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D'Andrea Giampaolo - 26 ottobre 1994
MEP*MPE - D'Andrea (PPE).

Signor Presidente, torniamo a parlare di questi temi in un momento nel quale si organizzano manifestazioni per celebrare i cinquant'anni dalla fine dell'occupazione nazifascista. Con esse, avremmo voluto salutare anche la definitiva conclusione di una stagione segnata dall'intolleranza, dalle persecuzioni razziali, dallo sterminio programmato, dalle aberranti teorie sulla pulizia etnica.

Purtroppo questo non è del tutto possibile perché, dalla sozzura della storia riaffiorano, talvolta in maniera preoccupante, concezioni e comportamenti che ci turbano profondamente ed alimentano in noi una viva preoccupazione per il futuro dell'Europa e del mondo. Ciò accade non solo ad opera di forze e movimenti che a quell'epoca funesta e a quella tradizione esecrabile si richiamano esplicitamente, rivendicandone l'eredità, ma anche ad opera di forze che, con una patina di modernità, e per ciò in modo più insidioso, strumentalizzano spregiudicatamente timori, ansie ed inquietudini per far avanzare una cultura dell'egoismo, della chiusura, dell'intolleranza, che si nutre di un pericoloso mélange di pregiudizi, di ignoranza e di cinica propaganda e che fa leva sulle istanze più emotive ed irrazionali, incontrando anche un preoccupante sostegno elettorale in alcuni Stati europei.

E' un'ondata che si può fermare solo assumendo un'iniziativa forte e determinata, globale e coerente, capace, in tutti i campi, di andare oltre il tempo delle buone parole e degli auspici; un'iniziativa che deve partire dall'affermazione, senza riserve, della multietnicità come valore, come ricchezza del nostro tempo, e che deve riuscire ad impedire, a reprimere ed a prevenire ogni forma di intolleranza e di discriminazione; un'iniziativa che dovremmo saper sviluppare tempestivamente utilizzando pienamente gli strumenti che già abbiamo, conferendo organicità ed efficacia agli interventi che sono già possibili, ad esempio in materia di asilo e di immigrazione, due settori da tenere opprtunamente distinti.

Solo così avremo le carte in regola per assumerci obiettivi nuovi in vista del '96, per rafforzare gli strumenti e per adeguare le politiche, ampliando il campo d'intervento dell'Unione e dando un respiro diverso alla stessa cooperazione intergovernativa. Non penso, qui, soltanto al terzo pilastro, ma anche ai rapporti con i paesi terzi, nei confronti dei quali la tolleraznza e la messa al bando di qualsivoglia forma di discriminazione e il rispetto dei diritti umani diventano sempre più delle vere e proprie pregiudiziali allo sviluppo di relazioni costruttive.

Diritti e doveri dovranno essere più attentamente considerati e ridefiniti, sia nelle relazioni tra Stati sia nelle relazioni tra persone, in un contesto più organico e più ambizioso che dovrà trovare nella Costituzione europea la sede più propria di identificazione di principi comuni ai quali sarà più agevole riportare anche la legislazione degli Stati dell'Unione.

 
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