SOMMARIO: Con l'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, il Parlamento ha ottenuto che ciascun membro designato della Commissione venga ascoltato dalle commissioni competenti del Parlamento europeo in una procedura simile a quella del Senato amerciano, prima del voto di fiducia del Parlamento stesso al nuovo collegio. (Bruxelles, 10 gennaio 1995)
Onorevoli Presidenti, Onorevoli Deputati,
consentitemi innanzitutto di dirvi quanto sia emozionata di ritrovarmi qui tra voi nella veste di Commissaria designata, dopo essere stata tanti anni anch'io parlamentare europea.
Chi mi conosce sa che nella mia esperienza politica e parlamentare mi sono battuta su numerosi fronti, ottenendo spesso decisioni legislative e politiche concrete, senza mai esercitare responsabilità istituzionali altre che quella di Deputata, oltre che in seno al mio Partito.
Per 15 anni sono stata impegnata, con il Partito Radicale in cui milito da sempre, soprattutto in campagne politiche transnazionali e transpartitiche, convinta come sono che assicurare anche questo livello d'impegno sia assolutamente necessario per affrontare e risolvere i grandi problemi del nostro tempo.
Nella mia biografia, che puo' apparire non rituale, ho voluto sottolineare alcuni obiettivi sui quali mi sono più particolarmente battuta in questo lungo periodo di tempo. Una cosa non ho citato, per pudore e immutato affetto: sono entrata per la prima volta al Parlamento europeo nel 1979 con, tra gli altri, Altiero Spinelli, e ho votato - convinta da lui, e con lui - il Progetto del Parlamento Europeo - questo Vostro Parlamento- di Trattato dell'Unione Europea, impegnandomi poi in campagne di mobilitazione dell'opinione pubblica affinché le linee direttrici di quel Progetto fossero adottate come Carta comune dell'integrazione europea.
Tutto qui. Ma voglio dirvi che quell'impostazione, quella caparbia convinzione che sia necessario ridurre il deficit democratico, ribadire l'esigenza dell'unicità istituzionale, esaltare i poteri del Parlamento europeo e ripartire in modo più armonioso le competenze fra stati, regioni ed Unione, restano ancora oggi il riferimento della mia visione sul futuro dell'Unione Europea.
Da questo punto di vista abbiamo davanti a noi un anno decisivo prima della Conferenza del 1996. A medio termine, non vi saranno altre possibilità di rivedere i meccanismi e le decisioni che saranno prese in quella sede.
La definizione dell'Unione del futuro, la necessaria considerazione dell'assetto che vogliamo dare al nostro continente, non potrà limitarsi, io credo, ad un mero negoziato intergovernativo. Sono convinta che se la nuova Commissione e il Parlamento europeo sapranno marciare uniti, facendo valere la ragionevolezza di queste semplici verità, potranno far prevalere i valori in cui crediamo per l'effettivo conseguimento dell'integrazione europea. Da parte mia voglio impegnarmi in tal senso, per quanto potro' e ne saro' capace, nell'ambito della collegialità della Commissione e sotto la direzione del Presidente Santer.
Passando alle mie competenze specifiche, la prima osservazione da fare è che sono certamente disomogenee.
Ultima arrivata, per la rosa di candidati a disposizione del Governo del mio paese che ha reso difficile la scelta finale, ho ottenuto le mie competenze in successione, una dopo l'altra, vuoi per necessità di equilibrio generale, vuoi per il mancato allargamento all'insieme dei paesi candidati.
Posso pero' assicurarvi che sono estremamente contenta delle attribuzioni sulle quali saro' chiamata a misurarmi: col vostro aiuto, spero, il vostro stimolo, magari le vostre critiche, affrontero' questi tre settori, consapevole che sono tutti in salita, tutti cruciali nei mesi e negli anni a venire, tutti al centro - direi per fortuna - dell'attenzione del Parlamento europeo.
Per la mia storia ... è evidente che su due settori, ed uno in particolare, ho avuto più modo di essere a diretto contatto dei problemi che andro' ritrovando se, come spero, accorderete la vostra fiducia al nuovo Collegio. Tengo a ribadire che sono altrettanto stimolata a far bene nel settore che mi è stato affidato senza che, obiettivamente, io abbia particolari competenze al riguardo. La mancata adesione della Norvegia, di cui mi rammarico, non ha determinato la riapertura delle attribuzioni fra i commissari nel loro insieme, ma l'assegnazione diretta ad uno di essi, e cioè a me, del portafoglio della Pesca su proposta del Presidente Santer che ho ringraziato per la fiducia cosí importante fattami.
La politica comune della pesca é una politica verticale piena, ovvero é una di quelle politiche, al pari dell'agricoltura, in cui per tutti i paesi membri dell'Unione esistono regole comuni per l'esercizio di ogni singolo aspetto legato a questa attività, dalla produzione al consumo. Essa non puo' evidentemente essere isolata dal contesto generale dell'Unione, risentendo delle interazioni con le priorità generali in materia ambientale, commerciale, sociale, di ricerca e, soprattutto, relativamente alla politica regionale.
Queste caratteristiche configurano una più diretta responsabilità dell'Unione, e della Commissione in particolare, cui intendo dedicare il più grande impegno sollecitata anche dall'entusiasmo del neofita del quale spero di non commettere i tipici e nefasti errori. A questo proposito, dovró contare, sperare al massimo sulle critiche ma anche sulla collaborazione e l'appoggio dei membri della commissione competente del Parlamento europeo, dalla quale, ne sono certa, verrà una convinta azione di stimolo e di dialogo costruttivo.
Dopo la recente revisione generale di questa politica, dopo aver gettato le basi della piena integrazione del Portogallo e della Spagna, dopo il nuovo allargamento, penso che innanzitutto la più grande attenzione debba essere posta nel verificare il corretto funzionamento di quanto previsto dalle disposizioni esistenti.
Si tratta di verificare da una parte l'efficacia delle misure di gestione già adottate e, dall'altra, il funzionamento del regime di controllo che va reso più effettivo e trasparente, anche ricorrendo alle nuove tecnologie informatiche e satellitari. Non manchero' di stimolare gli Stati membri a questo riguardo senza indirizzarmi automaticamente verso una politica repressiva.
In secondo luogo è necessario approfondire e migliorare la gestione delle risorse, che deve essere effettuata tenendo conto di tutti gli interessi in presenza - dei pescatori, dei commercianti, dei trasformatori, dei consumatori - e particolarmente degli interessi delle generazioni future. Il rispetto dell'ambiente e la protezione delle categorie in pericolo fanno parte dell'interesse generale ed in particolare di quello del mondo della pesca.
In questo contesto, con il pieno coinvolgimento degli organismi professionali, bisognerà approfondire i legami tra gestione delle risorse e politica strutturale, aggiornare le regolamentazioni destinate a proteggere il novellame, limitare gli scarti e aumentare la selettività delle catture.
Per cercare di realizzare queste idee perseguiro' l'approfondimento del dialogo con tutti gli interessati; infatti, una politica comune dove si possono presentare degli interessi divergenti, o conflittuali, presuppone evidentemente uno sforzo considerevole di comunicazione e di informazione con tutti i partners al fine di riuscire al meglio la formulazione dei necessari consensi sociali, di raggiungere fini e convinzioni che siano "terzi" rispetto a quelli di partenza drammaticamente contrapposti, fatalmente portati a sconfiggere gli interessi più deboli.
D'altra parte, l'Unione ha un ruolo indispensabile di mediazione e di arbitraggio per smorzare gli inevitabili conflitti associati a due caratteristiche proprie ed esclusive della pesca : il limite delle risorse ed il loro carattere comune.
Bisogna poi considerare che solo ottenendo un equilibrio ragionevole tra la capacità di pesca e le risorse disponibili, tramite la diminuzione delle capacità eccessive esistenti, si potrà garantire un rendimento sano ed evitare gli sprechi.
Gli adattamenti di capacità da effettuare dovranno tener conto dell'evoluzione del mercato internazionale, dell'allargamento dell'Unione, dei principi di coesione economica e sociale, ed in particolare dei bisogni dei pescatori che non hanno altre alternative di vita, prestando un'attenzione particolare alle necessità delle piccole comunità litorali che vivono esclusivamente di pesca.
Questo ragionevole equilibrio necessita l'ulteriore sviluppo di misure di accompagnamento dirette ad ammortizzare i costi sociali della ristrutturazione.
Penso infatti che la politica strutturale nel settore della pesca debba configurarsi, al di là degli interventi settoriali, come una politica integrata di sviluppo durevole delle zone litorali nella quale i vincoli ambientale sono un'esigenza imprescindibile.
Per quanto attiene al mercato dei prodotti ittici, ritengo necessaria una gestione che eviti le gravi crisi manifestatesi in questi ultimi anni: questo é un compito collettivo al quale siamo confrontati. Tutti gli attori che hanno una responsabilità in materia - Istituzioni europee, governi nazionali e locali, organismi professionali, pescatori, - devono assumere le loro responsabilità e adottare le misure adeguate. Questo compito deve essere svolto in maniera coerente con l'attuale globalizzazione e apertura dei mercati, con misure che permettano di aiutare il settore della pesca nell'ambito dell'Unione e farla riavvicinare ad una competitività economica in un contesto di concorrenza internazionale sempre più vivace.
Per quanto riguarda il Mediterraneo, la Conferenza di Creta ha costituito un importante punto di partenza. Le risorse di questo mare richiedono infatti una mobilitazione a tutti i livelli e di tutti i paesi interessati per introdurre dei meccanismi di gestione che tengano conto delle peculiarietà biologiche e socio-economiche proprie del Mediterraneo. E' indubbio che questo fronte costituirà un impegno prioritario per il mio mandato.
Infine, mantenere un'attività di pesca che si esercita da tanto tempo nelle acque internazionali ci obbliga a salvaguardare i nostri diritti storici di pesca di fronte alle iniziative di alcuni Stati costieri, che mirano ad allargare la loro giurisdizione al di là della zona economica esclusiva. Stimo necessario per l'Unione difendere l'esercizio di una pesca responsabile a livello internazionale tramite la definizione dei diritti e delle obbligazioni per tutti gli Stati del pianeta, nel rispetto dell'attuale diritto del mare.
In questo quadro mi sforzeró di mantenere e sviluppare l'attività della flotta comunitaria in zone al di fuori delle acque sotto il nostro controllo promuovendo nello stesso tempo ricadute economiche favorevoli anche per i paesi terzi contraenti degli accordi internazionali e bilaterali di pesca.
La politica dei consumatori costituisce un elemento cruciale nella costruzione di un Europa dei cittadini. Rappresenta infatti il necessario consolidamento della capacità contrattuale del cittadino di fronte ad un insieme di fornitori di prodotti e servizi che si è andata via via rafforzando con il mercato unico. Noi tutti possiamo misurare quanto sia importante che il cittadino europeo ne percepisca direttamente gli effetti e quanto questo possa concretamente avvicinare l'Unione europea all'opinione pubblica.
Il consumatore, il cittadino europeo si deve sentire e deve divenire protagonista della politica dei consumatori, per personale maturazione e per la forza delle sue organizzazioni, tuttora troppo spesso strutturate solamente attorno ad altri interessi, pur essi capitali, come il lavoro.
In questa politica, pur se esistono un gran numero di misure legislative già adottate, appare chiaro che la grande maggioranza dei cittadini ignora l'esistenza di tali misure e di conseguenza non è in grado né di esercitare i propri diritti, di difendere i suoi interessi né di intervenire presso le autorità competenti al fine di far rispettare le normative.
Questo si collega anche al più generale problema della necessaria informazione di cui deve beneficiare il consumatore per cogliere pienamente le potenzialità che gli sono aperte dal mercato unico, informazione che sia leale, tempestiva, e adeguata alla fondamentale importanza del momento e delle strutture del consumo.
Queste carenze devono essere superate rapidamente.
A tale proposito, come in molti altri settori della politica dei consumatori, va sottolineato che quanto sin qui si è potuto fare si deve molto anche all'attenzione e alla tenacia con cui questa politica é stata sostenuta dal Parlamento Europeo, che ha garantito risorse finanziarie necessarie, seppur non sufficienti, e contribuito con riflessioni e proposte concrete.
E' tempo poi di aprire un altro fronte, è tempo di porre l'accento sul consumatore di servizi, i cosiddetti "utenti". Pur continuando l'azione tradizionale sin qui sviluppata, credo che i consumatori che pagano un servizio - gli utenti - abbiano diritto alla stessa protezione di cui beneficiano nell'acquistare un prodotto.
Non è soltanto la sicurezza dei servizi a dover essere assicurata, ma anche una tutela adeguata nei confronti dello strapotere di taluni fornitori: mi riferisco in particolare ai servizi pubblici, che operano in condizione di monopolio o quasi monopolio ed ai servizi finanziari. Infatti i servizi pubblici sono per la loro stessa natura destinati a tutti e, in una larga misura, coprono necessità elementari (gas, acqua, elettricità, telecomunicazioni, trasporti) presentando, almeno sino ad oggi, condizioni di concorrenza limitata siano essi gestiti da enti pubblici o privati.
Questa problematica rientra nelle competenze dell'Unione Europea, e la questione della sussidiarietà riguarda più la configurazione degli strumenti da utilizzare che la necessità di trattarla a livello europeo.
Una prima tappa in questa direzione potrebbe consistere nell'individuare principi comuni che evitino i problemi di scarsa trasparenza, sospensione abusiva del servizio e qualità minima da assicurare, problemi ricorrenti nella vita quotidiana.
Per quanto riguarda i dossier sul tappeto cerchero' di ottenere rapidamente l'accordo del Consiglio sulle proposte di direttiva sulle vendite a distanza e sulla pubblicità comparativa e intendo dare un seguito concreto alle consultazioni già effettuate con i libri verdi sull'accesso alla giustizia e sulle garanzie e servizi dopo la vendita. Mi riprometto ugualmente di seguire da vicino il cammino istituzionale della direttiva relativa ai pagamenti transfrontalieri.
Ma, prioritariamente, conoscendo le difficoltà esistenti a livello europeo per consentire al Consiglio Consultativo dei Consumatori di operare con efficacia, intendo valutare il problema della sua rappresentatività e dare un contributo concreto per migliorare la situazione, accrescerne la forza rappresentativa ed operativa, per quanto mi sarà possibile e nei limiti della disponibilità di questo ente. La credibilità di alcune organizzazioni è molto elevata e dovremmo essere capaci di usare queste forze più di quanto è stato possibile in passato integrando le diverse tradizioni degli Stati membri, vecchi e nuovi, e cercando di restituire al movimento associativo quel ruolo di cinghia di transmissione, nei due sensi, tra cittadini e istituzioni.
Una ritrovata efficacia degli strumenti di consultazione, la forte tradizione dei nuovi Stati membri in questo campo, la necessità di recepire pienamente le nuove competenze dell'articolo 129A, mi permetteranno di dare un nuovo impulso all'azione comunitaria nell'ambito del Piano d'Azione triennale 1996-1998 che intendo elaborare in stretta consultazione con la commissione parlamentare competente.
Per concludere, pur sapendo che la Commissione da sola non potrà farlo, vorrei riaprire la discussione, e cercare un reale miglioramento, della condizione dei consumatori al di fuori dell'Unione con particolare riferimento ai paesi in via di sviluppo ed all'Europa orientale.
Molti dei meccanismi di tutela di cui beneficiano i nostri cittadini non esistono in vaste aree del pianeta. Dobbiamo quindi trovare modalità per permettere a questi popoli di evitare le trappole e i pericoli che talora sono legati ai prodotti che noi attualmente forniamo. Penso che, almeno per quanto riguarda le azioni svolte con fondi e responsabilità comunitari, la tutela dei consumatori debba essere rigorosamente garantita, studiando con maggiore rigore ed urgenza anche gli aspetti - spesso devastanti - dei consumi dei mercati illegali, clandestini o paralleli, quando presentino aspetti mondiali o regionali, in particolare nella nostra Unione, di grande estensione sociale, di massimo danno per i consumatori stessi e per tutta la società e le Istituzioni.
Infine, mi riprometto di ottenere dall'insieme della Commissione la trasformazione del Servizio Protezione Consumatori in direzione generale, come peraltro richiesto dal Parlamento europeo a seguito della relazione dell'onorevole Pauline Green, a nome della Commissione Ambiente e Politica dei Consumatori: trasformazione che non deve consistere in un semplice cambio di denominazione, ma, attraverso una nuova distribuzione delle risorse umane, deve seguire da vicino l'evolvere di priorità che non sono più, oggi, quelle che esistevano al momento della costruzione del Mercato Unico.
Sino a qui per i problemi delle politiche interne, ma quando sentiamo: Cecenia, Bosnia, Ruanda, Kurdistan, Tibet, Sudan, Timor per non citarne che alcuni, non possiamo che chiederci fino a quando?
E' indubbio che il diritto/dovere di assistenza umanitaria è entrato a far parte del vivere quotidiano dei nostri cittadini, grazie anche alla diffusione mediatica di immagini di intere società sconvolte da guerre e sofferenze.
Genocidi, "pulizia etnica", cittadini bombardati o presi in ostaggio da capi-clan o signori della guerra, hanno spinto l'intera comunità internazionale - troppo spesso incapace di fornire delle risposte politiche ai problemi di fondo - a mobilitarsi sul piano umanitario; inoltre accanto a queste crisi mediatiche e dichiarate, sussistono conflitti dormienti o dimenticati.
Un'Europa degna della sua storia e dei valori su cui si fonda non può limitarsi alla cura doverosa del benessere dei suoi cittadini ma deve assumere la responsabilità di rispondere all'appello di queste popolazioni sottoposte ad ogni tipo di sofferenza: la libertà e la pace, come i diritti umani, sono unici ed indivisibili.
D'altro canto, la situazione di micro-conflittualità diffusa che è la conseguenza geopolitica più evidente della fine della bi-polarizzazione a livello mondiale non lascia presagire maggiore pace e stabilità. E la comunità internazionale e le sue strutture più rappresentative quali le Nazioni Unite, appaiono tuttora in grave ritardo nel colmare il vuoto di presenza politica lasciato dal dissolversi dell'equilibrio (ingiusto ma efficace) Est/ovest.
Di fronte a queste prospettive - poco rassicuranti - è innegabile che il dibattito (avviato tempo fa da illustri rappresentati di questo Parlamento) sulla necessità di riconoscere, a livello internazionale, un diritto di ingerenza a fini umanitari, si amplifica e trova nuovi consensi. E' un dibattito di cui sono pienamente cosciente e che spero mi vedrà nei prossimi anni, come nel passato, fra i protagonisti attivi e convinti.
Nel frattempo, bisognerà operare, con lucidità, efficacia e determinazione, con le strutture di intervento esistenti : ECHO, creato solo due anni fa, è lo sbocco tangibile di questa preoccupazione e di questo dibattito, a livello comunitario.
Nel ridotto lasso di tempo in cui ha operato, ed in una situazione obiettiva di moltiplicazione imprevista delle occasione e delle circostanze di intervento - spesso al limite della fattibilità, come in condizioni di aperto conflitto - l'Ufficio comunitario ha confermato non solo la sua utilità, ma la qua indiscussa necessità. Ma mostra anche - non lo nego - i suoi limiti. Al riguardo emergono le problematiche seguenti:
- "donors 'fatigue": una sindrome hce non è tipicamente comunitaria, ma che può avere ripercussioni preoccupanti stante il flusso già elevatissimo (765 MECU nel biennio 93/94) di risorse impiegate dalla sola Commissione;
- il coordinamento orizzontale: con l'attività degli Stati membri delle organizzazioni internazionali umanitarie; delle ONG. Rimane per forza di cose, problematico sia per la molteplicità degli attori, che per la mancanza di modelli a cui riferirsi e dovrà essere perfezionato per evitare sovrapposizioni e perdite di efficacia.
Nell'attesa di una definizione giuridica del diritto di ingerenza, mi pare incontestabile che l'intervento umanitario ha oramai pieno diritto di cittadinanza nelle relazioni internazionali. E mi pare altrettanto chiara la sua prossiminità al settore dei diritti dell'uomo: non è il diritto alla vita ed al soccorso in presenza di sofferenze ingiuste un'esigenza fondamentale di qualsiasi essere umano?
E' in questa direzione che bisognerà far procedere le nostre riflessioni sull'evoluzione futura dell'intervento umanitario dell'Unione. Nessuno intende rimettere in discussione i principi dondamentali di apoliticità e neutralità dell'assistenza umanitaria. Ma mi chiedo e vi chiedo fino a quando potremo considerare questo tipo d'intervento come fine a se stesso, senza un legame funzionale con la protezione dei diritti dell'uomo, e senza prestare la dovuta attenzione alle fesi precedenti (prevenzione) e a quelle successive (composizione o risoluzione dei conflitti) all'intervento stesso?
In questo contesto, esprimo il mio apprezzamento per l'attenzione portata dal Parlamento al tema della prevenzione delle crisi umanitarie. Bisognerà fare di più in questo senso. Sono convinta che il lavoro del "Foro per la prevenzione attiva dei conflitti" costituirà un prezioso punto di riferimento per la mia attività.
E' a mio parere necessario approfondire poi il contesto politico nel quale l'intervento umanitario è condotto. La sostanziale apoliticità dell'azione umanitaria non può tradursi in una costante astrazione - o peggio: disimpegno - dell'Unione dalle responsabilità che derivano dal suo molo di altare primario sulla scena internazionale. La revisione della PESC, da tutti invocata ed auspicata in previsione della CIG del 1996, dovrebbe condurre a mio parere al rafforzamento del ruolo politico dell'Unione in particolare nelle fasi di prevenzione e di risoluzione dei conflitti; e far sì che l'aiuto umanitario sia meglio inserito in un insieme coerente di strumenti comunitari.
Il mio impegno immediato sarà diretto a ricercare una maggiore efficacia dell'azione dell'Unione sul terreno; e, contestualmente, ad assicurare una maggiore visibilità, affinchè sia i destinatari che i donatori (cittadini comunitari) percepiscano chiaramente la determinazione e l'impegno delle Istituzioni comunitarie a sostegno di coloro che soffrono. A tale scopo intendo essere presente, fino dalle prossime settimane, laddove il nostro impegno è più intenso, a cominciare da Sarajevo e dal Ruanda.
Onorevoli Presidenti, onorevoli deputati,
Le audizioni di questi giorni dei Commissari designati, che si sono svolte ad iniziativa del Parlamento europeo in seguito alle modifiche istituzionali apportate dal Trattato di Maastricht, segnano l'inizio di un nuovo e più stretto rapporto tra Commissione e Parlamento. Quest'occasione mi offre la possibilità di stabilire con voi un dialogo che, lo auspico vivamente, potrà rivelarsi estremamente proficuo.
Prima di concludere, vorrei precisare che dopo il voto di fiducia del Parlamento, se sarà positivo, rassegnero' le mie dimissioni da Deputata al Parlamento italiano, come atto dovuto a norma del Trattato, cosi come abbandonero' le mie funzioni di Segretaria del Partito Radicale, incompatibili con il mandato che mi accingo ad assumere. Vivranno in me le ragioni, i valori, gli ideali e le speranze che per tanti anni ho cercato in quell'ambito di affermare.