di Alfonso SarnoL'intervista. Napoli secondo Marco Pannella: una città assediata, da salvare contro il trasformismo. La necessità di riscoprire l'eredità di Spaventa. La crisi del regime. L'alleanza laica delle forze politiche.
SOMMARIO: Registrazione della precedente trasmissione di "Domenica in...", presente Marco Pannella: "Per la prima volta la rete guida della Televisione di Stato... gli dedica una decina di minuti".
Si rievocano le battaglie, condotte in trenta anni, che "sembravano perse in partenza" e sono diventate patrimonio comune della nostra nazione". "L'ultima lotta è per la libertà della Bosnia" sostiene Pannella che ora è divenuto "un ago della bilancia della vita politica". "Presidente-ombra"?, gli viene chiesto. No, sostiene Pannella, ma "esiste una storia-ombra del nostro paese", un "buio avallato per decenni dalle televisioni, radio", ecc., che ha penalizzato i radicali. Ma "noi abbiamo... rappresentato il partito che ha di più legiferato..." Non è d'accordo con l'Alleanza laica, con Ayala, Bianco, Buttiglione, ecc., e respinge la tesi secondo cui i radicali sono adesso "troppo vicino alle posizioni del partito socialista": "Le nostre affinità politiche sono determinate dall'avvicinarsi altrui ai nostri obiettivi". Alla domanda su cosa gli sia rimasto dell'eredità di Pannunzio, ammonisce di non aver mai rivendicato tale eredità proprio perché esiste un "rapporto di continuità" tra Pannunzio e l'esperienza
"trentennale" dei radicali. Su Napoli, sostiene che la città "è divenuta una città orrenda, orribile, invivibile...", ed esemplarmente ricorda le "ottocentomila persone che si sono lasciate accalcare sulle falde del Vesuvio". "O Napoli conquista un'altra storia subito o... rischia di non risollevarsi per decenni". "Alcuni - chiedono a Pannella - la descrivono come un 'padre padrone', come M.A.Macciocchi". Risposta:..."M.A. Macciocchi è una che vede l'unghia...non il sole e la luna" che le viene indicata...
(IL GIORNALE DI NAPOLI, 5 gennaio 1993)
Ospiti eccellenti, l'altro ieri pomeriggio, a "Domenica in". Alcuni accuratamente nascosti in inaccessibili uffici, come Cesare Romiti, amministratore delegato della Fiat che, da qualche tempo, passa il giorno festivo nella nostra città. Strano, che sia diventato un tifoso del Napoli? Altri, invece, si beavano delle luci dei riflettori, sottoponendosi di buon grado alle interviste di Alba Parietti che nella scorsa puntata ha avuto l'onore di potersi confrontare con un ospite veramente straordinario: Marco Pannella.
Il leader è arrivato, accompagnato dai suoi fedelissimi discepoli campani capeggiati dal giovane deputato Elio Vito, con notevole anticipo negli studi della Rai di Napoli, occupandosi della propria immagine e dei temi dell'intervista con la disinvoltura e la meticolosità di un consumato animale da palcoscenico. Ha surclassato così nei favori del pubblico l'eterno Giulio Andreotti, anch'egli ospite qualche settimana fa, della trasmissione condotta dalla Parietti e da Toto Cutugno.
D'altra parte l'occasione era particolarmente importante. Per la prima volta la rete guida della televisione di Stato, notoriamente ostile alla foga tribunizia di Pannella, gli dedicava una decina di minuti.
- "Sì, è un evento eccezionale poter parlare dagli schermi di Raiuno che ha sempre penalizzato noi radicali. Spero che sia un positivo segno: d'altronde tante volte gli avversari si sono ricreduti nei nostri confronti".
E Pannella ha ragione: battaglie che sembravano perse in partenza, irreali, come per esempio quella del divorzio, sono risultate vincenti e diventate patrimonio comune della nostra nazione. Ora i radicali sono impegnati su orizzonti molto più ampi, privilegiando temi di interesse sopranazionale.
- "L'ultima lotta è per la libertà della Bosnia - dice Pannella - per la quale insieme con centinaia di altri militanti ho fatto un ennesimo sciopero della fame. Il nostro movimento non è più limitato all'Italia, ma abbraccia quasi tutta l'Europa, aderendovi persone di razze e religioni diverse".
Una forza indubbiamente notevole, che ha fatto sì che Pannella, leader di una lista che prende nome da lui, divenisse un ago della bilancia della vita politica. Diventando un insostituibile punto di riferimento specialmente in un momento delicato qual'è quello che stiamo attualmente attraversando.
D. - L'interesse che le dimostra Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica, la sua presenza accanto al capo del governo, Giuliano Amato, durante una conferenza-stampa ha fatto scrivere, su alcuni giornali, che lei era quasi un presidente-ombra del Consiglio dei Ministri. E che, il momento eroico del partito radicale, quando era contro tutto e tutti, è irrimediabilmente finito. E' d'accordo?
- "No. L'unica cosa che mi sento di affermare è che esiste una storia-ombra del nostro paese. Basti pensare non solamente al divorzio e all'aborto, ma alla concessione del voto ai diciottenni, ad un diritto di famiglia profondamente mutato, comunque, rispetto a quello che era prima in vigore, alla crisi di regime rispetto al finanziamento pubblico dei partiti ed alla partitocrazia, per rendersi conto della realtà di questa storia-ombra. Un buio avallato per decenni dalle televisioni, dalle radio e da gran parte della stampa. Ma poi se volessimo fare una storia d'Italia, noi abbiamo in due, trecento, tremila - la nostra è una squadra da studiare, oramai a livello tecnico - rappresentato il partito che ha di più legiferato nel nostro paese. Gli altri hanno, in genere, prodotto tutti insieme quella cascata di leggi - pensi alle 127 sfornate in undici anni in tema di ordine pubblico - che hanno concorso a distruggere loro stessi e l'Italia. Quindi, non un Presidente del Consiglio-ombra perché non ho, come dire,
questa possibilità. I partiti non sono in grado di accogliere, di far passare il tipo di governo che noi auspichiamo ed i problemi che affrontiamo, anche se, magari, lo vorrebbero. C'è, diciamo, questa storia-ombra che potrebbe diventare storia ufficiale della nostra nazione? Forse sì, se passassimo al sistema elettorale di stampo americano. L'alternativa è questa: non nella confusione opportunistica, per necessità, del Pds, nella conservazione patetica, sempre per necessità, di Rifondazione Comunista e non credo, onestamente, che si possa trovare nelle Leghe che commentano oggi molte delle cose che sono tradizionali a noi. Questo però non per innocenza bensì per verginità perché non hanno ancora avuto l'occasione di perderla".
D. - Un suo giudizio sul progetto dell'Alleanza laica...
- "L'Alleanza laica delle forze è quella che noi andiamo perseguendo da trent'anni non l'alleanza delle forze laiche. Perciò mi posso trovare d'accordo sulla prima ipotesi che ho proposto, come le dicevo, in tempi non sospetti. L'unità laica delle forze è l'unica ricetta per svecchiare il nostro paese e superare i settarismi di parte. Quando noi abbiamo imposto i referendum si è verificata, nelle urne, questa alleanza di cui, come è giusto, nei casi dell'aborto, del divorzio e via dicendo, i cattolici facevano parte. Le ricordo che anche i più intransigenti, i più rigorosi tra questi ultimi hanno seguito le nostre indicazioni".
D. - Insomma sfiducia nei confronti di Ayala, Bianco per quanto riguarda i laici e nei confronti di Maria Eletta Martini e Buttiglione per i cattolici.
- "Sono, le loro, reazioni a volta molto stimabili, ma che non hanno respiro, futuro. Insomma, nella storia ha respiro quello che ha radici: un albero senza queste non può respirare, vivere, dare foglie. Ora noi siamo gli unici a possedere queste radici".
D. - Onorevole Pannella lei è, da qualche avversario, considerato troppo vicino alle posizioni del Partito socialista.
- "Di volta in volta hanno sostenuto che io fossi filocomunista, filo-gruppettaro, filofascista, filosocialista. Insomma, filotutto. Adesso questi retini (gli aderenti alla "Rete" di Leoluca Orlando, ndr), essendo dei consiglieri usciti dalla Democrazia Cristiana come è successo, per esempio, a Monza mi accusano di essere pro regime e filo-Dc. Voglio dire: tutto questo fa parte del cervello di questa gente, non della realtà della mia vita".
D. - Semplificando: lei, di volta in volta, trova un accordo su dei singoli progetti...
- "No, no, ma perché gli altri non me ne hanno mai data l'opportunità. A parte le battaglie fatte al tempo del divorzio insieme con Loris Fortuna - ma allora non c'era nessuno che mi accusava di essere alleato dei socialisti - non ho sempre trovato il loro appoggio.
Veramente, sempre durante il referendum per il divorzio, Andreotti e compagni accusavano i socialisti di essere filoradicali. Guardi un po'...Comunque noi abbiamo dovuto registrare l'appoggio dei socialisti, quando c'è stato, sul tema della giustizia, per esempio. Oppure, per quanto riguarda gli ultimi dieci anni, ci siamo trovati accanto il Psi che si è spostato da tesi a favore dell'energia nucleare su posizioni opposte. Sempre i socialisti hanno condiviso la battaglia per una giustizia giusta. Eppure, prima, sostenevano la difesa di regime della magistratura. Il segretario pro tempore di allora, che era Claudio Martelli, dichiarò di essere d'accordo con me sulla riforma all'americana del sistema elettorale. Quindi come sempre è accaduto e come oggi sta accadendo - pensi alla lotta contro la partitocrazia - le nostre affinità politiche sono determinate dall'avvicinarsi altrui ai nostri obiettivi. Faccio, per concludere, l'esempio di Mino Martinazzoli. Per una volta, grazie al clima estivo che è, giornalist
icamente parlando povero, i mezzi di informazione hanno scritto, per la durata di una settimana, della mia proposta di un'inchiesta sui profitti di regime. D'accordo? Bene, ad un certo punto Martinazzoli l'ha ripresa e l'ha fatta sua, cercando fra l'altro di aggiungere un po' d'acqua al vino. Partendo dalle dichiarazioni del segretario della Democrazia Cristiana se, adesso, rilanciassi il problema che cosa vorrebbe dire? Che sono io a favore di Martinazzoli, o è lui ad avere assunto la posizione che noi abbiamo ufficialmente assunto fin da luglio?"
D. - Per quanto riguarda la forma di finanziamento pubblico dei partiti e la posizione degli accusati dei reati di tangenti sembra che Scalfaro sia in sintonia con lei.
- "Scalfaro ha sempre tenuto ferma la stessa linea di condotta. Certo, l'ha assunta a livello personale, a volte quasi privato. Ed ora anche pubblicamente. Sul caso dell'Irpinia, per esempio, questo non è avvenuto e, immediatamente, chiese con forza che si facesse chiarezza sulla gestione dei fondi.
Comunque voglio dire lui è un democristiano e io, invece no. In ogni caso prendo atto con molta soddisfazione che Scalfaro come Presidente della Repubblica è quale speravo che fosse e sarebbe stato. Finalmente nel nostro paese circola con molto maggior prestigio la Repubblica di Scalfaro piuttosto che la "Repubblica" di Scalfari".
D. - Cosa è rimasto dell'eredità di Pannunzio e de "Il Mondo"?
- "Vede io non faccio questo mestiere per rivendicare delle continuità. Ho l'impressione che se gli storici si occupassero e si occuperanno un giorno di noi radicali molto difficilmente potranno contestare il fatto che i sette od otto anni con gli "Amici del Mondo" ed "Il Mondo" siano stati poi seguiti con un rapporto di continuità dalla nostra esperienza quasi trentennale di radicali. Io credo di si, però non lo rivendico.
Ciò per un motivo molto semplice, così come ho sempre detto che solo i rivoluzionisti incapaci di rivoluzioni e di riforme fanno sempre proclami feroci perché sostituiscono l'azione, devo anche affermare che si è proclamata erede de "Il Mondo" di Pannunzio, del liberal-socialismo e del radicalismo europei ed italiani, di volta in volta, molta gente, qui da noi. Lo proclamavano perché, in realtà, non agivano. Noi l'abbiamo fatto e, quindi, non abbiamo nessun bisogno né l'avremo di proclamarci tali".
D. - Il suo progetto per Napoli non è mai decollato...
- "Certo che non è mai partito...la partitocrazia non l'ha permesso..."
D. - Sarà dipeso dalla sua assenza da Napoli...
- "La mia assenza da Napoli...! Io, da questa città sono stato cassato. I napoletani, tranne piccolissima parte, mi hanno voluto cancellare..."
D. - I napoletani? Forse il potere politico...
- "No, non i napoletani e Napoli hanno cassato anni di nostre proposte. Così come è, Napoli è divenuta una città orrenda: chi l'ama deve dirlo; chi è indifferente, invece no. Orrenda, orribile, invivibile... La corruzione è la storia di gran parte degli abitanti. Ancora otto mesi fa dicevo che, a Napoli, i modelli di destra, di sinistra, di centro, facevano schifo. Letteralmente ribrezzo, comunque fossero portati avanti. In questa situazione ho cercato di proporre un problema e cioè che l'umanesimo è la cosa che la politica deve racchiudere in sé. Abbiamo ottocentomila persone che si sono lasciate accalcare sulle falde del Vesuvio. Il giorno in cui ci fosse, auguriamoci un falso allarme, avremmo centinaia, migliaia di vittime visto che nemmeno lo scorrimento dell'evacuazione diventa tecnicamente possibile. Ho chiesto voti contestando questo stato di fatto: abbiamo avuto, grosso modo, l'uno per cento di elettori. Nonostante tutto continuiamo ad operare: lo dimostra la presenza, fra i sei deputati, di Elio Vit
o che è napoletano. Ma forse è bene che questa città abbatta il monumento a Nicotera o ai trasformisti e, come qualcuno dei prestigiosi intellettuali napoletani che ancora esistono chiede, se ne innalzino altri dedicati a Spaventa ed ad altri eroi della libertà. O Napoli conquista un'altra storia subito o altrimenti, diventerà una città che rischia di non risollevarsi per decenni".
D. - Alcuni la descrivono come un "padre-padrone" che divora politicamente i suoi figli. Maria Antonietta Macciocchi racconta con toni angosciati la sua permanenza nelle file radicali.
- "Si, sono come Saturno. Maria Antonietta Macciocchi è una che vede l'unghia. Io indico il sole e la luna, mentre lei, in genere, è capace di vedere se l'unghia è sporca oppure no. Non vede altro. L'unica volta che nella sua vita è stata gratificata e le è stato regalato qualcosa, è avvenuto quando noi le abbiamo consentito l'elezione al Parlamento Europeo. La Macciocchi ha sperperato un po' quel patrimonio perché non lo ha capito.
Ha, appunto, visto l'unghietta invece di guardare il sole ed, anche, la direzione di chi glielo indicava".
D. - Allora nessun problema con i suoi collaboratori?
- "Basta considerare la nostra storia e che cosa accade a coloro che dovrebbero essere divorati. Ed anche fare mente locale alla situazione delle altre forze politiche, vedere chi è ancora presente. I trecento che erano gli iscritti dalla prima epoca continuano tutti - da Rutelli all'Aglietta, dalla Bonino a Negri - ad occupare un posto di prestigio sulla scena politica. La percentuale di riuscita nella nostra militanza umana e politica non si riscontra in nessun altro movimento".