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Pannella Marco, Marcenaro Andrea - 6 ottobre 1992
"GIUDICI SCHIAVI E TRADITORI"
PANNELLA: I GIUDICI COMPLICI DELLA PARTITOCRAZIA.

Lodi solo per il "crumiro" Di Pietro e il "fascista" Borsellino

Intervista al leader radicale

Pannella spara a zero sui magistrati "complici della partitocrazia"

di Andrea Marcenaro

SOMMARIO: "L'ordine giudiziario limpido e disinteressato difensore dei cittadini contro la partitocrazia? Nemmeno per sogno" Nella polemica aperta dal deputato del PDS, Ferdinando Imposimato, entra con tutta la sua esuberanza Marco Pannella. Il leader radicale accusa: per trent'anni i giudici sono rimasti avvinghiati alla partitocrazia. Ne hanno seguito le mosse, ne hanno condiviso i vantaggi. Pannella spara ad alto zero. Difende Di Pietro, ma punta l'indice contro la corporazione. E' colpa sua se l'evasione fiscale ha imperversato. E' colpa anche dei giudici se la corruzione è dilagata, se l'abusivismo ha devastato il Paese, se gli scandali sono stati soffocati. Alcuni Magistrati "diversi" ci sono, secondo Pannella: i Di Pietro, i Falcone, i Borsellini. Ma la maggioranza dei magistrati si comporta "come quegli schiavi che, dopo aver ben vissuto con il padrone per tanti anni, approfittano della sua vecchiaia di una caduta per strada , per ucciderlo selvaggiamente".

(IL GIORNO, 6 ottobre 1992)

ROMA - Pannella che sostiene Amato. Pannella che vuole l'uninominale. Pannella che se la prende con lo sciopero generale. Pannella che chiede la chiusura del carcere di Pianosa. Che sponsorizza Scalfaro al Quirinale. Che lancia Segni in orbita e, poi, lo molla. Che va in Bosnia, in Erzegovina, che chiede il riconoscimento della Macedonia. Pannella globale, cosmico, da togliere il fiato. A noi, che l'accompagnavamo verso la sua Teramo su una Volvo a 180 all'ora (multa, prego), interessava soprattutto sfruculiarlo sui giudici e la giustizia.Perchè? Semplice. Dalle colonne di questo giornale l'onorevole Imposimato. del Pds, ex giudice, aveva appena accusato i suoi vecchi colleghi di corporativismo, lobbismo e corruzione. E Franco Ippolito, segretario dell'Associazione nazionale magistrati, non l'aveva preso bene: "Imposimato? Un demagogo, un populista, un confusionario". Poi è sceso in campo perfino il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Galloni, per difendere la lesa maestà del

mondo giudiziario. La parola a Pannella era obbligatoria.

D. Onorevole Pannella, come la mettiamo? Chi ha ragione? Imposimato o Ippolito?

R. "Semplice, ho ragione io".

D. La prego...

R. "Guardi, partiamo da un fatto: l'ordine giudiziario, negli ultimi trent'anni, è stato del tutto coeso con la partitocrazia. In tutte le sue componenti: da quella bombarola a quella dorotea".

D. Noi stiamo parlando della magistratura di oggi, quella che le componenti e i partiti li sta facendo letteralmente a pezzi.

R. "E io insisto a dire che la magistratura democratica non lo è mai stata. E' stata democraticista, al massimo, niente di più".

D. Può spiegarsi?

R. "Prendiamo le Procure della Repubblica. Come si autodefiniscono? Indipendenti. Non è un caso".

D. Perché, come dovrebbero definirsi?

R. "Autonome, o interdipendenti, come pretenderebbe il concetto di sottomissione alla legge, anzi, a tutte le leggi. Invece il corporativismo rinvia a un altro concetto".

D. Quale?

R. "Quello secondo cui ogni corporazione detta la propria legge e a quella solamente si attiene".

D. Lei sta sostenendo che la magistratura ha vanificato le leggi?

R. "Certo, il caso del suo comportamento nei confronti dell'iniquità fiscale è clamoroso, ed è solo un esempio".

D. Mi pare che del mancato perseguimento penale delle evasioni e delle truffe fiscali portino la colpa i governi e altri settori dello Stato, ma la magistratura, perché?

R. "Perché è ai magistrati che spetta la contestazione dei reati e dei comportamenti criminali. Ma a lei risulta forse che l'ordine giudiziario abbia perseguito l'evasione fiscale in modo socialmente avvertibile?"

D. E come fanno i magistrati a sapere chi sono gli evasori?

R. "Come fanno? E lo chiede a me? Facciano le inchieste. Visitino i locali pubblici del mondo intero: avrebbero tonnellate di materiale per aprire i procedimenti. Quando un imprenditore denuncia meno di un suo dipendente non le parrebbe il caso di aprire un'indagine?

D. Insomma, Pannella, dice che i giudici hanno favorito l'evasione fiscale. E allora?

R. E allora hanno contribuito ancor più dei partiti a questa crisi della società. Intrecciati gli uni agli altri, inestricabilmente. Altroché immacolati fustigatori della partitocrazia e dell'ingiustizia".

D. Mi era sembrato che lei fosse un difensore del giudice Di Pietro.

R. "Lo sono ancora e sempre di più".

D. Perché?

R. "Perché Di Pietro, con tutti i suoi difetti, ha il merito di aver superato questa situazione. Ha dovuto studiare, ha faticato per capire, ha costruito un inizio di cultura nuova...".

D. Di Pietro il diverso.

R. "Già, il diverso, il radicale, il crumiro che non si è piegato allo sciopero corporativo dei suoi colleghi, che li ha mandati al diavolo. Che riesce a dire, finalmente: io sono soggetto alla legge, non alla categoria e nemmeno al Csm".

D. Lui solo?

R. "Lui e pochissimi altri. Quel manipolo di magistrati che si schierò sul referendum sulla responsabilità del giudice e, per questo, venne fatto a pezzi".

D. Oppure?

R. "Oppure come il 'fascista' Borsellino, un altro diverso. Che pena vedere la Rai cancellare le immagini del segretario Fini alla cerimonia funebre: l'antifascismo dei magistrati 'democratici' non le avrebbe tollerate".

D. Lei attaccò Falcone, ai tempi del maxiprocesso? Mette Falcone nel mazzo dei magistrati di regime?

R. "Rilevai che nel maxiprocesso c'erano mostruosità, e lo confermo. Ma pubblicamente non dissi mai che quel processo era mostruoso. Ora che è passato del tempo posso rivelarle che il pubblico ministero al processo, Giuseppe Ayala, mi ringraziò quando proprio io sottolineai la professionalità dei giudici palermitani".

D. Poi Falcone andò a Roma, col ministro Martelli...

R. Si, ruppe con i giustizieri, andò a Roma, e i giustizieri gli dettero del venduto e lo linciarono".

D. I giustizieri?

R. "Chi sono?

Sono quelli come Orlando. Il giustiziere è uno che ha tanta passione per la giustizia che la divora, la fa a pezzi e la sbrana. Invece Falcone la rispettò; fu a Roma per fare la sua battaglia nell'alveo delle regole. Certo, un 'diverso' anche lui".

D. Ma ora sono moltissimi i magistrati in campo contro la corruzione. Non li stima? Non li apprezza? Non le sono simpatici come Di Pietro?

R. "Intanto, non è vero che sono moltissimi, dal momento che su un centinaio di Procure italiane sono solo una decina quelle che si muovono...

D. E poi?

R. "E poi quando gli uguali, i corporativi, si muovono, sanno di colpire i loro complici di 3o anni di potere e di corruzione e di porcherie. Si muovono nel solco di uno spazio conquistato per loro e contro di loro da persone opposte a loro".

D. E' un giudizio duro.

R. "Sì. Li guardo e vedo che reagiscono come quegli schiavi che si ribellano al padrone con cui hanno avuto per trent'anni un ottimo rapporto: quando il padrone cade, perché è diventato vecchio e scivola per strada, loro gli sono addosso e lo finiscono selvaggiamente".

D. A chi sta regalando questa immagine terribile?

R. "Alla corporazione, ai tanti che non hanno avuto la professionalità e l'umiltà di Di Pietro".

D. Lei ha parlato delle responsabilità dell'ordine giudiziario sull'evasione fiscale. Non è poco. Ma non basta per crocifiggere una categoria.

R. "Di esempi se ne possono fare a iosa".

D. Li faccia

R. "Dov'erano i signori procuratori, quando noi gli segnalavamo che in Sicilia le città abusive spuntavano come funghi? Non le vedevano anche loro, passando con le loro scorte rombanti? Non vedevano la distruzione?"

D. I pretori si sono mossi, li hanno chiamati perfino pretori d'assalto.

R. "Si, s'è fatto un po' di spettacolo con gli Amendola, ma poi...".

D. Non era colpa dei politici?

R. "Noi eravamo politici e noi denunciavamo in maniera martellante quella situazione anche alla giustizia. Che cazzo dovevamo fare di più?.

D. E la magistratura?

R. "Non si è mossa di un millimetro. Ci lasciavano agitare. E loro omettevano, alzando le spalle. Lo sfascio è colpa di me, democratico? No, è loro, del ceto dominante unito, la colpa".

D. Ancora esempi?

R. "Finché vuole: quando denunciammo gli scandali dell'Agip e della Rai, già vent'anni fa, sa come ci rispondeva la magistratura? Che, siccome c'era lo 0,1 per cento di azionisti privati, i reati di concussione o corruzione o attentato ai diritti dei cittadini non si potevano addebitare perché dicevano trattarsi, appunto, di aziende 'private'".

D. Ne parla come se meritassero la galera.

R. "E la meritano come i cosiddetti politici. Sono stati loro a consentire a 'Repubblica' e 'Unità' di battere impunemente ogni record di calunnia e d'impunità, come succedanei della lotta democratica".

D. Se le 100 Procure che lei ha citato lavorassero tutte come lei crede che sarebbe giusto, che cosa succederebbe?

R. "Non ci sarebbe più spazio per le notizie sui giornali. Sarebbero troppe: ecco la degna fine di un impero".

D. E non la preoccupa una simile possibilità?

R. "Mi preoccupa che si arresti un'intera giunta con un metodo che ha il sapore di quello usato contro Tortora. Com'è stato fatto. Non che si arrestino intere giunte, se è necessario. Anzi".

 
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