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D'Andrea Giampaolo, Parlamento Europeo, Commissione Istituzionale - 12 gennaio 1995
PE 1996: composizione e struttura della commissione

DOCUMENTO DI LAVORO SULLA COMPOSIZIONE E LA STRUTTURA DELLA COMMISSIONE

Redattore: on. Giampaolo D'ANDREA

SOMMARIO: L'On. D'Andrea considera che la questione della composizione e della struttura della Commissione deve essere posta nel quadro di una revisione generale dei poteri di tutte le istituzioni europee.

In questo senso, la posizione della Commissione deve essere quella di un "governo": tutti i testi addottati dal PE su quale dovrebbe essere il futuro dell'Unione - dal progetto Spinelli alla costituzione di Oreja - sono pertinenti con questa impostazione. Il documento di D'Andrea è in linea con le posizioni tradizionali del PE, come per esempio per la nomina della Commissione (proposta dal Consiglio, il Presidente dovrebbe godere di un più forte ruolo nella scelta dei commissari); per il numero dei commissari (una scelta tra un sistema che crea una specie di "inner cabinet" e quello che preveda un numero di commissari inferiore al numero di stati membri); per le funzioni della Commissione (i poteri di controllo e di attuazione delle leggi dell'Unione devono essere rafforzati).

Il relatore fa infine alcune proposte sulla struttura e l'organizzazione interna della Commissione (creazione di un consiglio di gabinetto; istituzione di commissioni-gruppi di commissari; scelta accurata di commissari per la politica estera e per gli affari interni). (PE, Bruxelles, 12 gennaio 1995)

1. Introduzione

La Conferenza intergovernativa prevista dal Trattato sull'Unione europea, articolo N, dovrà tenere conto della prospettiva di un ulteriore importante allargamento dell'Unione, confermata dalle conclusioni del vertice di Essen. Le riforme che dovranno essere introdotte saranno quindi di una grande portata; d'altra parte le recenti dichiarazioni dei governi degli Stati membri e di alcuni importanti partiti politici mostrano l'importanza dei temi in discussione. Non si può tacere nemmeno in un documento parziale il fatto che una riforma significativa del sistema comunitario s'impone, proprio in ragione della radicale modifica del contesto nel quale si trova oggi ad operare l'Unione europea. Di scarso significato sarebbe una Conferenza intergovernativa che volesse limitarsi a proporre qualche modifica di dettaglio o qualche marginale razionalizzazione delle procedure. D'altra parte anche in momenti precedenti il Parlamento si è pronunciato a favore di una riforma profonda che dovesse basarsi in particolare su "u

n governo europeo indipendente, responsabile nei confronti del Parlamento" nel quadro della democratizzazione delle istituzioni europee e di una loro più grande efficacia. In questo contesto è evidente che qualsiasi riflessione sulla composizione e la struttura della Commissione europea dev'essere inquadrata in una proposta generale di revisione della posizione reciproca e del ruolo delle istituzioni comunitarie.

Nei Trattati degli anni 50 ed in particolare nel Trattato CECA, il ruolo "governativo" della Commissione era piuttosto evidente, almeno in prospettiva. Essa aveva caratteristiche peculiari tra le organizzazioni internazionali, in specie perché l'indipendenza dei commissari soprattutto nei confronti degli Stati membri era il cardine del sistema; i poteri della Commissione erano inoltre particolarmente estesi, rispetto ad un'impresa che cominciava appena. Dopo l'Atto unico, la Commissione ha avuto un'importante "crisi di crescita", poiché, in concreto i suoi poteri si sono estesi, con la definizione del mercato interno; di conseguenza la Commissione è stata, dopo la redazione del Trattato di Maastricht al centro di tutte le polemiche e di una forte minaccia di limitazione dei poteri accompagnata da una rinazionalizzazione del ruolo dei commissari.

Per questa ragione il Parlamento fa particolarmente bene ad interpretare estensivamente le proprie competenze nell'ambito della procedura di approvazione della Commissione introdotta dal trattato di Maastricht; il controllo democratico da parte del Parlamento Europeo è essenziale anche al fine di garantire l'indipendenza della Commissione, per altro designata dai governi nazionali.

Tenendo conto di questa prima esperienza, bisogna però riflettere anche sulle possibili modifiche per il 1996 a partire da tre aspetti fondamentali :

- la legittimazione della Commissione, grazie ad un più profondo rapporto col Parlamento e d una "politicizzazione" del rapporto con il Consiglio;

- l'indipendenza della Commissione e dei singoli commissari;

- il rafforzamento del carattere di vero e proprio esecutivo della Commissione, specialmente tenendo conto dell'ampliamento ulteriore dell'Unione e della necessità di articolare meglio le funzioni legislative tra il Parlamento europeo ed il Consiglio che in prospettiva dovrebbe diventare una vera e propria camera degli Stati.

In effetti la strategia riformista che viene proposta trova un forte punto di riferimento nella tradizione del Parlamento, ed in particolare nell'articolo 25 del progetto di Trattato adottato dal Parlamento nel 1984 in seguito all'iniziativa di Altiero Spinelli; le scelte posteriori, in particolare quelle proposte nel 1990 nelle relazioni di David Martin e, in modo più radicale, nel progetto di basi costituzionali di Emilio Colombo rappresentano una variante di quell'orientamento. Del resto i documenti preparati da Marcelino Oreja ed il progetto di Costituzione presentato da Fernand Herman nel corso della precedente legislatura ribadiscono queste posizioni.

2. Nomina della Commissione

Il rapporto di fiducia instaurato col Trattato di Maastricht fra Parlamento e Commissione dovrà essere rafforzato; di conseguenza si dovranno semplificare le procedure, che attualmente sono complicate e spesso contraddittorie, come si è evidenziato nella prima applicazione.

Il Presidente deve essere proposto dal Consiglio europeo. La scelta della persona dovrebbe tener conto in particolare delle qualità e dell'esperienza del candidato: in effetti dovrebbe trattarsi di persone che svolgono o hanno svolto funzioni di prima grandezza nel loro paese e che abbiano una nota sensibilità europeistica. La sua autonomia di "formatore" della Commissione dovrebbe essere molto rafforzata, rispetto a quella scarsissima della quale dispone attualmente. Egli dovrebbe, infatti, poter scegliere la propria equipe, anche avvalendosi di un parere del Consiglio, ma non dovendo più sottostare, alla designazione dei governi degli Stati membri. Il Parlamento, sulla base di un documento politico programmatico presentato dalla Commissione potrebbe esprimere un voto di investitura sull'insieme del collegio ed il suo Presidente. In questo modo la collegialità della Commissione sarebbe maggiormente tutelata ed il suo carattere politico unitario ben stabilito; il Presidente avrebbe un ruolo unificatore anche

sulle relazioni con il Parlamento europeo ed il Consiglio.

Per quel che riguarda il Parlamento, il suo potere sarebbe rafforzato, poiché avrebbe davanti a se un esecutivo forte e unitario; il rapporto di fiducia stabilito consentirebbe la creazione di un nucleo istituzionale a carattere comunitario forte e maggiormente in grado di evitare la deriva intergovernativa. In questo spirito si propone una semplificazione che eliminando il doppio voto di fiducia, permette di neutralizzare il rischio di una frammentazione dei poteri dei commissari che sarebbe la prima conseguenza di un sistema di investitura individuale, e che metterebbe in causa l'unità dell'esecutivo e lo indebolirebbe radicalmente; e un Parlamento con un esecutivo debole è per necessità più debole, specie in una struttura in cui vi è un Consiglio estremamente forte.

Naturalmente il sistema della fiducia dovrebbe comportare un sistema di sfiducia meno complicato di quello attuale, che rende di fatto impossibile, in ragione delle maggioranze richieste, l'approvazione di una mozione di sfiducia. Bisognerebbe dunque, che una maggioranza, naturalmente garantita da un elevato numero legale, potesse approvare una mozione di sfiducia su iniziativa dei parlamentari nei limiti fissati dal regolamento, o anche del Consiglio.

Per consentire inoltre al Parlamento europeo, in caso di necessità di esprimere formalmente le proprie riserve sull'operato di un singolo commissario, senza pregiudicare il carattere collegiale della Commissione si dovrà prevedere la possibilità dell'adozione di una mozione di censura individuale che comporterebbe la facoltà, da parte del presidente di modificare le competenze del commissario o di revocarlo e sostituirlo.

3. Composizione numerica

L'ampliamento progressivo del numero dei membri dell'Unione pone con più urgenza due problemi strettamente collegati:

- il numero dei membri;

- l'indipendenza dei membri.

a) Bisogna evitare che l'aumento del numero dei membri dell'Unione trasformi la Commissione da un esecutivo ad una specie di assemblea e che ciò possa nuocere all'azione della Commissione o all'unità di indirizzo della stessa. Vi sono a questo proposito due scelte possibili. La prima è quella di adeguare, in funzione dei criteri attuali la composizione della Commissione alle nuove dimensioni dell'Unione. In questo caso però sono necessarie idonee misure per non incorrere nei rischi suindicati. Si potrebbe, per esempio, ricorrere ad una sorta di gabinetto che avrebbe la responsabilità di coordinare i lavori e di dare alla Commissione l'orientamento politico generale. Il vantaggio di questa soluzione è soprattutto quello di assicurare una presenza di commissari di tutti i paesi membri; lo svantaggio principale è quello che i commissari non sarebbero tutti uguali.

La seconda soluzione possibile è quella di fissare un numero di commissari limitato (comunque nettamente inferiore al numero degli Stati membri) che dovrebbero coprire dei dicasteri predefiniti e garantire, proprio per il loro piccolo numero una grande coerenza dell'esecutivo.

Se la soluzione di prevedere una Commissione di dimensioni ridotte è idealmente la più adeguata nella prospettiva dell'attribuzione di un pieno ruolo di esecutivo al collegio, in via transitoria bisognerà piuttosto accettare un adeguamento del numero dei commissari all'aumento del numero di Stati membri; pur insistendo sull'indipendenza dei commissari è evidente che questa misura migliora il grado di fiducia degli Stati membri.

b) In tutti i casi si pone il problema dell'indipendenza dei commissari. In particolare nel caso di una "piccola Commissione", i commissari che dovrebbero prendere almeno le decisioni principali, non sarebbero nazionali di tutti gli Stati membri, ma solo di alcuni. In queste condizioni è ancor più necessaria la fiducia degli Stati membri nel fatto che i commissari decidano nel rispetto di una posizione indipendente rispetto, in primo luogo, al rispettivo Stato di origine. L'indipendenza deve poi essere garantita anche rispetto agli interessi, specialmente economici, legati alle decisioni comunitarie: non vi deve poter essere conflitto fra gli interessi privati del commissario e la funzione che è chiamato a svolgere. In concreto si potrebbe riflettere ad un sistema di incompatibilità piuttosto rigido, volto a salvaguardare l'indipendenza. Per esempio si dovrebbe escludere dalla nomina il funzionario pubblico che conservi dei legami con la sua amministrazione, anche se in posizione di aspettativa; si dovrebber

o escludere dalla nomina anche quelle persone che abbiano un palese conflitto di interesse con l'attività di commissario. La norma dovrebbe essere assai rigida, specialmente se si dovesse scegliere la via di un numero limitato di commissari.

Già le modalità di designazione proposte dovrebbero assicurare un alto grado di indipendenza dei singoli commissari, chiamati a rispondere al Presidente, piuttosto che agli Stati membri.

Infine sarebbe opportuno definire un sistema di garanzia giurisdizionale, con una precisa indicazione sulla sua rapidità, e attivabile anche su iniziativa del Parlamento per assicurare il rispetto della clausola dell'indipendenza. E' naturale che il regolamento del Parlamento dovrebbe prevedere procedure ben definite per attivare un simile meccanismo al fine di evitare ogni uso distorto.

4. Competenze

Infine è opportuno affrontare il principale problema: quello della competenza esecutiva della Commissione. Questo non è il luogo per una completa definizione dei compiti della Commissione, ma è opportuno soffermarci su qualche punto.

In particolare, si dovrebbero ben definire le competenze della Commissione, a partire dagli articoli 145 e 155 del trattato CE, opportunamente modificati, nei settori seguenti:

- impulso e iniziativa politica e legislativa;

- esecuzione puntuale e coerente delle norme comunitarie, allorché la loro esecuzione non spetta agli Stati membri, tenendo conto del controllo politico esercitato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, secondo idonee procedure;

- controllo degli obiettivi e delle procedure (ferme restando le attribuzioni degli organi giurisdizionali).

Quest'ultima questione presenta un'importanza particolare se si riflette al fatto che una revisione del Trattato dovrebbe fissare più ampi poteri agli Stati membri, specie dopo un ulteriore ampliamento, per l'esecuzione degli obiettivi e delle norme dell'Unione. E' evidente che questa circostanza impone che la Commissione eserciti il suo ruolo di guardiana del Trattato in modo molto più pronunciato e che le siano attribuiti poteri di controllo più puntuali già nel corso della preparazione degli atti nazionali che devono dare esecuzione a norme generali comunitarie. Diversamente il sistema tenderebbe a divaricarsi nella realizzazione degli obiettivi, spingendo gli Stati membri a rilanciare la riprovevole abitudine a definire atti normativi teoricamente a carattere generale e con un forte riferimento alla responsabilità degli Stati membri in termini completi ed assai poco aperti ad una vera attività di esecuzione da parte degli Stati stessi. Eppure, un ritorno a direttive contenenti soprattutto obiettivi da ra

ggiungere, secondo la definizione del Trattato CE, si prospetta come indispensabile se si vuole dare al principio di sussidiarietà un senso compiuto, specie in un'Unione ben più larga dell'attuale. Per quel che riguarda il potere di iniziativa, un rafforzamento s'impone nei settori coperti dal secondo e terzo pilastro, per alcuni aspetti dei quali il potere d'iniziativa della Commissione non solo non è esclusivo, ma è proprio previsto. Per altro verso le disposizioni sul potere d'iniziativa del Parlamento europeo dovrebbero essere ben più vincolanti per la Commissione, nel quadro, certo di un rapporto politico e non di burocratica dipendenza, a partire dalle nuove proposte contenute nel progetto di codice di condotta.

5. La struttura

Sulla scorta di quanto detto in precedenza, esistono problemi di struttura dell'esecutivo.

Nel caso in cui si optasse per la composizione allargata della Commissione è necessaria la previsione di un "consiglio di gabinetto" capace di definire un orientamento politico generale. Tale struttura dovrebbe tenere conto più delle presenze politiche nella Commissione più che di quelle nazionali; inoltre non dovrebbe essere concepita in funzione di una mortificazione degli Stati meno grandi. Gioverà, a questo proposito, ricordare il ruolo importantissimo svolto da commissari e Presidenti di Commissione provenienti dagli Stati più piccoli per lo sviluppo della costruzione europea.

Vi è poi il problema delle funzioni da attribuire ai commissari. Da un lato va certamente confermata una funzione verticale, assicurata dall'attribuzione ad alcuni commissari di responsabilità politiche e di gestione collegate alle strutture amministrative permanenti della Commissione e funzione delle politiche individuate nei Trattati. D'altro canto, proprio il ruolo preminente del Presidente, dovrebbe consentirgli di attribuire ad alcuni commissari delle funzioni politiche specifiche, legate all'esigenza di affrontare temi complessi e che sfuggono alla struttura suaccennata o di coordinare l'opera di più commissari. A questo fine si potrebbe ugualmente riflettere ad un sistema di comitati di commissari, più direttamente responsabili di istruire problemi che rilevano della responsabilità di più dicasteri. Questa proposta non dovrebbe però aprire la strada ad una estrema parcellizzazione delle responsabilità in un medesimo settore, ma soltanto essere un rimedio per situazioni in cui determinate materie ricad

ono sotto responsabilità effettivamente diverse.

Infine bisogna ribadire il ruolo dei commissari incaricati dei settori degli affari esteri e della cooperazione giudiziaria e per la sicurezza interna, settori chiaramente sensibili e il cui trasferimento nel sistema delle competenze comunitarie rischia di essere fatto col contagocce e con molte precauzioni. La loro nomina dovrebbe permettere una maggior fiducia degli Stati membri garantita dalla procedura di designazione; non si dovrebbe però arrivare a farne organismi paralleli alla Commissione, che deve puntare a comprenderne gli ambiti di responsabilità anche se è evidente il rapporto stretto che essi avranno con l'insieme degli Stati membri.

 
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