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Pannella Marco - 14 febbraio 1993
Ma questi partiti non servono più
OPINIONE di MARCO PANNELLA

SOMMARIO: Il regime partitocratico è morto e il tentativo dei partiti di arginare gli eventi è astratto e pericoloso. La Democrazia cristiana, essa sola, può in realtà tentare la carta di ottenere alle prossime elezioni con il minimo storico dei suoi voti il massimo dei suoi eletti. Solamente una riforma elettorale »che costringesse tutti gli attuali partiti a lasciare il campo a due o tre partiti di stampo americano, o britannico, potrebbe evitare ulteriori tragedie . »Se un nucleo forte di "politici" rivolgesse un appello al Paese per questa riforma elettorale, in un anno potrebbe conquistare gran parte dell'opinione pubblica .

(PANORAMA, 14 febbraio 1993)

Un problema irresolubile è semplicemente un problema mal posto. Il salvataggio del Psi, per esempio. I socialisti, e i non socialisti, tutti reputano che gli scandali di Tangentopoli (appena agli inizi, come ho inutilmente tentato di ammonire da molti mesi) e il crollo di autorità di Bettino Craxi costituiscano le cause della loro crisi mentre ne sono gli effetti. E cercano la salvezza in una nuova leadership, che possa riconquistare al Partito socialista... che cosa? Il 10-12 per cento dei voti? Una funzione-guida nel futuro assetto politico italiano? La possibilità di un tempo di sopravvivenza che consenta ai suoi militanti ed esponenti di superare lo strazio dell'impopolarità, della criminalizzazione, di quel "processo nelle piazze" che Aldo Moro, e ora Mino Martinazzoli, hanno respinto per la Democrazia cristiana? O - ancora - di determinare la formazione di quel partito democratico delle forze dell'Internazionale socialista, con qualche spezia verde-laica, radicale-storica, repubblican-pattista, clubbis

ta-referendaria che Claudio Martelli e Achille Occhetto potrebbero convenire insieme di costituire?

Solamente quest'ultima ipotesi, mi sembra, ha dalla sua una qualche parvenza realistica e suscettibile di destare in una parte del Paese un minimo di interesse e di speranza.

Ma la leadership di Occhetto (o di Massimo D'Alema) nel Partito democratico della sinistra è in difficoltà profonda: quand'anche, dunque, quella intesa si producesse, dovrebbe fare subito i conti con una scissione a sinistra (fors'anche debole al vertice, ma pericolosissima nella situazione di crisi sociale che c'è da attendersi), e anche di una a destra, attratta dall'alternativa di una alleanza di governo con la Dc di Martinazzoli, sulle linee che sono oggi proprie del governo Amato.

L'incidenza della riforma elettorale che si prepara sarà determinante. Forze minime e minori, protraendo la loro già lunga agonia, si dislocheranno nelle varie regioni da una parte e dall'altra, lì dove i loro notabili potranno trovare una collocazione meno disperata. La sinistra, così unita, così frantumata, così isolata, non avrà né forza numerica né forza qualitativa sufficienti. Accordi di "governissimo", o Dc-Pds, ipotizzati, costituirebbero un arroccamento suicida, velleitario, di precaria durata, che alla prima prova elettorale regalerebbero a Movimento sociale e Rifondazione comunista, a Rete e verdi, a Lega e Lista Pannella ulteriori masse di elettori, e sarebbero destinati a dissolversi nel caos.

Ma tutto questo è comunque tremendamente astratto. Il regime - a torto o a ragione (si può anche concederlo) - è morto nel cuore della gente, a cominciare da una parte non solamente marginale degli esponenti, degli apparati, dei militanti dei partiti del "monopartitismo imperfetto", del consociativismo, del pluralismo proporzionalistico, dei loro intellettuali organici, del resto della classe dirigente: industriali, finanzieri, boiardi di Stato e privati, magistrati, giornalisti, ceto medio professionale e imprenditoriale.

E' tremendamente astratto anche solamente tentare, sperare di potere arginare gli eventi, controllare gli effetti devastanti degli accertamenti della devastazione partitocratica, con esortazioni alla fedeltà e alle appartenenze di tradizioni, ideologia, ideale, a culture che, se ancora vive, hanno esse per prime la necessità di liberarsi dalla schiavitù partitica, per tornare ad ancorarsi nelle coscienze, e nelle opere.

Ma davvero la crisi è del solo Psi? Il Pli, il Pri, il Psdi stanno meglio, sono organismi vivi e vitali? E il Partito democratico della sinistra è un partito nuovo, moderno, democratico, efficiente, annuncio del futuro, piuttosto che lascito del passato? Quanti sono disposti o rassegnati a raggiungerlo; quanti invece a lasciarlo? I Popolari per la riforma di Mario Segni che "partito" sarebbero? Del 5 o dell'8 per cento (e sono amico)? L'Alleanza democratica? E la stessa Rete?

La Democrazia cristiana, essa sola, può in realtà tentare la carta di ottenere altre prossime elezioni politiche, o amministrative, con il minimo storico dei suoi voti, il massimo di eletti; grazie alle riforme "miste", con i doppi voti o turni, che s'annunciano. Ma tentare, a volte, nuoce: vi sono tentazioni, e non solamente tentativi. Può darsi che, così, la sola Dc finisca per emblemizzare la Bastiglia da espugnare: riconoscimento storico che avrebbe una sua forte plausibilità ma non determinerebbe - per questo - una sorte diversa. Continuo a pensare che solamente una riforma che consentisse, che costringesse tutti gli attuali partiti a lasciare il campo a due o tre partiti di stampo americano, o britannico, potrebbe evitare ulteriori tragedie, piazzali Loreto, costituire un difficile avvio, ma comunque un avvio del nuovo.

Se un nucleo forte di "politici" rivolgesse un appello al Paese per questa riforma elettorale, in un anno potrebbe conquistare gran parte dell'opinione pubblica. Poi, si vedrebbe. Perché sbaglia chi crede che Bettino Craxi e Tangentopoli sono alla base del pericolo mortale del Partito socialista: ma il Psi, questi partiti, sono essi stessi causa di tante resistibili ascese, di tanti irresistibili crolli, di Tangentopoli tali che non lasceranno dietro di sé nemmeno un filo d'erba.

 
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