustizia contro atti comunitari (o dell'Unione) lesivi di diritti fondamentali, anche quando manchi l'interesse diretto e in aggiunta alle altre procedure. Una tale innovazione dovrebbe, naturalmente essere completata dall'istituzione di una procedura di filtro, che eviti una pletora di ricorsi abusivi.
7. Infine, resta da affrontare il problema dell'esecuzione delle sentenze della Corte:
- nei confronti delle giurisdizioni nazionali, in seguito ad una pronuncia pregiudiziale della corte di giustizia (per esempio: attribuire un potere di cassazione alla Corte di giustizia); questo tema va affrontato con notevole prudenza; una valutazione della sua opportunità politica e giuridica si impone: è opportuno esercitare al livello comunitario un sindacato sulle pronunce nazionali, frutto di sistemi generalmente equilibrati e sperimentati? Il vantaggio dell'interpretazione uniforme giustifica il difficile impatto politico di una simile traumatica decisione?
- nei confronti degli Stati che non eseguono le sentenze della Corte di giustizia; si tratta di verificare in quale misura l'articolo 171 del trattato CE, modificato, è sufficiente a rafforzare l'efficacia della sentenze; l'assenza di una prassi di applicazione di questa recente disposizione non permette una seria valutazione della sua efficacia.
8. Conclusioni.
I temi sul tappeto sono certamente numerosi e delicati; alcuni di essi faranno probabilmente oggetto del negoziato nella conferenza intergovernativa del 1996. in questa fase mi sembra che il Parlamento debba pronunciarsi unicamente sui seguenti temi:
- confermare l'articolazione fra giurisdizioni comunitarie e nazionali;
- sollevare il problema dell'accentuazione del ruolo costituzionale della Coret di giustizia;
- insistere - fatto salvo il ruolo dei giudici nazionali - per l'estensione, perlomeno per quel che riguarda i diritti delle persone, della piena tutela giurisdizionale nei settori della politica estera e di sicurezza comune e della cooperazione giudiziaria e in materia di affari interni.