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Rauti Giuseppe - 28 settembre 1994
MEP*MPE - Rauti (NI)

Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, certamente sono stati fatti dei passi importanti, dei passi positivi alla Conferenza del Cairo. Basterebbe pensare al ruolo prioritario riconosciuto alla donna, basterebbe pensare al rifiuto dell'aborto come strumento di pianificazione familiare, ma anche al ruolo capitale riconosciuto alla famiglia. Se teniamo conto del punto di partenza, sono stati fatti dunque dei grossi passi avanti. E tuttavia un'analisi un pochino più approfondita di questo importante incontro va prendendo piede nella stampa internazionale, specie in quella specializzata: si è rilevato, infatti, che tutti i riflettori della pubblicità, dell'interesse polemico, delle passioni sono stati puntati più sul tema della popolazione - quindi dell'aumento demografico, della famiglia, della donna e dell'aborto - piuttosto che sull'altro tema cui era dedicata la Conferenza, cioè il tema dello sviluppo, dimenticando una cosa essenziale, cioè che i tempi della demografia sono i tempi lunghi,

sono quei movimenti di fondo che vanno avanti anche per decenni indipendentemente dagli interventi che si possono effettuare. Il professor Vaillant uno dei più lucidi e qualificati esponenti dell'Istituto nazionale di studi demografici francese, fa notare, proprio con riferimento alla Conferenza del Cairo, che, quand'anche da domani con un decreto legge planetario si portasse la fecondità delle donne di tutto il mondo allo stesso livello bassissimo che ha la attualmente fecondità delle donne dei paesi occidentali e dell'Europa in particolare, noi comunque dovremmo dare per sicuro un aumento ad 8 miliardi di persone nei prossimi decenni.

Come si deve, l'aumento della popolazione noi ci dobbiamo, comunque misurare: quello che accadrà dopo è oggetto di analisti statistiche e di proiezioni tutte opinabili. Questo aumento, dunque, ci sarà e quindi il discorso andava e va centrato soprattutto nella politica che dovrebbe o potrebbe fare l'Unione europea: politica sul modello di sviluppo, sul tipo di sviluppo, cioè sulla necessità di riequilibrare e non di imporre come modello uno sviluppo che già anche in Europa occidentale e nel mondo attuale fa sì che un quarto dell'umanità consumi i quattro quinti del reddito mondiale. Questo è il nodo del problema, questa è la sfida con la quale in realtà ci dobbiamo misurare, non fra molti decenni ma nei prossimi anni.

 
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