L'ULTIMA CAMPAGNA DI PANNELLAIntervista a Marco Pannella di Massimo Gramellini
SOMMARIO: L'unico modo responsabile per tradurre il sentimento popolare di rivolta contro la corruzione della partitocrazia è quello di costituire un'Alta Autorità che indaghi sui profitti di regime. Tutto il resto è demagogia. Compreso lo sciopero fiscale di Bossi: "Io lo sciopero fiscale lo farei solo se fossi sicuro di poter presiedere un governo che fa la vera riforma, mandando in galera per cinque anni gli evasori".
(LA STAMPA, 24 agosto 1992)
"I politici da indagare non sono cinquecento ma cinquecentomila! Il problema, con Pannella, è sempre un altro.
E' così anche per l'ultima sortita del leader radicale, rimasto solo - con il suo vestito bianco alla grande Gatsby - ad aggirarsi fra i corridoi del Palazzo ferragostano. Giovedì scorso le agenzie di stampa battevano la clamorosa notizia: Pannella aveva deciso di avviare un'indagine contro cinquecento vip del ceto politico italiano, per scoprirne il tasso di corruzione. Una boutade per attirare l'attenzione dei giornali in un momento in cui gli altri politici oziano ancora sotto l'ombrellone? Pannella nega. Una iniziativa implacabile, capace di trasformarlo nel Di Pietro degli onorevoli? Pannella nega anche questo. Anzi, come il lettore potrà scoprire se pazienterà qualche riga, il "dipietrismo" facile, l'attacco demagogico ai partiti condotto dai Bossi e dagli Orlando, è il vero nemico di questo incorreggibile bastian contrario. Che detesta la nomenklatura ma non il suo tempio spodestato: "Il Parlamento mi vuol bene. E io a lui".
- Allora, questa storia dei cinquecento?
Veramente io ho detto cinquecento così per dire. Penso a un'inchiesta sociologica, in cui i nomi dei politici potrebbero anche rimanere anonimi. Un'analisi del tenore di vita e soprattutto di spesa. Non capisco tutto questo rumore: ho altri progetti ben più importanti. Un'Alta Autorità che indaghi sui profitti di regime: ci stanno lavorando Giannini e altri giuristi. Immagino qualcosa di simile ai tribunali del post-fascismo, ma più garantisti. Raccoglieremo milioni di firme fra i cittadini.
- Non è demagogia?
No, è l'unico modo responsabile di tradurre il sentimento popolare. Tutto il resto sì che è demagogia. Attaccare Gelli per coprire i Gelli di oggi; o fare come Mancino, che salta fuori con l'idea del superpoliziotto, ennesimo coordinatore di una polizia in cui tutti coordinano e nessuno comanda. E poi Amato, che ci fa votare la centotredicesima legge sull'ordine pubblico in dieci anni e ha il coraggio di dire: il Parlamento non ci faccia perdere tempo. Tutti demagoghi. Tutti controriformisti. E tutti untori, compreso Martelli. E Bossi, naturalmente, il nuovo Ciceruacchio.
- Che minaccia lo sciopero fiscale.
Bossi è un ribelle. E i ribelli non fanno le rivoluzioni. Per quelle ci vogliono i rivoluzionari. Io lo sciopero fiscale lo farei solo se fossi sicuro di poter presiedere un governo che fa la vera riforma, mandando in galera per cinque anni gli evasori.
- A proposito di governo: sarebbe davvero entrato in quello di Amato?
Io no, perchè posso fare solo il presidente del Consiglio. O, in casi straordinari, il ministro degli Esteri. Ma Emma Bonino sì. Qualcuno deve aver avuto paura di una Bonino al governo e ha preferito lasciarci fuori.
- Bene: torniamo alla lista dei demagoghi. Ci inserisce anche Di Pietro?
No. Lui ha detto che i partiti ci vogliono. Qualunquisti e velleitari sono quelli che lo usano. Alla festa di "Cuore" mi hanno fischiato quando, in polemica con Orlando, ho detto che Di Pietro era uno di quei giudici crumiri contro cui si scatenò il perbenismo democratico, ai tempi dello sciopero della magistratura contro Cossiga. Chi oggi l'applaude, allora lo avrebbe espulso dai tribunali. Stessa musica per Borsellino e Falcone. Adesso li piangono come martiri, ma da giovane a Borsellino, che votava MSI, gli gridavano "topo di fogna".
- Morale della favola?
Che alle prossime elezioni milanesi, mentre i demagoghi si stringeranno intorno al "duro e puro" Dalla Chiesa, io faccio una mia lista e ci metto dentro sapete chi?
- Di Pietro.
No: ci metto Cervetti e Del Pennino, due dei politici inquisiti. Perchè nelle loro tasche ci sono meno soldi che 20 anni fa.
- Li hanno spesi?
Chi è libero dentro ha pochi bisogni. Esisteva un sistema in cui il rubare per il partito era il dover essere, e Orlando c'è stato dentro fino alla fine. Cervetti e Del Pennino hanno attraversato privatamente puliti il mondo della politica.
- Ma, per tornare alla famosa indagine, chi si è sporcato di più?
So a malapena come campo io e forse altri dieci, nel Palazzo. Mai stato a pranzo da un politico, quindi non conosco le case in cui abitano. si parla dell'attico di De Mita, ma proprio perchè se ne parla, quello in fondo è il caso più limpido. E gli altri?
- Già, gli altri?
Come presidente di circoscrizione ad Ostia, ho potuto sapere chi ha comprato case a Valle di Malafede e all'Infernetto...
- Che nomi simpatici.
A Malafede e all'Infernetto, il 40% appartiene ai vari Ligresti e Caltagirone, un 30% rientra anch'esso nell'area dei partiti di governo e il restante 30% spetta alle cooperative rosse. 40, 30, 30: il trionfo del consociativismo, come negli aiuti alla Somalia. Come in quasi tutto, in questo povero Paese.