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Monti Mario, Il Corriere della Sera - 5 febbraio 1995
APPUNTAMENTO CON L'EUROPA

di Mario Monti

SOMMARIO: In questo articolo il neo-commissario europeo si compiace di vedere presenti come priorità nel programma del nuovo governo Dini "Quattro linee direttrici della costruzione europea": "Convergenza macroeconomica, passi verso la moneta unica, utilizzo dei fondi che l'Unione mette a disposizione per rafforzare le economie degli Stati membri, regole per il grande Mercato unico e concorrenziale." (Il Corriere della Sera, domenica 5 febbraio 1995)

Nelle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio Lamberto Dini, l'attiva appartenenza dell'Italia all'Unione europea è vista come punto di riferimento dell'azione di governo. Un riferimento che si coglie su due piani: quello culturale-politico e quello programmatico.

Sul piano culturale e politico, il presidente Dini ricorda che: "L'idea di Europa è radicata nella nostra cultura; è condivisa da tutte le parti politiche; è sostenuta dal consenso popolare". Sia consentito un commento. Si tratta di tre affermazioni forse banali, per gli italiani. Eppure, in un numero elevato e crescente di Paesi membri dell'Unione, l'idea di Europa non è radicata nella cultura nazionale, non è condivisa da tutte le parti politiche, non è sostenuta dal consenso popolare. Non a caso il presidente della Commissione, Jacques Santer, nel suo primo discorso al Parlamento europeo, ha indicato come obiettivo prioritario proprio la "riconquista delle nostre opinioni pubbliche" all'idea dell'Europa. Per contribuire alla costruzione europea, e per valorizzare il suo ruolo in Europa, l'Italia possiede una "materia prima" importante e sempre più rara: un'opinione pubblica favorevole all'integrazione. Il compito che l'Italia ha dinanzi a sé - rendere coerenti con il desiderio di integrazione gli effettiv

i comportamenti economici e politici, e in ultima analisi il bilancio pubblico - è molto impegnativo. Ma non meno arduo è quello che attende altri Paesi, che pure spesso consideriamo più "europei": persuadere all'Europa una popolazione restia all'integrazione.

Sul piano programmatico, il presidente del Consiglio fa scaturire dal riferimento europeo i principali obbiettivi della politica economica e la sua stessa articolazione temporale.

L'articolazione temporale è definita in modo giustamente impietoso: "Il tempo gioca contro di noi: ogni ritardo nell'assunzione delle misure necessarie al rissanamento finanziario ed economico aumenta il divario di velocità tra l'Italia e le nazioni del gruppo europeo di testa. Anche i mesi ormai sono preziosi e non possono trascorrere nell'indecisione, figlia dell'incertezza".

Gli obbiettivi, ancorati anch'essi all'Unione europea, sono definiti sia in termini macroeconomici (a cominciare dal contenimento del disavanzo pubblico, campo nel quale i mercati e le istituzioni internazionali si attendono una decisa accelerazione del risanamento), sia in termini strutturali. E' opportuna una annotazione su ciascuno dei due aspetti.

Quanto alla politica macroeconomica, il presidente Dini ha dichiarato che "Il rientro nello Sme resta un nostro primo obiettivo" e il ministro degli Esteri Susanna Agnelli ha affermato che "L'avvicinamento e l'inclusione in Europa deve essere il punto più importante della nostra politica estera; gli impegni di Maastricht vanno rispettati". Si delinea così, in termini chiari e tali da non generare equivoci con le istituzioni dell'Unione europea e con gli altri Stati membri, l'atteggiamento dell'Italia nei confronti dell'Unione economica e monetaria. Un atteggiamento che - per quanto riguarda lo Sme, l'accettazione dei criteri di convergenza, l'impegno intenso per attenervisi nei tempi più brevi possibili - coincide con la linea suggerita nei mesi scorsi su queste colonne e allora non sempre condivisa dal precedente governo e dalle stesse autorità monetarie (tanto che il titolo di un articolo, il 1· giugno scorso, fu "L'Europa dimenticata").

Il proposito di realizzare - se possibile fin dal 1997 - l'Unione economica e monetaria almeno tra un certo numero di Paesi che soddisfino alle condizioni richieste è previsto nel Trattato di Maastricht. A tale obbiettivo lavorano la Commissione e l'Istituto Monetario Europeo. Non vi è l'intenzione - né il Trattato lo consentirebbe - di attenuare i criteri di convergenza, come hanno sottolineato il presidente Santer e il commissario per gli affari economici e finanziari Yves Thibault de Silguy.

Ma non vi sono ragioni per cui l'Italia non possa, con un impegno intenso e chiaramente spiegato all'opinione pubblica, adempiere ai criteri in tempo utile: se non per il 1997, per una data di poco successiva. Un sollecito rientro della lira nello Sme - che certo richiederà l'adozione di misure di finanza pubblica e il consenso dei partners, in particolare per quanto riguarda le nuove parità - avrebbe il merito di segnalare concretamente l'impegno dell'Italia a rientrare nella logica della convergenza. E avrebbe anche il merito di far uscire l'Italia da un pericoloso dilemma: che la perdurante debolezza del cambio ravvivi o l'inflazione attraverso i prezzi delle importazioni, o l'insofferenza dei partners, attraverso un rilevante guadagno di competitività dell'Italia (dovuto, appunto, a una svalutazione non compensata da un pari differenziale di inflazione). Un membro del direttivo della Banca centrale di un altro grande Paese europeo ha dichiarato: "Che una potenza economica come l'Italia si trovi nel Merca

to unico europeo con una moneta fluttuante non è, alla lunga, tollerabile" (Le Figaro, 2 febbraio).

Quanto alla politica economica strutturale, le dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio contengono espliciti impegni, pur essi ancorati alla posizione europea dell'Italia. Due soprattutto.

Da un lato, "Il governo si impegna ad avviare la rimozione degli ostacoli a causa dei quali l'Italia si situa all'ultimo posto della graduatoria dei Paesi dell'Unione europea in relazione all'utilizzo dei fondi strutturali".

Dall'altro, "Il governo si impegna a conformarsi prontamente alle direttive comunitarie finalizzate a favorire la libera concorrenza nel Mercato comunitario, in particolare in materia di servizi finanziari".

Convergenza macroeconomica, passi verso la moneta unica, utilizzo dei fondi che l'Unione mette a disposizione per rafforzare le economie degli Stati membri, regole per il grande Mercato unico e concorrenziale. Quattro linee direttrici della costruzione europea. Conforta vederle così presenti nel programma di un governo italiano.

 
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