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Radio Radicale - 28 settembre 1993
Per una rivoluzione liberale, democratica

SOMMARIO: La "Convenzione del Movimento Pannella per il partito democratico" si propone non di sconfiggere "la corruzione del regime, ma il regime", facendo instaurare in Italia "una società e uno Stato secondo regole, procedure, istituzioni politiche, economiche e sociali, di democrazia". Dietro le tangenti, infatti, restano oggi "le opere del regime"..."i legami di consociazione..." "nel quadro di una costituzione materiale che rinnega i fondamenti stessi della Costituzione scritta". Altri - "gli altri" - invece agiscono "come se bastasse il ricambio degli uomini" evitando di regolare i conti "col regime".

(RADIO RADICALE, 28 settembre 1993)

La Convenzione del movimento Pannella per il partito democratico è il primo atto di organizzazione politica aperto a tutti coloro che hanno una consapevolezza: che il problema di fondo della società italiana non è quello di uscire da Tangentopoli, liquidandola nelle aule dei tribunali, ma di costruire una società e uno Stato secondo regole, procedure, istituzioni politiche, economiche e sociali, di democrazia. E di democrazia classica, liberale.

L'obiettivo dei democratici non è sconfiggere la corruzione del regime, ma il regime. Questa consapevolezza ad altri - o forse dobbiamo dire, con tutta l'inquietudine che questo comporta, agli altri - manca. Per questo è necessario partecipare a questa manifestazione, la prima del genere, dopo i congressi del partito radicale "italiano".

Dietro le tangenti restano le opere del regime, monumento collettivo della liquidazione progressiva dell'amministrazione pubblica, delle libertà civili, dell'economia di mercato. Restano i piani di industrializzazione assistenziale, volti a creare infinite clientele intorno a pochi posti di lavoro, dissipando lavoro, ingegno e speranza nel futuro. Resta la devastazione del paesaggio, del territorio, dei boschi, delle acque, delle montagne, e il ricorrere costante di calamità naturali che naturali non sono.

Resta una amministrazione pubblica costruita sull'interesse privato di singoli e di gruppi, blindata dentro una legislazione scritta in un lingua che non ha più alcun rapporto con l'italiano e col mondo.

Restano il sistema scolastico, la rete ferroviaria, il servizio postale più arretrati del mondo occidentale. Restano le "emergenze" della criminalità organizzata e del narcotraffico, alimentate da leggi proibizioniste irriducibilmente difese e una proliferazione di apparati repressivi in competizione autolesionista.

Eccetera eccetera eccetera.

Resta, dietro le tangenti e le ruberie, soprattutto ciò che ne è all'origine: i legami di consociazione non soltanto fra i partiti, di maggioranza e di opposizione, ma fra i partiti e le parti sociali, e fra le parti sociali tra loro; fra i partiti e le istituzioni, e fra le istituzioni tra loro. Noi abbiamo affermato, nella teoria e nell'azione di decenni di lotte civili e parlamentari contro il regime, che la questione morale è questione legale, di diritto, e quindi politica. Che la violenza, l'illegalità, lo spreco si annidano non nei 50 o 150 mila miliardi che qualcuno ha calcolato essere il frutto di due decenni di tangenti ai partiti, ma nei due milioni di miliardi del debito pubblico, stratificatisi - legge finanziaria dopo legge finanziaria - nella legalità formale della spartizione consociativa, nel quadro di una costituzione materiale che rinnega i fondamenti stessi della costituzione scritta: la separazione dei poteri, il diritto all'informazione, l'economia di mercato.

Si tratta dunque di costruire nuove regole e nuove istituzioni per la politica, per l'economia, per la giustizia, per l'informazione. E quindi una nuova cultura: occorre né più né meno che una rivoluzione liberale, democratica. L'alternativa può essere la restaurazione strisciante dei vecchi poteri, o forse qualcosa di ancora peggiore, che pure è nell'aria. E non abbiamo gli anni davanti a noi, ma i mesi e le settimane, per mutare il corso degli eventi. Organizzarci per ciò che è necessario, ancora una volta, sapendo che forse è impossibile, ma che ciascuno di noi ha una parte di responsabilità decisiva in ciò che va ad accadere. Per questo è stata convocata la Convenzione, che sarà aperta da importanti interventi di alcuni fra gli uomini di scienza e di coscienza che hanno sottoscritto l'appello pubblicato in prima pagina. E' vero: non siamo i soli - anche se siamo stati i primi - a richiamarci alla necessità della costituzione del partito democratico. Ma altri agiscono come se fosse possibile evitare di

regolare i conti col regime. Come se bastasse il ricambio degli uomini, come se tutto il problema stesse nel sostituire i pezzi sulla scacchiera, quando invece è necessario rovesciare la scacchiera. Come se, aperti finalmente, dopo un quarantennio di omissioni e connivenze del "potere" giudiziario, i dossier della giustizia, non fosse oggi più necessario che mai aprire il dossier della politica.

 
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