Signor Presidente, anche se in realtà le Istituzioni comunitarie non sono state sufficientemente presenti alla Conferenza del Cairo dal punto di vista politico, credo che oggi possano recuperare con alcune scelte molto coraggiose. Qui si tratta di raccogliere una sfida che la Conferenza del Cairo certamente non ha potuto, attraverso le mediazioni, definire. Si tratta di scegliere: da una parte c'è la cultura della vita e io mi sento schierato da quella parte, perché il diritto alla vita è un diritto universale e un diritto naturale. E' quindi un errore storico, oltre che in gran parte demagogico, mettere a confronto popolazioni sulla base del loro credere più o meno, religioni sulla base della loro diversità d'impostazione filosofica.
In realtà, trattandosi di un diritto che appartiene alla natura dell'uomo, che sia o meno scritto esso fa parte di quei diritti universali che ogni statuto fondamentale di uno Stato - e quindi anche di un'Unione europea - deve poter garantire. Questa è a mio avviso l'impostazione giusta, impostazione condivisa da tutta una cultura anche dalla cosiddetta laica oltre che cattolica - penso alla cultura socialdemocratica italiana, alla cultura di un cristianesimo diffuso nel mondo. Credo che, come Parlamento europeo, si debba uscire allo scoperto e indirizzare gli Stati membri della Comunità, attraverso opportune risoluzioni, verso una responsabilizzazione maggiore della donna, ma anche dell'uomo, istituendo alcuni strumenti istituzionali; penso all'adozione internazionale prenatale, ad aiuti economici che possano essere erogati attraverso gli enti locali anche alle donne le quali possono essere indotte ad abortire da problemi economici e sociali. Optiamo dunque per una cultura di garanzia della vita che è anche
una cultura di dignità europea.