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Danesin Alessandro, Parlamento europeo, Commissione istituzionale - 26 gennaio 1995
PE 1996: il processo decisionale

IL PROCESSO DECISIONALE NEL SETTORE LEGISLATIVO ED INTERNAZIONALE

Redattore: on. Alessandro DANESIN

SOMMARIO: Il documento del deputato Danesin contiene nella sua ultima parte un elenco molto interessante che riprende le 22 procedure decisionali dell'Unione europea. Quanto alle proposte, il deputato riprende le tradizionali proposte del Parlamento europeo in termini di organizzazione del potere legislativo dell'Unione: codecisione tra il PE ed il Consiglio in tutte le materie di competenza dell'UE, ridefinizione della gerarchia delle norme, riduzione dalle attuali cinque procedure decisionali del PE a tre (consultazione, procedurq per assenso e co-decisione). Fa successivamente alcune proposte per una migliore organizzazione della procedura di codecisione esistente (art. 189b). Per quanto riguarda la procedura di decisione in campo internazionale - ed in particolare per la conclusione di accordi internazionali - il deputato Danesin propone la modifica dell'articolo 228 in modo da includere il PE nella definizione del mandato di negoziato alla Commissione e per avere una più uniforme partecipazione delle Is

tituzioni dell'Unione nelle decisioni che riguardano i rapporti con paesi terzi. (PE, Bruxelles, 26 gennaio 1995)

INTRODUZIONE

Per rinforzare la sua capacità d'azione, assicurare la sua legittimità democratica, migliorare la trasparenza dell'azione europea e preparare l'entrata nell'Unione di potenziali nuovi Stati Membri, l'Unione europea deve parimenti svilupparsi e consolidarsi a livello istituzionale e decisionale.

Da molto tempo s'imponeva e si impone tutt'ora, la necessità di democratizzare e semplificare il processo decisionale comunitario.

L'elezione del P.E. a suffragio universale aveva marcato una tappa importante in questo senso. E il P.E. stesso aveva manifestato il suo sostegno e la sua volontà per mezzo del progetto del Trattato sull'Unione europea del 1984, progetto ispirato da Altiero Spinelli. A sua volta l'Atto Unico ha realizzato qualche progresso in questo senso. Ma sarà merito del Trattato di Maastricht - quali che siano, d'altronde i suoi deficits - di conferire al processo di decisione comunitario una dimensione democratica, limitata ma effettiva.

Il livello di democratizzazione più importante del processo decisionale contenuto nel T.U.E. riguarda tuttavia l'aumento di potere decisionale del P.E.

Questo aumento, prima di tutto, si identifica dall'estensione del potere riconosciuto al P.E. di emettere un parere conforme (otto casi al posto dei due precedenti) e soprattutto dalla procedura di cooperazione istituita dall'Atto Unico (quindici nuovi casi).

Ma è con la creazione di una nuova procedura, stabilita dall'art. 189 B del T.U.E. (procedura di codecisione) che si conferisce finalmente la funzione di colegiferare al P.E.

Tale procedura è applicabile alla regolazione del mercato interno, ad altri importanti materie quali ad esempio i programmi quadro relativi alla ricerca, all'ambiente o alle reti transeuropee. In "prima facie" possiamo sottolineare che conferendo al P.E. un reale potere di delibera sanzionato in ultima istanza da un diritto di veto assoluto, la procedura di codecisione, malgrado la sua macchinosa complessità, instaura un precedente suscettibile di essere esteso ad altri campi di applicazione. Inoltre istituzionalizzare un contatto diretto tra il P.E. e il Consiglio in seno al comitato di conciliazione, in presenza della Commissione, "apre la porta" ad un nuovo tipo di dialogo suscettibile di modificare i rapporti interistituzionali.

Nel corso di questa relazione, pertanto, esamineremo le implicazioni che le procedure, attualmente in uso, comportano nello svolgimento del processo decisionale comunitario, evidenziando quindi i problemi principali attinenti alla macchinosità di quest'ultime e proponendo delle possibili opzioni per migliorare la democrazia, la trasparenza, e l'efficacia nelle decisioni comunitarie.

ANALISI DEI PROBLEMI PRINCIPALI, PROPONIMENTI

Attualmente le procedure legislative, molteplici e macchinose, oltre a creare confusione sulla base giuridica, sono alquanto disorganiche.

Infatti non risulta chiara la ragione per cui, nei diversi processi normativi, il PE disponga, volta a volta, di procedure di coinvolgimento più o meno significative e risulta invece chiarissimo che il Sistema mantiene una netta preminenza di poteri legislativi al Consiglio.

Non può non rilevarsi che non viene chiaramente sancita quella appropriata gerarchia tra le diverse categorie delle norme che costituerebbe la necessaria premessa per una configurazione chiara dei ruoli legislativi delle diverse istituzioni.

La coerenza del processo legislativo della Comunità è al momento attuale compromessa dall'esistenza parallela delle procedure di consultazione, cooperazione e codecisione, e in alcuni casi dalla procedura del parere conforme, (combinate con votazione a maggioranza qualificata ovvero all'unanimità in seno al Consiglio). E non solo.

Infatti esistono diverse possibilità di sovrapposizioni tra procedure legislative e, se non si procederà a chiarire e semplificare la situazione attuale, è probabile un aumento dei conflitti istituzionali, soprattutto per quanto concerne la base giuridica delle proposte.

In effetti, la scelta tra una procedura o un'altra non si basa su criteri logici. A questo proposito possiamo citare come, nonostante l'articolo A del TUE prevede che "le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini" un elemento chiave del mercato interno quale l'armonizzazione fiscale sia tuttora regolato dalla procedura di consultazione, mentre su altre questioni relative al mercato interno è normalmente seguita la procedura ex art. 189 B del Trattato CE.

Esiste la possibilità di sovrapposizioni tra le diverse procedure legislative, quali ad esempio nel caso della scelta della procedura legislativa da adottare nel caso delle reti transeuropee.

(A latere, tra l'altro, è necessario determinare una maggiore classificazione - rebus sic stantibus - degli orientamenti di cui all'articolo 129 B, (reti transeuropee), in guisa da non sovrapporre le due basi giuridiche (codecisione e cooperazione) previste dall'art. 129 D TCE rendendo cosi più chiarezza nell'intento del legislatore.)

In effetti, l'attuale varietà di procedure legislative (sono state individuate non meno di 22 varianti nelle procedure decisionali dell'U.E., di cui si allega elenco) porterà inevitabilmente a un aumento del numero di conflitti tra Consiglio, Parlamento e Commissione sulla base giuridica di una determinata proposta, creando così un aumento del gap, già assai grande, tra le Istituzioni e i cittadini.

Analizzando più in dettaglio i problemi concernenti la procedura di codecisione (art. 189 B Trattato CE), e partendo dalla considerazione che la stesura dell'articolo come ora si trova nel trattato è frutto di un compromesso tra gli Stati che appoggiavano, già in fase di progetto, l'estensione della procedura alla generalità degli atti legislativi (Italia, Germania, Grecia, per es.) e quelli che volevano limitare il campo d'applicazione (Danimarca, Portogallo e Regno Unito), occorre subito sottolineare come la mancanza di un accordo politico nel campo di applicazione della codecisione, veniva già sancito per mezzo dell'art. 189 B 8 collegato all'articolo n.2 2 Trattato CE sulla revisione dello stesso.

Una prima carenza che può essere pertanto evidenziata riguarda l'attuale limitato campo d'azione della procedura. Si auspica in seno alla CIG del '96 che la codecisione diventi di applicazione generale, almeno in tutti i casi in cui in seno al Consiglio si ricorre alla votazione a maggioranza qualificata, estendendo pertanto tale votazione ad alcuni aspetti della ricerca (art. 130 I Trattato CE: programma quadro) e della cultura (art. 128, 5 Trattato CE: azioni d'incoraggiamento) permettendo così un maggiore coinvolgimento del PE nelle decisioni che riguardono i cittadini europei.

Esistono anche diversi problemi o ambiguità in merito al ruolo istituzionale da svolgere da parte della Commissione Europea e dal Consiglio. Infatti le procedure da seguire ex art. 189 A e 189 B Trattato CE afferenti la Commissione e il Consiglio sono controverse perchè non è chiaro se la Commissione può modificare la sua proposta dopo la posizione comune del Consiglio, ovvero se si deve ritenere che il Consiglio abbia già deliberato ex art. 189 A 2. Inoltre è ambiguo se il Consiglio può imporre la sua originaria posizione comune ex art. 189 B 6 a maggioranza qualificata anche contro il parere della Commissione Europea.

Altri rilevanti punti di deficit democratico sono la poco soddisfacente natura della "petite conciliation" dove sarebbe auspicabile continuare nei negoziati formali interistituzionali piuttosto che una mera e poco fruttuosa precisazione del Consiglio; la poca chiarezza dell'art. 189 B 6 Trattato CE viene ad evidenziarsi quando si fa riferimento alla possibilità che ha il Consiglio di confermare la sua originaria posizione comune "eventualmente con emendamenti proposti dal PE" nel caso di fallimento della procedura di conciliazione PE/Consiglio. Il Consiglio afferma di poter adottare soltanto gli emendamenti formalmente proposti dal PE in seconda lettura e non quelli proposti dalla delegazione parlamentare di conciliazione durante i negoziati con il Consiglio.

Per quanto riguarda i problemi di comitatologia non è chiaro perchè il Consiglio non condivida il parere del PE che ritiene necessario avere poteri equivalenti a quelli del Consiglio stesso per le misure di attuazione risultanti dalla legislazione addottata mediante la procedura di codecisione. In sintesi, se il PE è partecipe a pieno diritto nella codecisione, a maggior ragione lo deve essere nelle procedure comitologiche ad essa afferenti.

Si ritiene pertanto che l'attuale procedura ex art. 189 B sia un primo passo, una base di partenza per un migliore aspetto delle procedure decisionali comunitarie nella loro continua dinamica evolutiva.

Essa è accettabile unicamente nella prospettiva dell'adozione di un calendario e di scadenze precise e vincolanti per la trasformazione della Comunità in Unione su base federale, secondo la proposta di costituzione elaborata dal PE.

E' infatti opportuno sottolineare che finchè non sarà affidato al PE un intero e completo ruolo nel processo decisionale, con le opportune e migliorabili proposte di modifica in itinere, risulta ineludibile una presenza vigile e informata dei Parlamenti nazionali nelle fasi di elaborazione e di attuazione delle procedure decisionali del diritto comunitario. Esiste il rischio che l'attuale gap esistente tra istituzioni e cittadini - ovvero il cosidetto "deficit democratico" della Comunità - si allarghi vieppiù. Si assiste infatti all'erosione delle competenze dei Parlamenti nazionali, per il trasferimento di competenze a livello intergovernativo e/o esecutivo, senza che quest'ultime siano state pienamente compensate dall'accresciuto ruolo del PE.

OPZIONI POSSIBILI

Tra le diverse possibili opzioni che vengono proposte per i problemi concernenti le procedure legislative vi è innanzitutto la proposizione di identificare un modello istituzionale rispondente inizialmente ai tre seguenti principali requisiti: efficacia nell'azione collettiva, trasparenza e democrazia. Ci deve pertanto essere una doppia legittimità democratica, quella dei cittadini e quella degli Stati.

In questo modello i rappresentanti degli Stati (Consiglio) e i rappresentanti dei cittadini (Parlamento) devono essere associati permettendo pertanto il riconoscimento della duplice legittimazione comunitaria, affidando pienamente il potere legislativo al PE e al Consiglio (co-legislazione), lasciando l'esecuzione di queste "decisioni comunitarie" agli Stati membri.

L'uguaglianza colegiferante tra Consiglio e Parlamento si potrà anche realizzare appieno se si proporrà una ripartizione in questi termini: gli atti di natura legislativa o regolamentare saranno di competenza ultima (per l'adozione dell'atto) del PE, gli altri atti al Consiglio (per esempio accordi di cooperazione).

Dal punto di vista del PE è auspicabile che le proposte formulate e sostenute da una maggioranza assoluta dei membri del PE debbano poter essere approvate dalla maggioranza qualificata del Consiglio, snellendo così la procedura.

Si sottopone pertanto la possibilità che le attuali cinque procedure (informazione, consultazione, cooperazione, parere conforme e codecisione) possano essere ridotte a tre sole (consultazione, codecisione, parere conforme). Purtuttavia, nonostante la procedura di consultazione sia quella che vanta più lunga tradizione e nonostante la sentenza della Corte di Giustizia nel caso isoglucosio del 1980 abbia consolidato i poteri contrattuali del PE rispetto al Consiglio e Commissione, incidendo quindi significativamente nel processo decisionale, non posso non ricordare che il parere del PE è non ufficialmente vincolante e pertanto non adeguato alla politica che cerchiamo nella CIG '96. Si noti comunque che la procedura di consultazione potrebbe essere mantenuta in alcuni campi di applicazione soprattutto nel secondo e terzo pilastro del TUE e in alcune procedure comitatologiche auspicate dal PE.

Per la procedura di cooperazione, invece, sebbene sia stata estesa dal Trattato sull'UE a 15 nuovi settori, è ancora dominio totale di adozione finale del Consiglio dell'atto decisionale.

Riassumendo, tre sono attualmente le procedure decisionali: consultazione, codecisione (semplificata e applicata a tutto il campo legislativo) e parere conforme, dove però è auspicabile non intenderlo più come un potere negativo del PE (in quanto dà semplicemente la possibilità al PE di accettare o respingere un pacchetto normativo negoziato da altri), ma soprattutto estendere il campo di applicazione dell'art.130 D trattato CE (definizione di compiti, obiettivi, organizzazione e coordinamento dei fondi strutturali) dalla procedura di parere conforme a quella di codecisione in quanto tale dominio riguarda molto da vicino i cittadini d'Europa.

Per snellire le procedure decisionali occorre modificare radicalmente il sistema attuale di basi giuridiche che variano in funzione della natura della decisione e della materia o campo afferente.

Si può optare per un nuovo semplificato schema dove, a seguito della proposta della Commissione Europea, si inizia una semplificata procedura di codecisione con il Consiglio che decide alla doppia maggioranza (e quindi limitare l'unanimità, anche perché con i successivi possibili ampliamenti ci può essere un rischio maggiore di bloccare così de facto lo sviluppo e la dinamica evolutiva dell'integrazione comunitaria) e il PE alla maggioranza assoluta dei membri effettivi. L'unanimità in seno al Consiglio, per esempio con 27 Stati Membri, é piu difficile da raggiungere che con 12 paesi.

Inoltre, il compromesso di Ioannina ha evidenziato come i problemi afferenti al decision-making del Consiglio sono ben presenti. In questa prospettiva, in sede di CIG '96, bisognerà analizzare gli effetti pratici per potere, tra l'altro, sviluppare la riflessione sulle formule alternative, suscettibili di favorire quindi una pratica di voto maggioritario e la dinamica che ne risulterà da questa generalizzazione.

L'unanimità dovrebbe tuttavia ancora sussistere in seno al Consiglio - e quindi avere quest'ultimo l'ultima parola - per quei soggetti di portata generale quali per esempio: l'adozione di nuove risorse proprie, la modificazione dei trattati con parere conforme del PE, la scelta delle sedi delle eventuali future agenzie dell'Unione: per questi temi non è quindi probabilmente opportuno arrivare all'applicazione della procedura di codecisione.

Per quanto riguarda la durata delle procedure legislative si auspica la fissazione di un termine fisso entro il quale il PE e il Consiglio siano tenuti ad assumere una posizione in prima lettura.

E non solo. Nell'attuale testo dell'articolo 189B al 2D non è prescritto alcun termine al parere che la Commissione deve formulare sugli emendamenti proposti a maggioranza assoluta dei membri del PE alla posizione comune. Proporre un ragionevole termine (per esempio tre settimane) alla Commissione per formulare la sua opinione favorirebbe una migliore autodisciplina interna, una maggiore trasparenza e una chiara coerenza di procedure.

Sempre per snellire la procedura ex art. 189B, sarebbe da vagliare l'opportunità di riconsiderare alcuni punti e paragrafi del testo che l'ex presidente del PE, E. Baròn Crespo aveva trasmesso in sede di negoziato al Consiglio europeo di Maastricht.

Per esempio, il paragrafo 6 dell'art. 189B trattato CE (testo attuale), dovrebbe essere modificato al fine di eliminare la possibilità per il Consiglio di adottare unilateralmente un atto legislativo dopo il fallimento della procedura di conciliazione, caso nel quale il ruolo del PE sarebbe ridotto a un voto di rigetto del testo proposto.

Si potrebbe pertanto sopprimere la cosidetta terza lettura rendendo in tal modo la procedura più celere e più paritaria tra Consiglio e Parlamento, evidenziando così le due Istituzioni come entrambe responsabili del successo o del fallimento della conciliazione.

Si è già discusso di accelerare, se possibile, i tempi di attesa tra una fase e l'altra della procedura, ma non solo, si richiede anche di semplificare il sistema dei termini e delle eventuali settimane aggiuntive rendendo così più flessibile e meno rigido il testo del Trattato.

Bisogna inoltre aggiornare l'art. 145 del trattato CE in quanto non tiene conto degli atti del PE e del Consiglio previsto dalla procedura di codecisione all'art. 189B (Trattato CE). Il modus vivendi (accennato nell'introduzione di questa relazione) sulla comitatologia è di natura provvisoria e in sede di CIG '96 tale problema dovrà trovare una soluzione equa e democratica.

Tra le opzioni di scelta in ordine alla comitatologia di codecisione si sottolineano:

- una completa partecipazione del PE, con diritto quindi, in sede finale, di respingere una decisione;

- una riduzione del numero e della complessità delle procedure comitatologiche;

- una maggiore informazione del PE in merito sia ai comitati sia alle misure loro sottoposte a tutti gli stadi della procedura;

- una procedura di consultazione del PE da parte del Consiglio qualora un progetto di atto di esecuzione venga deferito al Consiglio a seguito di un conflitto interno alla Commissione e comitato d'esperti;

- un rafforzato ruolo del PE attraverso una procedura di concertazione fra questi ed il Consiglio in caso di parere negativo formulato dal PE.

PROBLEMI CONCERNENTI IL PROCESSO DECISIONALE IN CAMPO INTERNAZIONALE

Esistono molteplici problemi nel processo decisionale dell'Unione Europea in campo internazionale, che rappresentano le problematiche da affrontare in sede di CIG '96:

- le differenti procedure ancora esistenti nei tre trattati (CECA, EURATOM, CE) per quanto riguarda la conclusione di accordi internazionali;

- le ambiguità in merito all'interpretazione degli articoli 113 e 228 del trattato CE;

- il ruolo di secondo piano del PE nelle decisioni a livello internazionale nell'ambito della competenza comunitaria, sono solo alcuni esempi delle problematiche da affrontare in sede di CIG '96.

Analizziamo inizialmente il ruolo del PE. Questo presenta senza dubbio un bilancio di secondo piano.

Infatti il PE non è formalmente coinvolto prima dell'inizio dei negoziati (non partecipando quindi alla iniziale messa a punto, di una definizione della politica da seguire), e nel corso dei negoziati il PE si limita essenzialmente ad informazioni di natura non ufficiale (procedura Luns-Westerterp).

L'unica partecipazione formale si ha solo dopo la conclusione degli accordi ed anche in tal caso, con varie modalità: parere conforme sugli accordi di adesione con i nuovi Stati membri (art. 237), sugli accordi di associazione (art. 238) e sugli "altri accordi" di cui all'articolo 228 3. Tale ultimo articolo, pur se soddisfacente, non chiarisce in modo adeguato quali siano gli accordi che rientrano nelle sue competenze.

Il PE non è invece neppure consultato per quanto concerne accordi negoziati sulla base dell'art. 113 3 ("accordi con uno o più Stati o organizzazioni internazionali"), mentre invece lo è per gli altri accordi contemplati dall'art. 228 3: tale implicazione e rinvio di articoli, oltre ad appesantire la lettura della norma, rendono poco soddisfacente la chiarezza.

Il PE inoltre non è neanche menzionato in altri importanti articoli del Trattato, quali gli articoli 112 (aiuti concessi all'esportazioni Paesi terzi), 115 (esecuzione misure politica commerciale), 228A (PESC e relazioni economiche Paesi terzi)del Trattato CE.

Non viene altresì prevista, a differenza di altri campi, una Relazione della Commissione (periodica) sulla sua attività in materia di accordi internazionali e sulla gestione della politica commerciale comune: ciò rende praticamente vano (per ovvi motivi) il controllo politico della Commissione da parte del PE.

Per quanto riguarda più in particolare la natura degli art icoli 113 e 228 del Trattato CE, si rileva oltre all'ambigua formulazione, la confusa coesistenza di votazione a maggioranza qualificata e di votazione all'unanimità da parte del Consiglio (art. 228 Trattato CE).

Anche a livello di rappresentanza a livello internazionale occorre sottolineare il difficile rapporto interistituzionale in quanto la divisione delle competenze tra UE e stati membri è molto complicata, e non esiste un modus vivendi. Questa situazione complica de facto un'estensione della partecipazione di un eventuale osservatore (in sede di delegazione) del PE.

OPZIONI POSSIBILI

Gli accordi esterni vengono approvati ed applicati all'interno dell'UE mediante atti legislativi "sui generis", ed è auspicabile, pertanto, che se nell'adozione di misure interne si applica la codecisione, nell'adozione di atti esterni venga introdotto in toto il parere conforme, rendendo così un'alta dimostrazione di rispetto della democrazia.

Se si vuole invece mantenere in toto l'art. 228 TCE allora sarebbe auspicabile che sino dall'inizio della procedura il PE sia associato al mandato (cioè, alle linee direttrici del negoziato, le quali però in seguito dovrebbero essere gestite dal Consiglio in quanto esiste una naturale esigenza di riservatezza su talune questioni, soprattutto di natura politica-economica).

Allora per la volet riservata si fa riferimento al Consiglio, per la volet pubblica si può associare il PE e, se si decide in sede di revisione di CIG '96 di estendere a questo campo il parere conforme, sarà opportuno che le linee direttrici siano approvate sino dall'inizio dal Consiglio e dal PE.

Quindi più presenza del PE sino dall'inizio delle trattative, soprattutto per essere sicuri che il PE sia, a grandi linee almeno, d'accordo con gli obiettivi del negoziato stesso, al fine di evitare un eventuale rifiuto del parere conforme.

Per quanto riguarda infine la rappresentanza dell'Unione Europea in seno alle organizzazioni internazionali (per es. FAO) o a quelle a carattere economico come l'OMC, oltre alla riformulazione dell'art. 113 TCE (che attualmente esclude il PE), è auspicabile come prima accennato una disposizione che tenga conto di un "codice di condotta" da negoziarsi tra Commissione e Stati membri, salvaguardando così il ruolo del PE, e possibilmente inserendolo nel sistema, in quanto questo rappresenterebbe un passo importante per la riduzione del deficit democratico dell'UE.

Allegato 1: ATTUALI PROCEDURE DECISIONALI DELL'UE

Sono state individuate non meno di 22 varianti nelle procedure decisionali dell'UE.

1. Procedura senza consultazione del Parlamento europeo, a maggioranza semplice in seno al Consiglio (per esempio articolo 213 del trattato CE) ... ovvero a maggioranza qualificata (per esempio gli accordi commerciali di cui all'articolo 113 del trattato CE o le misure previste dall'articolo 228 A del trattato CEE) .....

3. o all'unanimità (per esempio articoli 103 A, 194 e 198 A del trattato CE);

4. procedura di consultazione del PE, a maggioranza qualificata in seno al Consiglio (articolo 43 del trattato CE), o

5. all'unanimità (articolo 8 B paragrafo 1 e 2 o articoli 99 e 100 del trattato CE);

6. procedura di cooperazione in conformità dell'articolo 189 C;

7. procedura di codecisione in conformità dell'articolo 189 B, a maggioranza qualificata del Consiglio ...

8. o all'unanimità (cultura, programma quadro di ricerca);

9. procedura del parere conforme del Parlamento europeo, a maggioranza semplice del Parlamento europeo (per es. articolo 8 A, paragrafo 2 e articolo 228, paragrafo 3, secondo comma del trattato CE) ....

10. o a maggioranza dei membri che compongono il Parlamento europeo (articolo 138, paragrafo 3, secondo comma del trattato CE o articolo O del trattato UE);

11. procedura di bilancio (con varianti);

12. procedura senza proposta della Commissione (per esempio taluni casi nel contesto dell'unione economica e monetaria, il caso dell'articolo 213 del trattato CE e dell'articolo K 1, paragrafi 7, 8 e 9 del trattato UE relativo alla cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni);

13. procedura su una proposta formulata da uno Stato membro (articolo J 8, paragrafo 3 del trattato UE: politica estera e di sicurezza comune);

14. procedura su raccomandazione della Commissione (diversi casi nel contesto dell'unione economica e monetaria);

15. procedura su raccomandazione della Commissione e del Consiglio e decisione del Consiglio a livello dei Capi di Stato e di Governo (articolo 109 j, paragrafi 2, 3 e 4 del Trattato CE);

16. procedura su consultazione del Comitato economico e sociale;

17. procedura su consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni;

18. procedura su consultazione della Banca centrale europea;

19. procedura su consultazione del Comitato monetario;

20. procedura su consultazione del Comitato politico;

21. procedura su consultazione del Comitato "articolo K 4";

22. procedura con l'accordo comune del Parlamento europeo e della Commissione (articolo 138 C del Trattato CE).

Anche se non tutte le procedure suindicate vengono impiegate in un contesto legislativo, la possibilità di varianti è sempre molto elevata.

 
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