JUGOSLAVENSKA NARODNA ARMIJA (Armata Popolare Jugoslava)
a cura di Tamara Jadrejcic e Silvja Manzi
SOMMARIO: In questo capitolo vengono analizzati il ruolo della JNA (Armata Popolare Jugoslava) e quello delle varie forze paramilitari nelle diverse fasi della guerra.
Prima dello sfascio della Jugoslavia, la JNA contava 240.000 effettivi, tra i quali circa 100.000 iscritti alla Lega dei comunisti. Dopo l'abolizione della Lega dei comunisti della Jugoslavia, la maggioranza degli ufficiali ha scelto come loro partito la Lega dei comunisti - Movimento per la Jugoslavia, che non ha avuto molto successo elettorale in nessuna delle repubbliche. Anche se in una intervista, forse premonitoria, del 4 decembre 1990, l'ultimo ministro federale della difesa, Veljko Kadijevic, ha dichiarato che la JNA sarebbe stata depoliticizzata, ma ha anche detto che la JNA non avrebbe permesso la creazione degli eserciti nazionali e la disintegrazione della Jugoslavia. Per quanto riguarda la struttura etnica degli ufficiali, i serbi e i montenegrini rappresentano il 70% dei generali e circa il 75% di altri ufficiali. La JNA consumava circa il 62% del budget della Federazione. Ma, il sistema della difesa jugoslavo era basato sul concetto della "difesa popolare", così oltre la JNA esistevano le Dife
se Territoriali che dipendevano dalle singole repubbliche.
Quando le tre repubbliche di Slovenia, Croazia e Bosnia ed Erzegovina hanno dichiarato la propria indipendenza, queste non possedevano un proprio esercito. Ma, ciascuna di queste repubbliche aveva forze locali di difesa territoriale ed inoltre forze locali di polizia costituite da persone provenienti dalle loro rispettive repubbliche. Dopo la proclamata indipendenza, alcuni membri del personale militare della JNA, hanno lasciato la JNA e sono diventati parte dei nuovi eserciti nazionali di Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina. La maggior parte della JNA (formata dalle truppe di Serbia e Montenegro) ora è chiamata Esercito jugoslavo.
Dopo la morte di Tito la JNA continuava a consolidare il proprio 'jugoslavismo' di stampo titoista. Nell'aprile '83, il ministro della difesa d'allora, generale Branko Mamula, disse che la JNA rappresentava "la spina dorsale del sistema politico".
LA GUERRA
I fase - /Slovenia/, (dura un paio di settimane, tra giugno e luglio '91) dopo la proclamata indipendenza della Slovenia e della Croazia, il 25 giugno 1991, la JNA interviene il 27 giugno '91 in Slovenia, conquistando le dogane. Si scontra con la Difesa Territoriale della Slovenia, cioè le truppe slovene che avevano lasciato la JNA per entrare nel nuovo Esercito sloveno, e le forze della polizia slovena;
II fase - /Croazia/, (inizia già prima della proclamata indipendenza, il 25 giugno '91), il 29 aprile la JNA occupa il villaggio croato di Kijevo (20 km da Knin), 2 maggio massacro di poliziotti croati a Borovo Naselje (12 i poliziotti uccisi e una ventina di vittime tra gli aggressori). Il conflitto ha coinvolto da una parte la JNA, la milizia serba in Krajina e Slavonia occidentale e orientale, le forze speciali serbe (tra cui mercenari ed espatriati serbi), le forze speciali locali, la polizia serba e i civili armati delle stesse regioni, mentre dall'altra parte abbiamo l'Esercito croato formato dalle truppe croate che hanno lasciato la JNA, la Guardia nazionale croata, la milizia locale, forze speciali formate dai mercenari ed espatriati croati, dalla polizia croata e civili armati. Dopo il novembre '91, la JNA si è formalmente ritirata dalla Croazia. Il 3 gennaio 1992 (il 15· cessate-il-fuoco) formalmente si fermano i combattimenti in Croazia.
III fase - /Bosnia ed Erzegovina/, il 6 marzo 1992 la CE riconosce la B/E ed inizia l'assedio di Sarajevo, il giorno dopo, il 7 aprile, anche gli Stati Uniti riconoscono la B/E insieme con la Slovenia e la Croazia e lo stesso giorno i serbi proclamano la "Repubblica serba di Bosnia" e l'esercito federale prende posizioni intorno a Sarajevo. Da allora fino al giugno 1992, le truppe della JNA di Serbia e di Montenegro si sono "ufficialmente" ritirate dalla B/E. Inoltre, nell'Erzegovina e nella Bosnia centrale si sono scontrati i croati (il Consiglio di Difesa Croato) e i musulmani (l'esercito bosniaco).
Nelle prime fasi del conflitto, molti combattenti, inclusi quelli dell'esercito regolare, non indossavano particolari uniformi, stemmi o distintivi di grado, il che provocava una grande confusione.
LE UNITA' PARAMILITARI
Serbia - le "Tigri" di Arkan (Zeljko Raznjatovic), i crimini di questo gruppo sono cominciati nel 1991, durante la guerra in Croazia, (sembra che la JNA rifornisca d'armi e sostenga le "Tigri" - dal rapporto Bassiouni); le "Aquile bianche" di Seselj, (il gruppo sembra sia stato armato e sostenuto dalla JNA, inoltre dalla metà del 1993 il gruppo si pensa sia sotto il controllo diretto della JNA - dal rapporto Bassiouni), hanno cominciato con i crimini nel 1991, con la guerra in Croazia; le forze del Capitano Dragan, soprattutto durante il conflitto in Croazia; i "Falchi serbi" di Sinisa Vucinic; varie unità di cetnici che non sono sotto il controllo di Seselj (per esempio, unità cetniche di Slavko Aleksic, che avevano preso posizione intorno a Sarajevo).
Krajina - "Marticevci" (la milizia di Martic, primo ministro della difesa dell'autoproclamata Repubblica serba di Krajina in Croazia), operano prevalentemente nelle zone UNPA in Croazia
Croazia - gli HOS, la reminiscenza degli ustascia della II guerra mondiale, sono stati assorbiti dal Consiglio di difesa croato
B/E - i mujahedin, che operano indipendentemente dall'Esercito governativo bosniaco; i "Berretti verdi" e la "Lega Patriottica del Popolo" create nel 1991.
Tutte le forze speciali hanno degli espatriati volontari o usano mercenari stranieri. Alcune di loro operano in località definite, mentre altre si muovono liberamente da un campo di combattimento all'altro, passando spesso da una Repubblica all'altra dell'ex Jugoslavia.