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Pannella Marco - 13 dicembre 1992
Cambiare senza Piazzale Loreto (ELOGI DELLA FOLLIA)
di Marco Pannella

SOMMARIO: Il tentativo dei partiti di sopravvivere al crollo del regime partitocratico rischia di rovesciare sul Paese altre rovine. E' necessario quindi governare questa fase facendosi anche carico del loro fallimento, cercando di riconvertirlo in altro: »Dobbiamo mendicare attenzione dai "potenti" d'ogni risma. Mostrar loro che vogliamo e sappiamo governare il loro fallimento . Occorre mostrare che è possibile voltare pagina con la forza e la civiltà della nonviolenza, per evitare un nuovo "25 aprile", che altri "Piazzali Loreto" appaiano necessari, giusti, inevitabili.

(PANORAMA, 13 dicembre 1992)

»Marco Pannella inizia con questo intervento una serie di articoli su Panorama. Il suo non sarà il contributo di un politico, per quanto anomalo, bensì quello di un polemista di razza, di un tribuno spesso inascoltato, di un cittadino che ha lottato con coerenza per i diritti civili.

Il regime dei partiti, cioè la partitocrazia, esplode, crolla, muore, uccide. I suoi giorni residui rovesciano su di noi, sul Paese, rovine, vergogne, macerie, fango. E rabbie, rivolte, paure, paure, paure, avvolgono il Palazzo, lo penetrano e lo fanno tremare fin dalle fondamenta.

Il regime è finito. Ma non ancora il potere e l'impotenza dei partiti, che vogliono sopravvivergli, eternizzarsi. Martinazzoli e Craxi, Occhetto e La Malfa, Orlando e Rutelli, Fini e Cossutta vogliono cambiare regime per non cambiare partiti.

Ma la scommessa è ormai fallita. Questi partiti, queste fazioni sono per loro natura divenuti ingovernabili. Tentati dalla paura, dalla cecità, da un potere impazzito, incalzati da bande di loro pentiti, di nemici dell'ultim'ora, di delatori, di servi e clienti famelici in rivolta, di complici e frondisti con speranza ed esigenza di successione, non possono essere abbandonati al loro destino. Governare, tentare di governare, oggi, l'Italia implica, esige la capacità di farsi carico del loro fallimento; di assumerselo, curarlo, riconvertirlo in altro. L'iniquità, l'ingiustizia, la corruzione, la dissipazione, zone di miseria, di violenza e di disperazione sempre più vaste sono struttura, forma e sostanza nella nostra amministrazione, nella nostra società e nelle istituzioni.

Questo è il nostro legato, quel che ci tocca in eredità, che deve essere accettato, senza possibilità di beneficio, di inventario. Dobbiamo essere governo, al di là, e al di qua, dei governi e delle opposizioni, le due facce storiche, in questi decenni, di una bancarotta fraudolenta della quale pur abbiamo misurato e denunciato, ogni giorno, i guasti spesso irreparabili, definitivi.

La miseria storica, politica, sociale di quanti cavalcavano la tigre del dolore, della rivolta, della disperazione ma anche dell'irresponsabilità, del privilegio, del parassitismo, per chiedere la caduta di un governo che, in trenta giorni e in colpevole quanto clamorosa debolezza politica e numerica, doveva tentare di far fronte in qualsiasi modo al disastro, e tentava effettivamente di farlo, questa miseria era, è per colmo di ironia, quella di vecchi, arroganti, coautori e profittatori e della bancarotta e della sua fraudolenza.

Dobbiamo mendicare attenzione dai "potenti" di ogni risma, mostrar loro che vogliamo e sappiamo governare anche il loro fallimento, poiché loro dobbiamo la capacità di vivere, di avere ed essere speranza, di essere ragionevoli e persino, forse, giusti, capaci di farcela come siamo stati, nella oppressione e nella palude partitocratiche.

Voglia il cielo che non sia troppo tardi. Da più di un anno contiamo i giorni, dopo gli anni, i mesi, le settimane. Cosa accadrà, chiedevamo quando ci si consentiva di non emettere silenzio, quando le altre 90 procure della Repubblica si muoveranno anch'esse, e si stanno muovendo. Quando si accavalleranno nei giorni lo svolgimento dei processi e le condanne, i nuovi arresti pressoché di massa, gli assassini e i suicidi, i regolamenti dei conti interni, feroci quanto più dettati dalla paura di ciascuno verso tutti gli altri.

Cosa accadrà quando un Europa indegna, infame, degradata anch'essa, pressoché tutta partitocratica, avrà rovesciato al suo esterno il riesplodere dei suoi mostri e fantasmi e ci torneranno dentro e indietro...

Noi non siamo millenaristi, apocalittici, né in tal modo, quindi, integrati a questo orrore. Siamo gente d'azione, di proposta, il cui scandalo è stato quello della ragionevolezza, di farsi forti della povertà, di suscitare e governare responsabilità, speranze, dialogo. Siamo stati capaci di divenire gente, e ora la gente comincia a saperlo: sono certo, usando il "noi", di esprimere anche sentimenti e speranze di tanti lettori di questo giornale.

Per prima cosa occorre dare la speranza, la certezza che qualcosa accada, presto, subito, per evitare che un nuovo "25 aprile", tremendo, e senza seguito di pace e di democrazia, accada contro la partitocrazia. Che uno o cento Piazzali Loreto appaiano necessari, giusti, inevitabili. Occorre mostrare che è possibile (e che lo si vuole, dopo quasi mezzo secolo) voltare pagina, con la forza e la civiltà della non violenza, della ragionevolezza, della giustizia. E non della vendetta. Offrendo a quelli che dovranno pagare per i loro errori, contemporaneamente, la prova che saranno anch'essi chiamati a dare una mano alla così difficile costruzione del nuovo, della vita, della legge, se lo vorranno, se lo sapranno.

E' anche per questo che siamo sempre più certi dell'assoluta urgenza di realizzare quella riforma anglosassone delle nostre istituzioni e della nostra società che ci vedrebbe tutti diversamente e nuovamente organizzati in due o tre partiti "altri": una riforma che vedrebbe il superamento di tutti gli attuali partiti con naturalezza e senza liste di indegnità e pagelle d'ignominia. E di questo riparleremo più diffusamente.

Obiettivi possibili ed adeguati, progetto, squadra militante e dirigente possono esserci, ci sono. Ma la materia prima che manca, ancora, è l'aiuto, la fiducia. Anche di questo siamo mendicanti. Per il divorzio, dopo "Abc", "Il Mondo"; per l'aborto e i diritti civili, "L'Espresso" di allora. Oggi dico grazie a "Panorama" che offre questo pagina a una informazione troppo spesso negata. E la posta oggi in gioco è tremendamente più importante, per il diritto alla vita e la vita del diritto.

 
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