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Pannella Marco - 26 febbraio 1992
LA SINISTRA PEGGIO DELLA DESTRA
(LA CRISI ITALIANA)

di Marco Pannella

SOMMARIO: La sinistra italiana è responsabile quanto e più della "destra" della bancarotta fraudolenta, del dissesto italiano. Lo sfascio che tutti denunciano è il prodotto di decine di migliaia di leggi e leggine votata insieme da maggioranze ed cosiddette opposizioni. Quale credibilità di riformatori possono avere quei politici che sono stati nel cuoro del sistema decisionale e governativo e che ancor oggi occupano tutti i posti di sottogoverno e sottopotere?

Ma nessun partito, senza una riforma immediata di tipo anglosassone, può avere la forza di porre all'ordine del giorno il tema obbligato del deficit pubblico.

(L'INDIPENDENTE, 26 febbraio 1992)

La relazione alla Convenzione repubblicano del tris d'assi Monti, Spaventa, Visentini conferma la mia vecchia denuncia parlamentare e politica della politica di bancarotta, e di bancarotta fraudolenta dello Stato Italiano; per esattezza della partitocrazia a tutti i livelli del suo del suo delinquere, dagli Enti locali all'Amministrazione pubblica in tutti i suoi settori, a cominciare (e non a finire) da quel parastato del mondo bancario ("laico e "cattolico") e finanziario, delle massime imprese "private", delle bardature corporative che hanno ingessato i settori produttivi, o li hanno mandati in putrefazione, maestre tutte nella socializzazione delle perdite e nella privatizzazione dei profitti.

La subalternanza culturale della Banca d'Italia (e delle magistrature amministrative), e quella di gran parte dei nostri maestri finanziari, accademici, romani e meneghini, al sistema ideologico e pratico della partitocrazia - che è un regime in molti casi del tutto nuovo, atipico, fino a ieri, servito e oggi insultato con la stessa cecità di fondo, anziché studiato, conosciuto e combattuto - hanno fatto il resto.

Io accuso in primo luogo coloro che oggi accusano, responsabili quasi o quanto gli altri, i titolari formali della bancarotta fraudolenta, che combattono per succedere a loro nelle stesse funzioni. Del dissesto di fondo, della voragine e della inevitabile produzione di dissesto sempre peggiore, la sinistra italiana è responsabile quanto e più della "destra", inesistente in questo regime, se non come destra populista quanto la sinistra.

Al suo interno, dalla cosiddetta Sinistra indipendente, sono giunti da un ventennio marginalmente e moralisticamente avvisi, esortazioni, conati, dissensi "interni", rassegnazioni in direzione contraria a quella prevalsa. La giungla delle categorie, delle retribuzioni, delle norme, delle esenzione, dei condoni, assolutamente informale e ingovernabile, è il prodotto decine di migliaia di leggi e leggine votate insieme, sin dalla seconda metà degli anni Cinquanta, in genere all'unanimità nelle Commissioni deliberanti del Parlamento, o con voti inutili e preconfezionati "contrari", in un gioco delle parti inverecondo e senza quasi eccezioni. La giungla informativa, in particolare quella radio-televisiva, ma anche quella della carta stampata, appartiene a questo stesso sistema, senza speciali caratteristiche proprie. Ma a tal proposito è interessante notare come, nel silenzio generale dei chierici traditori della cultura, della scienza, degli operatori del mondo del diritto, il precetto costituzionale che impon

e il diritto e la libertà anche di stampa del cittadino s'è volto nel suo contrario, poiché si è tutelata e "protetta" in luogo del diritto, "la stampa", cioè le sue sempre più impure concentrazioni, che hanno sviluppato tecnologie e strutture proibitive del diritto di stampa.

Con un piccolo "saggio", dalle colonne dell'Avanti!, organo allora del partito del presidente del Consiglio, nel 1986, non solamente denunciavo il lasciar trascorrere il periodo delle "vacche grasse" senza por mano, da parte di nessuno, non solamente alle cause, ma nemmeno agli effetti, della bancarotta dello Stato, con un debito pubblico consolidato che denunciavo esser molto al di sopra delle valutazioni ufficiali, già oltre il milione di miliardi.

E già allora tentavo di dimostrare che, senza una riforma immediata di tipo radicalmente anglosassone, bipartitico (e...antibipolare), nessun partito, nessuna forza culturale avrebbe avuto la forza di porre all'ordine del giorno questo tema pur obbligato, se non si voleva e vuole espellere l'Italia dall'Europa, o - con il noto pensatore e operatore Gianni de Michelis - l'Europa stessa dall'"Europa".

Fummo a un passo: il vice segretario vicario del Psi Claudio Martelli, con la tolleranza prudente ma pur calcolata di Bettino Craxi, presidente del Consiglio, si pronunciò "personalmente" per questa proposta di riforma che con il Partito Radicale proponevamo già dagli anni Settanta. L'ostilità dei "laici" e del Pci fece commettere un grave errore di valutazione e si passò, con il solito Mariottto Segni, già da allora, a vagheggiare controriforme "alla francese", con correzioni "tedesche" e paesane. Peccato che anche la Lega, sembra, abbia ora abboccato alla stessa politicante farneticazione, così come una parte dei Verdi.

Sì, caro Direttore, io accuso in primo luogo i "migliori", gli "onesti", i trionfatori di carta nella rissa partitocratica, i loro sostenitori "privati". Quale credibilità essi hanno? Dov'erano , e sono se non nel cuore stesso del sistema decisionale e governativo, mentre questa bancarotta ventennale acquistava le caratteristiche di bancarotta fraudolenta?

E ancor oggi dove sono i loro uomini, e qualche donna, se non in tutti i posti di sottogoverno, sottopotere, nazionale, "privato" e "locale", immaginabile? Ma il gioco è vecchio e legittimato dall'interesse di tutti i regimi di produrre al proprio interno le forze a pretesa detersiva, le saponette cadum o gli omo-che-lava più bianco; sicché da Cossiga a Segni a La Malfa, per non dire agli Occhetto, comunque gli elettori votino "per protesta", "per cambiare", "per dare una lezione", voteranno ancora come ieri, come tutte le volte che, ieri, hanno "cambiato", o creduto di cambiare, dimentichi che mutando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia. Né, ahimé, sembra che gli eccessi giacobini, (per non parlare di quelli che rischiano da "plebei" di divenire solamente "populisti"), dei nostri nuovi "federalisti", li preparino ad affrontare con sufficiente adeguatezza e prontezza questo aspetto fondamentale del dissesto nazionale e "romano".

Per finire un esempio di tremenda (sì, così dovrebbe esser considerato) chiarezza. Come sta dimostrando in questi mesi con ammirevole e scientifica chiarezza, e passione storica e civile, l'avvocato Marotta, il crollo dell'intero sistema dei lavori pubblici e dell'edilizia assistita nel pieno del sistema mafioso e camorrista avviene, nel 1972, con un "decreto Malagodi", presidente del Consiglio Andreotti e presidente della Repubblica Giovanni Leone, che dopo quasi un secolo distrugge definitivamente l'ancoraggio alle leggi della Destra storica, appena toccate dal regime fascista. Si passa dal pagamento trentennale delle opere pubbliche da parte dello Stato agli imprenditori fissato da Spaventa, a quello decennale imposto dal fascismo nel 1926, al finanziamento del 50% immediato delle opere stesse. Con pieno accordo di tutti, repubblicani e comunisti, naturalmente, compresi. Tutti produttori, ma anche ormai prodotti, di queste camorre.

Se io accuso, e accuso, è anche perché lo posso: siamo stati fuori e contro, contro e fuori. Senza di che il pudore imporrebbe di tacere.

 
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