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Archivio federalismo
Jadrejcic Tamara, Manzi Silvja - 31 dicembre 1994
Processo a Milosevic: preparazione alla guerra (3)

MILOSEVIC PREPARA I SERBI ALLA SUA GUERRA

a cura di Tamara Jadrejcic e Silvja Manzi

SOMMARIO: In questo capitolo viene analizzato, attraverso dichiarazioni, atti e decisioni politiche di Milosevic, la preparazione "psicologica" del popolo serbo alla guerra contro la Slovenia, la Croazia e la Bosnia.

- 20 ottobre 1988 - la conclusione della 17· riunione del Comitato Centrale della Lega dei comunisti della YU

- 21 ottobre 1988 - Milosevic visita le fabbriche di Rakovica, in questa occasione dichiara: "Finché dai posti dirigenti non se ne andranno quelli che hanno messo discordia tra i popoli e le nazionalità jugoslave, non potremo uscire dalla crisi nella quale ci troviamo. (...) La cosa più importante è che all'unanimità sono state approvate le conclusioni che rendono possibili i cambiamenti al sistema politico, prima di tutto alla Costituzione, con i quali si risolveranno più presto i problemi del Kosovo. (...) Il grande processo di democratizzazione è cominciato e non sarà fermato. Il più forte appoggio a questa democratizzazione è la classe operaia. La classe operaia vincerà la battaglia con il conservatorismo e le forze burocratiche e questo sarà l'inizio della soluzione della crisi..."

- 28 giugno 1989 - il meeting a Gazi Mestan (Kosovo) per i 600 anni della battaglia del Kosovo Polje (giornali di Belgrado parlano di 2 milioni di persone); comizio di Slobodan Milosevic: "(...) anche quando è stata costituita la Jugoslavia socialista, i massimi dirigenti serbi sono rimasti divisi, facili ai compromessi, danneggiando il proprio popolo... cose che nessun altro popolo al mondo potrebbe accettare né storicamente, né eticamente. (...) Il fatto che su questi territori rappresentiamo un popolo grande non è un peccato serbo o una vergogna, ma un vantaggio che loro non usavano contro gli altri (v.c.t.). (...) L'eroismo del Kosovo, già da sei secoli, ispira la nostra creatività, alimenta il nostro orgoglio, non ci fa dimenticare che una volta eravamo un esercito grande, coraggioso e orgoglioso, uno dei pochi che anche nella perdita non era sconfitto. Oggi, sei secoli dopo, ci troviamo di nuovo nelle battaglie e davanti alle battaglie. Queste non sono armate, anche se non dobbiamo escludere nemmeno qu

elle."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 29-6-89)

- 6 febbraio 1990 - dall'intervento di Milosevic durante la seduta della Presidenza serba

"Inoltre, la rabbia nel cuore di ogni cittadino della Serbia è provocata dall'appoggio al clima di terrore in Kosovo da parte della Slovenia e della Croazia, cioè da quelli che più fortemente si impegnano per la democrazia, la libertà dell'uomo e del cittadino, per l'accesso all'Europa unita (M. usa il termine 'Europa unita' in senso molto astratto, quasi per dire 'mondo sviluppato e ricco', ndt). (...) Quest'ipocrisia oggi è evidente e ci ha liberato dall'ultima illusione che abbiamo a che fare con gente di buone intenzioni o con dei compagni.

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 6-2-1990)

- 11 maggio 1990 - la visita di Milosevic alla fabbriche di Pancevo; da uno dei suoi comizi:

"Gli appelli che richiamano agli scontri e alla vendetta non sono altro che l'invito alla guerra civile. Di giorno in giorno siamo testimoni di un'esplosione di primitivismo e sciovinismo violento da parte dei rappresentanti di alcuni partiti politici. Anche se questi loro partiti non si sono ancora costituiti e registrati, loro già minacciano i comunisti, gli altri popoli e altre etnie. (...) Lo Stato di Serbia non permetterà mai questo tipo di comportamento selvaggio sul suo territorio da Dragas a Horgos. Inoltre, non staremo con le mani in mano se ci sarà qualsiasi violenza contro il popolo serbo fuori dalla Serbia. (...) Ci spiace vedere che alcune Repubbliche della nostra Jugoslavia, che ha perso più di due milioni di suoi cittadini nella lotta per la libertà e la democrazia alle elezioni, vengono "tutelate" da alcuni rappresentanti di Stati stranieri. (...) Adesso è in scena l'affermazione delle idee e delle prassi cominciate con l'8· sessione, nell'autunno '87, e continuate con i cittadini per le stra

de di Novi Sad nell'ottobre '88. (...) La Serbia è il primo paese socialista che ha cominciato con il programma delle grandi riforme sociali. La prima che si è scontrata con il burocratismo e l'opportunismo tra le proprie file. La prima nella quale il popolo e i dirigenti si sono trovati insieme per la riforma. La prima che ha scelto una nuova fase di socialismo come una società ricca e democratica. L'ondata dei grandi e positivi cambiamenti sociali è partita dalla Serbia. Dunque, noi non abbiamo da chi imparare, gli altri potrebbero imparare da noi, se sono in grado.

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 11-5-1990)

- luglio 1990 - il meeting a Srb (Croazia) dei serbi della Croazia che cominciano la loro resistenza

- 18 luglio 1990 - costituito il Partito socialista serbo (eletto presidente S. Milosevic); dall'intervento di Milosevic: "Questo Partito potrà portare prosperità alla società se saprà riconoscere le posizioni e le critiche dei lavoratori, dei contadini e degli intellettuali, le idee dalle nostre università, tra le quali molte, come per esempio l'Università di Belgrado, anche nel passato, esprimevano lo spirito più progressivo e più critico.

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 18-7-1990)

- 2 settembre 1990 - referendum sull'autonomia dei serbi in Croazia (si proclamano, per la quasi totalità, per la congiunzione alla Serbia)

- settembre 1990 - i primi incidenti a Knin (serbi in Croazia)

- 2 novembre 1990 - la visita di Milosevic ai minatori di Bor; dal suo comizio:

"La Serbia è per una Jugoslavia come comunità federativa per più ragioni. Primo, perché i serbi vivono in varie parti della Jugoslavia e vogliono vivere in uno Stato. (...) Non permetteremo la violenza sulle parti del popolo serbo fuori dalla Serbia. E se pure si troveranno delle forze pronte a fare ciò, dovranno prendersi le responsabilità per le conseguenze. (...) Ma, la Serbia è per la Jugoslavia come comunità federativa anche perché le forze progressive in Serbia sono convinte che la Jugoslavia come Stato federativo è nell'interesse della maggioranza dei cittadini jugoslavi."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 2-11-1990)

- 28 febbraio 1991 - la Krajina proclama la separazione dalla Croazia

- 2 marzo 1991 - incidente serbo-croato a Pakrac, la minoranza serba occupa alcuni edifici pubblici e si impossessa di armi, scontri a fuoco con la milizia territoriale croata e intervento dei cingolati federali

- 20 marzo 1991 - dall'intervento di Milosevic all'incontro con gli studenti di Belgrado:

"Non è possibile che nella cosiddetta democrazia si esprimano a pari merito gli interessi dell'SDS (Partito democratico serbo) e l'HDZ (Comunità democratica croata), se l'HDZ è armata con 80.000 kalashnikov, mentre l'SDS nelle sue mani non ha niente fuorché la volontà politica e il diritto legittimo del popolo serbo di rimanere nella Jugoslavia. Dal nostro punto di vista è accettabile, nel momento in cui il vertice statale, cioè lo Stato di Jugoslavia, rifiuta o non ha la forza di disarmare le formazioni paramilitari, lasciare il nostro popolo inerme? Io li ho informati del fatto che se non sono in grado di disarmare le formazioni paramilitari, noi non accetteremo nessuna importazione illegale di armi, ma ci armeremo."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 20-3-91)

- 31 marzo 1991 - i primi incidenti mortali a Plitvice (Croazia)

- 12 aprile 1991 - "(...) signori, con l'applicazione della nostra formula confederale, il popolo serbo sarebbe diviso e questo problema diventerebbe insopportabile perché 3.000.000 di serbi rimarrebbero a vivere fuori dalla Serbia, e noi non siamo una nazione di 300 milioni per cui 3.000.000 sono per noi un numero marginale. Noi, anche se siamo il popolo più numeroso della Jugoslavia, siamo un popolo piccolo, perciò questa parte di 3.000.000 per noi non rappresenta un numero marginale, né in ogni modo accetteremo che essi vengano portati in qualche Stato indipendente sovrano e diventare lì una minoranza etnica...

(...) Noi dobbiamo assicurare l'unità della Serbia se vogliamo come repubblica più grande, più numerosa, dettare il futuro svolgimento degli eventi. E queste sono le questioni dei confini, che sono questioni fondamentali, statali. E i confini, come già sapete, sono sempre dettati dai forti, mai dai deboli. Dunque, la cosa essenziale è che dobbiamo essere forti. E per essere forti, dobbiamo essere uniti su questi nostri interessi nazionali...

(...) Io già ieri ho ordinato la mobilitazione del corpo di riserva della polizia. Inoltre, l'impegno e la formazione di nuove forze della polizia, e il governo che ha avuto il compito di preparare determinate formazioni che ci daranno sicurezza in ogni caso, ci renderanno capaci di difendere gli interessi della nostra repubblica ed anche gli interessi del popolo serbo fuori dalla Serbia... Ero in contatto con i nostri a Knin e in Bosnia, ci sono enormi tensioni. (...)

(Segue la risposta alla domanda - qual'è la strategia della Serbia se la Jugoslavia si disintegrerà?)

Se dovremo combattere, combatteremo. Ma spero che non siano così pazzi da combattere contro di noi. Perché se non sappiamo lavorare bene, almeno sapremo combattere bene (applauso).

(...) E' vero che gli sloveni vogliono andarsene. E' vero che i croati vogliono andarsene. Ma penso che non si deve parlare di musulmani. Penso che i musulmani non abbiano interesse ad uscire dalla Jugoslavia."

(dal settimanale NIN di Belgrado, 12-4-91)

- 29 aprile 1991 - l'armata federale occupa il villaggio croato di Kijevo (20 km da Knin)

- 2 maggio 1991 - massacro dei poliziotti croati (12) a Borovo Selo (il quartiere generale contro Vukovar), almeno 20 le vittime tra gli aggressori

- 3 maggio 1991 - a Zara assaltati i negozi serbi

- 6 maggio 1991 - manifestazione a Spalato contro il blocco di Kijevo, 1 soldato federale ucciso

- 10 maggio 1991 - la dichiarazione di S. Milosevic alla TV di Belgrado:

"(...) Perché gli scontri sanguinosi e gli atti di terrorismo di Stato sui serbi in Croazia fanno parte della conquista violenta e non costituzionale dell'autonomia e dell'indipendenza della Repubblica in relazione con la Jugoslavia e con l'abolizione della Jugoslavia. (...) Perciò la violenza che in questi giorni è stata espressa dalle forze della Repubblica di Croazia e le vittime che ci sono state, nelle circostanze di un accordo politico già raggiunto sulla via pacifica e democratica della soluzione della crisi, deve rappresentare un ammonimento tragico per tutti quelli che cercano una soluzione nella violenza. Perché quelli che lo fanno devono sapere che la libertà va difesa con tutti i mezzi e che la Serbia e il popolo serbo sono capaci di difendere la propria libertà. (...)"

(dal quotidiano Borba di Belgrado, 10-5-1991, pag. 3)

- 12 maggio 1991 - referendum in Krajina per restare nella Jugoslavia

- 6 giugno 1991 - dall'intervento di Milosevic al Parlamento serbo:

"(...) la questione del referendum in Krajina e della decisione di rimanere in Jugoslavia: questo referendum rappresenta l'espressione della volontà del popolo che deve essere rispettata nel modo costituzionale e nell'ambito delle istituzioni jugoslave. E poi abbiamo detto che la Serbia rispetta il diritto del popolo sloveno all'autodeterminazione, cioè il popolo sloveno può da solo decidere sul proprio destino e sempre, sia allora che oggi, abbiamo sottolineato che questo si può fare in modo legale cioè in modo da rispettare la legalità e la continuità della Jugoslavia e i cambiamenti della Costituzione federale, nel modo in cui lo determina la Costituzione che è in vigore."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 6-6-91)

- 25 giugno 1991 - indipendenza di Slovenia e Croazia, il Parlamento federale definisce tali atti "unilaterali e illegali"

- 27 giugno 1991 - l'intervento dell'esercito federale in Slovenia ("guerra doganale", l'obiettivo è di compromettere il premier Markovic agli occhi dell'opinione pubblica mondiale)

- 27 giugno 1991 - si combatte a Ljubljana dove entra in vigore il coprifuoco

- 2 luglio 1991 - il generale Adzic, il capo di Stato maggiore federale, dichiara ufficialmente lo stato di guerra

- 6 luglio 1991 - in un'inaspettata 'diretta TV' Milosevic sollecita l'orgoglio del suo popolo promettendo nel futuro una "Jugoslavia felice"; "siate pronti a difendervi e non accarezzate il sogno che la guerra non ci sarà"; poi ha aggiunto che la difesa spetta in primo luogo all'esercito federale, in secondo alle unità territoriali; se della Slovenia si può fare a meno "la Jugoslavia si svilupperà con maggior successo senza coloro che hanno deciso di abbandonarla", per la Croazia è diverso perché abitata anche dai serbi

(dall'ANSA 1991, 6-7-1991)

- 7 luglio 1991 - dalla dichiarazione speciale di Milosevic:

"I difficili giorni che ci aspettano sono minacciati dalla guerra... (...) Perciò mi rivolgo ai cittadini della Serbia prima di tutto per dire loro che è necessario che tutti siano pronti per difendere il paese. Perché la Serbia non si potrà proteggere dalla guerra, alla quale può essere sottoposta, se non sarà pronta per la guerra, cioè se si lascierà addormentare dall'idea che la guerra non ci sarà. La sua prontezza per adesso deve esprimersi prima di tutto nell'ambito della JNA (Esercito popolare jugoslavo, ndt) e in secondo luogo nell'ambito della propria forza armata composta dalle unità della TO (Difesa territoriale, ndt) della Serbia, che sono pronte in qualsiasi momento ad assumere il compito di difendere la Repubblica di Serbia. Le forze della Difesa territoriale della Serbia sono equipaggiate modernamente e come numero e addestramento superano di molto le forze simili fuori dalla Serbia incluse le loro formazioni paramilitari."

(dal quotidiano Politika di Belgrado 7-7-91)

- luglio 1991 - numerosi attacchi degli irregolari serbi, con l'appoggio dell'esercito federale, in molte regioni della Croazia

- 23 luglio 1991 - appello di Tudjman alla nazione: "Dobbiamo prepararci alla guerra totale"

- 2 agosto 1991 - massacro dei croati a Dalj (80 morti)

- agosto 1991 - attacco massiccio dell'esercito federale in Slavonia Occidentale

- 3 agosto 1991 - la presidenza ordina il cessate-il-fuoco, Mesic vota contro

- 7 agosto 1991 - intervista di Slobodan Milosevic alla "Sky Network":

"(...) C'è il primo esempio dopo la seconda guerra mondiale quando qualcuno ha armato una delle parti. Questo è successo in Croazia: qualcuno ha cominciato a favorire un attacco paramilitare verso tutti i villaggi serbi e piccole città di questa Repubblica. Questo successe 50 anni fa in questa nazione e (...) nel cosiddetto Stato Indipendente Croato nella seconda guerra mondiale ci fu un genocidio verso i serbi; solo in un campo di concentramento a Jasenovac furono uccisi più di 70.000 serbi, ebrei, zingari e così via. Ora, noi stiamo fronteggiando qualcosa di simile. (...) Non è il confronto tra la Repubblica serba e la Repubblica croata. E' il confronto tra le autorità croate e la popolazione serba. E' una specie di stato di terrore sulla popolazione serba in Croazia; attaccano tutto il tempo e bombardano con 120 granate i villaggi, hanno cominciato a massacrare la gente. Hanno massacrato un contadino in un villaggio di Mirkovci. Abbiamo ricevuto, credo, l'informazione che una donna è stata massacrata un p

aio di giorni fa in Krajina. Chi può immaginare qualcosa di simile alla fine del 20· secolo? (...) Li stiamo aiutando (serbi di Croazia, ndc) in termini di cibo, assistenza sanitaria, soldi ecc. Molte cose le facciamo per loro, ma loro difendono le proprie case e nessun gruppo organizzato serbo è, in nessun modo, in questi territori. (...)"

- 23 agosto 1991 - Tudjman lancia l'ultimatum all'Armata; se non cessa di appoggiare le formazioni irregolari serbe, la sua presenza in Croazia sarà considerata un'occupazione

- 26 agosto 1991 - comincia l'attacco contro Vukovar, gli scontri toccano la costa dalmata

- 10-13 settembre 1991 - sulle coste dalmate morti e feriti a Sibenico, Spalato, Dubrovnik, Fiume e Zara assediata

- metà settembre 1991 - assalto croato contro le caserme dell'esercito

- 17 settembre 1991 - l'esercito federale blocca i porti dalmati

- 17 settembre 1991 - firmato il cessate-il-fuoco tra croati e serbi con la mediazione di Lord Carrington

- 1 ottobre 1991 - l'esercito federale bombarda Zara e Dubrovnik

- 5 ottobre 1991 - dalla dichiarazione di Milosevic alla TV di Belgrado:

"Noi, qui all'Aja, abbiamo avuto l'occasione di dimostrare proprio quelle norme della Costituzione jugoslava che autorizzano la Presidenza a lavorare in modo da non essere bloccata. Nessuno è stato estromesso dalla Presidenza, ma è anche vero che nessuno può attuare un ostruzionismo nei confronti della Presidenza con la politica della 'sedia vuota', con la non partecipazione alle sedute."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 5-10-91)

- 6 ottobre 1991 - i serbi sono a Pokupsko (30 km da Zagreb)

- 6 ottobre 1991 - dalla dichiarazione di Milosevic dopo la Conferenza dell'Aja:

"(...) vorrei sottolineare la necessità di rispettare del tutto la posizione costituzionale della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina, secondo la quale, lo status di questa repubblica si può decidere solo con il consenso dei tre popoli equiparati e costitutivi che vivono lì. (...) E' ora di capire che l'insistere con il fatto che i serbi, che vivono nelle due regioni serbe, rimangono sotto la sovranità delle autorità croate è senza alcun senso per la realtà e la responsabilità per le conseguenze di una tale soluzione, che non tiene conto del continuato genocidio."

(dal quotidiano Politika, Belgrado 6-11-91)

- 7 ottobre 1991 - due Mig bombardano il Palazzo presidenziale a Zagreb

- metà ottobre 1991 - l'assedio di Dubrovnik

- 26 ottobre 1991 - l'esercito federale intima ai difensori croati di abbandonare Dubrovnik

- 17 novembre 1991 - la caduta di Vukovar dopo 91 giorni d'assedio

- 6 dicembre 1991 - i bombardamenti danneggiano il centro di Dubrovnik

- 21 dicembre 1991 - bombardata l'Istria, 2 Mig sganciano ordigni sull'aeroporto di Orsera

- 25 dicembre 1991 - assediata Osijek

- 29 dicembre 1991 - 6 missili cadono alle porte di Zagreb

- 3 gennaio 1992 - 15· cessate-il-fuoco, si fermano i combattimenti in Croazia

- 7 gennaio 1992 - i Mig federali abbattono un elicottero degli osservatori CE vicino a Varazdin

- 27 febbraio 1992 - la dichiarazione di S. Milosevic al Parlamento:

egli accusa la "destra radicale" di Croazia e Slovenia di aver causato la crisi con la scelta di "indipendenza violenta e unilaterale. Il presidente croato Franjo Tudjman ha trattato i serbi in Croazia come cittadini di secondo rango"

(dall'ANSA 1992, 27-2-1992)

"I serbi hanno reagito a questa cosa energicamente, velocemente e in modo organizzato. La Repubblica di Serbia ha aiutato il popolo serbo su questi territori soprattutto materialmente: con denaro, viveri, vestiti, medicinali; poi, politicamente, nelle istituzioni jugoslave e internazionali e nei numerosissimi contatti con i dirigenti croati a tutti i livelli; e alla fine, quando tutto ciò non è stato sufficiente, anche in armi: prima di tutto con un forte appoggio e con gli obblighi che la Serbia aveva verso l'Armata Popolare Jugoslava nello svolgimento della sua funzione costituzionale, ma anche con un grande numero di volontari che dalla Serbia sono partiti al fronte in Croazia. (...) I cittadini della Serbia hanno dato un appoggio generale al ripristino della pace. Così quelli che sono stati mobilitati potranno tornare alle loro case, famiglie e lavoro, la Serbia finalmente potrà occuparsi dei suoi problemi interni, soprattutto quelli economici. (...) La Jugoslavia rappresenta un progetto di Stato che qua

si in modo ideale risolve la questione nazionale serba perché riunisce il maggior numero dei serbi in uno Stato. Questa è la ragione per la quale il popolo serbo ha dato preferenza alla Jugoslavia, invece che allo Stato indipendente serbo."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 28-2-1992)

- 29 febbraio 1992 - le prime barricate a Sarajevo

- 6 aprile 1992 - inizia l'assedio di Sarajevo

- 8 aprile 1992 - Izetbegovic dichiara lo stato d'emergenza in Bosnia-Erzegovina

- aprile-giugno 1992 - massacri in tutta la Bosnia

- 8 maggio 1992 - dall'incontro di Milosevic con Marc Goolding, sottosegretario delle NU per le operazioni di pace:

"(...) in questo momento io posso garantire che le autorità della Repubblica di Serbia controllano al cento per cento il proprio confine e che assolutamente non è possibile che qualsiasi gruppo armato o singola persona sia mandata dal territorio della Serbia in qualunque parte al di fuori del suo territorio."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 8-5-92)

- 13 maggio 1992 - dall'intervista di S. Milosevic al "Corriere della Sera": ??? (v.c.t.)

- 29 maggio 1992 - dall'intervista di Milosevic alla TV serba:

"Vorrei ricordare che noi dall'inizio della crisi in Bosnia ed Erzegovina ci siamo impegnati affinché i rapporti in questa repubblica venissero fondati sul consenso e sull'uguaglianza di tutti e tre i popoli."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 29-5-1992)

- giugno 1992 - intervista di S. Milosevic sul "New York Times":

"(...) Non possiamo dire di essere d'accordo a ritirare il nostro esercito dalla Bosnia quando l'abbiamo già fatto (...)."

(dall'ANSA 1992, 6-6-1992)

- 25 giugno 1992 - intervista a Milosevic per la CNN:

"E' assolutamente fuori dalla realtà e dalla ragione che la Serbia abbia compiuto un'aggressione contro la Bosnia-Erzegovina, non abbiamo un solo soldato sul - suo - territorio. (...) So bene che dobbiamo aiutare la nostra gente, ma non appoggiamo nessuna azione militare in Bosnia-Erzegovina (...) in Bosnia-Erzegovina non è un'aggressione della Serbia, è una guerra civile. (...) Se dicessi che sono abbastanza potente per causare questi sanguinosi disordini, ciò potrebbe essere interpretato come megalomania o qualcosa del genere."

(dall'ANSA 1992, 25-6-1992)

- 27 giugno 1992 - dall'intervista di S. Milosevic alla TV greca "Antenne":

Milosevic non è d'accordo con l'opposizione serba che ritiene che le sue dimissioni "cambierebbero del tutto" le posizioni della comunità internazionale verso la Jugoslavia e la Serbia

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 27-6-92)

- 20 luglio 1992 - intervista di S. Milosevic su "Le Figaro":

"Si tratta di una guerra civile tra la comunità croata, quella musulmana e quella serba della Bosnia, ma la Serbia non c'entra niente. (...) Tutto è iniziato a causa della politica avventuristica dei dirigenti musulmani che hanno visto nello smembramento della Jugoslavia la possibilità di creare in Bosnia uno Stato islamico. (...)"; ai politici che lo accusano di essere l'aggressore dice che "sono male informati"

(dall'ANSA 1992, 20-7-1991)

- agosto 1992 - si scoprono i primi lager in Bosnia

- 13 agosto 1992 - il Consiglio di sicurezza delle NU autorizza anche l'uso della forza militare per assicurare i rifornimenti di viveri e medicinali in Bosnia e ordina ispezioni nei campi di prigionia dei serbi

- 25-27 agosto 1992 - Conferenza di pace a Londra, Karadzic promette di chiudere i lager e di consegnare le armi pesanti

(l'impegno non sarà mantenuto)

- 3 settembre 1992 - un aereo militare italiano, in volo da Spalato a Sarajevo, viene abbattuto da 2 missili terra-aria

- 23 gennaio 1993 - dichiarazione di Milosevic dopo la Conferenza di pace a Ginevra:

Milosevic si è detto a favore dell'"uguaglianza tra i popoli" della Bosnia-Erzegovina e per "una vera pace", ha accusato i croati per "l'attacco criminale in una zona protetta dall'ONU e agli attacchi altrettanto criminali degli estremisti musulmani contro i territori serbi" (...) "i signori della guerra che, mentre la pace sembra avvicinarsi, accendono nuovi fuochi di guerra". Ha concluso: "Spero che la comunità internazionale e il Consiglio di Sicurezza in particolare, intervengano con decisione per mettere fine a queste azioni aggressive e criminali."

(dall'ANSA 93, 23-1-93)

- 21 febbraio 1993 - dall'intervista di Milosevic alla "Pravda" di Mosca: "L'attacco dell'esercito croato alla Krajina serba, che si trova sotto la protezione delle Nazioni Unite, è stato eseguito proprio durante la Conferenza di Ginevra, quando dovevano essere firmati gli accordi. Nello stesso tempo sono cominciati gli attacchi delle forze musulmane in Bosnia ed Erzegovina. Il comportamento di Alija Izetbegovic ha un solo obiettivo: provocare l'intervento internazionale. (...) In Croazia si è istallato un regime totalitario-sciovinista. La cosa è cominciata con la vittoria della Comunità democratica croata (l'HDZ) che ha cominciato ad armarsi. (...) Le sanzioni contro di noi sono il 'prezzo' che dobbiamo pagare per la solidarietà che dimostriamo ai serbi fuori dalla Serbia. Come si può lasciare il proprio popolo senza aiuto e proprio nel momento in cui ne ha tanto bisogno."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 21-2-1993)

- 1 marzo 1993 - dall'intervista di Milosevic al quotidiano turco Hurriyet:

"Da quanto ne so io, su tutto il territorio controllato dalle forze serbe in Bosnia ed Erzegovina non è stato solo permesso ai convogli umanitari di passare, ma sono stati anche accompagnati per evitare qualsiasi possibilità di minacce contro di loro. (...) Esistono prove che in alcuni pacchi di aiuti umanitari c'erano armi e queste prove sono in possesso degli organi della Repubblica serba (di Bosnia, ndt), se siete interessati potete averle. (...) La guerra civile non rappresenta la soluzione dei problemi in Bosnia ed Erzegovina. In una tale guerra civile non ci sono vincitori, né vinti. (...) La decisione della secessione della Bosnia ed Erzegovina dalla Jugoslavia ha praticamente provocato lo spargimento di sangue e l'appoggio a tale decisione non legittima ha unicamente rafforzato questo spargimento. Si trattava di una politica sbagliata che, secondo me, non era nell'interesse del popolo musulmano. Vi dirò subito perché. I musulmani non vivono solo in Bosnia ed Erzegovina. Loro vivono anche in Serbia, M

ontenegro e Macedonia. Non era nell'interesse dei musulmani rimanere a vivere in uno Stato, invece di dividersi in quattro? (...) Purtroppo, la dirigenza con il signor Izetbegovic ha insistito a continuare le operazioni belliche e ha violato tutti i cessate-il-fuoco seguendo l'ingenua convinzione che in questo modo provocheranno l'intervento militare internazionale. Se non è andata così, come potete spiegare il fatto che proprio durante la Conferenza a Ginevra, all'inizio dell'anno, hanno svolto due grandi offensive nei dintorni di Sarajevo e nella Bosnia orientale, compreso gli attacchi sul territorio della RS di Jugoslavia che durano ancora?"

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 2-3-1993)

- 7 aprile 1993 - dall'intervista di Milosevic al Washington Post:

"Voi sapete benissimo che mai le sanzioni hanno avuto successo." La risposta di Milosevic sul fatto che è stato accusato come criminale di guerra: "Si tratta di accuse sporche senza nessuna prova. Ritengo che sia obbligo di ogni società civilizzata e della comunità internazionale di punire i criminali di guerra."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 7-4-1993)

- 25 aprile 1993 - Karadzic parlando a Radio Belgrado, servizio della TANJUG ripreso dalla BBC

dice di aver discusso con Cosic e Milosevic una "accettazione condizionata di una sistemazione temporanea per un periodo di transizione" (per la Bosnia-Erzegovina, ndc)

occorrono "approfondite discussioni" sulle modalità di attuazione del periodo di transizione

(dall'ANSA 1993, 25 aprile 1993)

- 6 maggio 1993 - comunicato ufficiale del governo serbo citato da TANJUG:

il governo serbo ha deciso che "non esistono più motivi per inviare ancora denaro, benzina e altro" ai serbi bosniaci e "gli aiuti saranno limitati in futuro a medicinali e cibo, nelle quantità che saranno decise dai ministri competenti. (...) La Repubblica serba continuerà ad aiutare senza riserve i feriti e i profughi della Bosnia, ma non può più tollerare che alcuni dirigenti vivano comodamente a Belgrado mentre offrono alla loro gente una politica di sacrifici e povertà."

(dall'ANSA 1993, 6 maggio 1993)

- 11 maggio 1993 - dichiarazione di Milosevic alla TANJUG al termine di un vertice della dirigenza serba tenutosi a Belgrado

il piano di pace "non concerne solo la Repubblica serba di Bosnia" deve essere votato dai parlamenti della federazione, della Krajina e della repubblica Serba della Bosnia

(dall'ANSA 1993, 11 maggio 1993)

- 22 ottobre 1993 - Milosevic dopo l'intesa di pace tra i serbo-bosniaci ed i secessionisti della sacca di Bihac

"metà della Bosnia è stata conquistata dalla pace (...) speriamo che ora essa conquisti tutta la Bosnia, e tutta la ex Jugoslavia"

rimpiange il fatto che "il presidente bosniaco Alija Izetbegovic non sia con noi"

(dall'ANSA 1993, 22 ottobre 1993)

- 22 ottobre 1993 - Karadzic dopo l'intesa di pace tra i serbo-bosniaci ed i secessionisti della sacca di Bihac

"da sette mesi tra noi e croato bosniaci non ci sono scontri, e tutto sommato, salvo incidenti sporadici, da mesi anche i combattimenti con i musulmani sono fermi"

(dall'ANSA 1993, 22 ottobre 1993)

- 22 ottobre 1993 - Fikret Abdic dopo l'intesa di pace tra i serbo-bosniaci ed i secessionisti della sacca di Bihac

"la firma della pace apposta oggi è la continuazione della dichiarazione congiunta di cooperazione, buon vicinato e collaborazione militare emessa ieri sera a Zagreb col presidente croato bosniaco Mate Boban"

(dall'ANSA 1993, 22 ottobre 1993)

- 4 novembre 1993 - dall'intervista di Milosevic con i redattori dei maggiori giornali, radio e TV di Belgrado:

"Direi che una parte della dirigenza musulmana, quella guidata dal Presidente Izetbegovic, ha per lunghi mesi vissuto nella convinzione che con il suo comportamento avrebbe provocato l'intervento militare estero. Avevano bisogno che arrivasse qualcuno di fuori che vincesse la guerra che loro hanno perso. Adesso che hanno visto che dall'intervento non verrà fuori niente, che nessuno al posto loro farà la guerra che hanno perso, si alimentano con la speranza che con il prolungamento (dei combattimenti, ndc) e l'esaurimento della Jugoslavia, che rappresenta l'appoggio al popolo serbo in Krajina e in Bosnia, la Serbia si 'ammorbidirà'. (...) Spero che i processi che sono iniziati, per esempio nella Bosnia occidentale, ma anche nelle altre parti di questa Repubblica musulmana, dimostrino che sono per la pace... (...) Questo pericolo (di guerra, ndt) è poco possibile, perché gli estremisti del territorio del Sangiaccato non hanno molta forza per fare qualcosa e anche questo movimento separatista nel Kosovo non è i

n grado di farlo. Si tratta soprattutto di un grande appoggio esterno, ma questo appoggio estero potrebbe essere molto, molto rischioso per quelli che entrerebbero in una simile operazione proprio perché sanno che noi non daremo la nostra terra. (...) Penso che siano esagerate le differenze tra la Serbia e il Montenegro per quanto riguarda il rapporto verso lo Stato comune, la Repubblica Socialista di Jugoslavia. Sono sicuro che i cittadini del Montenegro sono interessati nello stesso modo come i cittadini della Serbia per la salvaguardia della Jugoslavia e credo che anche i dirigenti del Montenegro dividono queste posizioni. (...) Il rapporto tra i serbi e i croati è un rapporto chiave per la stabilità nei Balcani... Purtroppo, gli ostacoli per questa normalizzazione sono numerosi e in questo momento molto grandi; soprattutto si trovano nel fatto che in Croazia, come conseguenza di un genocidio tentato sul popolo serbo per la terza volta, dura ancora, più o meno intensa, la guerra.

(Alla domanda sul Tribunale per i crimini di guerra)

Per quanto riguarda la responsabilità, la responsabilità penale dei cittadini della Serbia che hanno commesso reati, questa rientra nella nostra decisione politica energica e ferma e non c'è bisogno che parli di queste cose..."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 4-11-1993)

- 13 novembre 1993 - dall'intervista di Milosevic alla rivista degli imprenditori della Comunità Europea:

(Alla domanda se nel futuro vede una federazione della Serbia con i serbi di Bosnia)

"La Serbia ha proposto come soluzione un'unione delle Repubbliche della Bosnia ed Erzegovina, dove si trova anche la Repubblica Serba che in questo caso non disturberebbe i nostri rapporti. In questo momento la cosa più importante è che essa (la Repubblica Serba??, ndt) venga costituita e istituzionalizzata come Stato e che cominci a svilupparsi normalmente come Stato."

(dal quotidiano Politika, 13-11-1993)

- 14 dicembre 1993 - Karadzic replica alle dichiarazioni del ministro degli esteri francese Alain Juppé.

"L'Europa cattolica vuole destabilizzare la Serbia, ed indebolire le posizioni negoziali del presidente Slobodan Milosevic"; le dichiarazioni di Juppé sono "indebite e scorrette interferenze a favore dell'opposizione serba, che comunque si rivelerà controproducente per l'opposizione stessa"

(dall'ANSA 1993, 14 dicembre 1993)

- 1 dicembre 1993 - dalla dichiarazione di Milosevic dopo il primo giorno dei negoziati di Ginevra:

"Per quanto riguarda la posizione della Krajina, la cessazione delle ostilità e la normalizzazione delle comunicazioni, posso dire con autorizzazione (v.c.t.) che devono negoziare soltanto i legittimi rappresentanti della Krajina."

(dal quotidiano Politika di Belgrado, 1-12-1993)

- 31 dicembre 1993 - messaggio di fine d'anno di Milosevic diffuso dalla televisione di Belgrado:

egli promette che il 1994 porterà "la pace" e un "miglioramento della situazione economica"; si attende che il nuovo anno "sia portatore di una pace equa e durevole (...) la ricompensa di tutti i serbi per i sacrifici che hanno fatto. (...) L'anno che sta per iniziare ci porterà anche una ripresa dell'economia; un programma in grado di riportare sotto controllo l'iper-inflazione è in fase di elaborazione"

(dall'ANSA 1993, 31 dicembre 1993)

- 8 giugno 1994 - in un articolo su "Libération" la scrittrice Jasna Samic scrive:

"(...) quando ho conosciuto nell'agosto del '90 il progetto della Grande Serbia dal leader dei serbi bosniaci Karadzic, nessun partito aveva ancora vinto le elezioni in Bosnia. Karadzic mi ha ripetuto la confidenza nel '91, rispondendo a una mia domanda sul piano economico del suo partito. 'L'economia non ha nessuna importanza, in questo momento l'obiettivo principale sono le frontiere', che 'devono essere modificate con il sistema che si usa da sempre: con la forza'".

(da "Internazionale", 2 luglio 1994)

 
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