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Stella Gian Antonio, Pannella Marco - 13 aprile 1993
"Denunciai invano quest'immondezzaio"
Intervista di Gian Antonio Stella a Marco Pannella

SOMMARIO: Marco Pannella ricorda le sue tante denunce contro politici, amministratori e procuratori della repubblica napoletani negli anni dal 1983 al 1988. »C'era un patto trasversale che coinvolgeva direttamente una parte della magistratura ... »in nessun luogo come Napoli l'area della camorra "politica" è un'area partitocratica, non solo Dc . Elenca infine gli scandali che "mancano ancora all'appello".

(CORRIERE DELLA SERA, 13 aprile 1993)

ROMA - "Perché mai dovrei essere stupito dell'immondezzaio che stanno scoprendo a Napoli? Proprio per niente. Quello che è venuto fuori fino ad ora è solo una parte, una piccola parte di quanto noi inutilmente denunciavamo". Dei cinque anni passati nel consiglio comunale partenopeo, dall'83 all'88, quando lasciò il seggio a Elio Vito, oggi deputato del gruppo federalista, Marco Pannella ricorda soprattutto le maratone notturne nelle piccole tivù locali. Eruzioni di furore oratorio nelle quali, dopo la consueta filippica contro Il Mattino e il suo direttore Pasquale Nonno, attaccava tutto e tutti: "Non chiacchiere, fatti specifici. Date. Documenti. Nomi e cognomi. Di politici, amministratori, procuratori della Repubblica. Andavo disperatamente a caccia di una querela per diffamazione. Niente. Mai una smentita, una precisazione, un segno di vita. Si sentivano troppo sicuri. Non gliene fregava niente di quanto dicevo."

D - C'era in ballo anche Tortora allora, no?

R - "Sì, e a distanza di anni è ancora più chiaro che il caso Tortora era un tentativo per distrarre l'attenzione dall'affare Cirillo. Che rientrava in una di quelle cose che Tangentopoli non ha ancora sfiorato. Gli anni di piombo... Il tentativo di un golpe legale... Quel Senzani che non si capiva bene fino a che punto era legato ai servizi o a chissà quali ambienti torbidi...".

D - Anni di furibondi scontri giudiziari...

R - "E politici. La grande battaglia fu sulla cogestione. La denuncia che dietro la giunta Valenzi, almeno nella sua seconda parte, quando arrivarono i soldi del terremoto, c'erano in realtà anche Gava e Almirante. Il tutto saldato con l'attività del consiglio regionale e dei magistrati collaudatori".

D - Cioè quelli che facevano parte delle commissioni incaricate di vigilare sulla spesa pubblica...

R - "Esatto. C'era un patto trasversale che coinvolgeva direttamente una parte della magistratura. Franco Angrisani, che allora dirigeva Il Mattino e aveva una sua dignità rispetto a Nono, fu licenziato proprio per aver pubblicato in prima pagina una mia denuncia contro lo scandalo dei giudici collaudatori".

D - Vuol dire che molte cose s'intuivano già allora?

R - "Si intuivano? Erano chiare. Basti pensare alla gambizzazione dell'architetto Uberto Siola, l'assessore all'Urbanistica che non voleva firmare le revisioni prezzi. Revisioni che, val la pena di ricordarlo, un mese dopo passarono. Ricordo che scoppiarono polemiche feroci anche all'interno del Msi. Fino ad arrivare alle accuse contro Almirante. C'era un avvocato missino matto ma geniale, Angelo Cerbone, che fece decine di denunce senza che uscisse una riga sui giornali. Tutti esposti che adesso voglio riproporre".

D - Gava?

R - "Mah... Gava... Io non posso accusarlo di qualcosa di specifico. Certo, lì c'era un tessuto che faceva sicuramente riferimento a lui. Insomma: era lui il padrone. Ma l'apparenza era che, fermo restando che ognuno è inseguito dal passato, cercasse in qualche modo di sganciarsi".

D - ... di liberarsi di legami ingombranti?

R - "Io credo che lui abbia sempre tentato di sganciarsi. Voleva riconvertirsi in un leader nazionale dc non legato alle vicende di famiglia. Fu il terremoto a rompere tutto".

D - Nel senso che lo risucchiò?

R - "Arrivavano somme folli e tutta l'imprenditoria grande e piccola, napoletana e no, taglieggiata o gestita direttamente dalla camorra, ci si tuffò... La prima giunta Valenzi si muoveva su un rapporto consociativo meno stretto. Ma il terremoto e tutti quei miliardi andarono a saldare gli interessi imprenditoriali con quelli di chi controllava il territorio".

D - Quindi con Gava...

R - "Be', certo. Essendo al centro dell'area di potere dc... Però devo anche dire che in nessun luogo come Napoli, se non forse a Palermo, l'area della camorra "politica" è un'area partitocratica, non solo dc. Del resto è sufficiente vedere il modo scandaloso in cui hanno lavorato per anni le giunte napoletane".

D - Cioè?

R - "Illegalità incalcolabili. Basti pensare alle ventimila (dico ventimila!) delibere mai portate in consiglio. O al modo in cui passavano all'unanimità le poche che ci arrivavano. E noi a urlare: è illegale! Tutto inutile. Ormai era diventato un rito. Ogni volta che finiva una seduta, a tardissima ora, mi alzavo e chiedevo che gli atti di quel consiglio fossero inoltrati alla Procura".

D - Pomicino, Meo, Scotti?

R - "Guardi, io su Scotti devo dire una cosa. Credo che venga messo spesso in mezzo proprio Perché non c'entra".

D - Secondo lei è fuori da queste faccende?

R - "L'ambiente è quello che è e i suoi collaboratori sono quello che sono. Ma sicurissimamente lui è una persona che non è stata al centro di intrecci e di interessi sporchi. Per esempio lui ha fatto realizzare a Monte Ruscello un quartiere per gli sfollati di Pozzuoli che, rispetto agli interventi nei quartieri spagnoli, era una cosa se vogliamo "eccentrica", ma giustissima. Certo, poi si sono inserite camorrìe e via dicendo, sollevando legittimi sospetti. Però sono sicuro che la scelta del posto e i lavori fatti in due anni anziché in venti sono dovuti al fatto che Scotti aveva le mani libere".

D - Che scandali mancano ancora, all'appello?

R - "Be', ad esempio sarei curioso di sapere come andò l'acquisto del mattino da parte del Banco di Napoli e la sua consegna alla Dc...".

D - E poi?

R - "Mah... I temi sui quali demmo battaglia che vorrei veder chiariti sono tanti. La ristrutturazione dello stadio San Paolo, il nuovo carcere, le complicità dei magistrati, quelle della sinistra... E poi spero che si faccia finalmente chiarezza sull'incendio che distrusse il Palazzo di giustizia prima che venisse inaugurato. Noi denunciammo fin dal primo giorno un'ipotesi: che quell'edificio, essendo stato costruito su un terreno estremamente friabile e gonfio d'acqua, stava già cedendo. E quindi fosse stato distrutto Perché non crollasse addosso a quelli che l'avevano tirato su. Travolgendoli in uno scandalo enorme".

 
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