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Orlando Federico, Pannella Marco - 22 ottobre 1993
PANNELLA: UCCIDEREMO IL MINOTAURO
L'intervista - il leader liberal-radicale fa appello ai nostri lettori contro la truffa elettorale e il fisco da rapina

Con l'aiuto della "triade liberista" del Giornale (Martino-Marongiu-Ricossa), predisposto il referendum per l'abolizione del sostituto d'imposta. Segni non è nel comitato promotore, ma vi entrerà se il nuovo Parlamento non farà la riforma - Entro Natale servono 700 mila firme e tre miliardi

di Federico Orlando

SOMMARIO: In una assai ampia intervista condotta da Federico Orlando nella sede de "il Giornale", Marco Pannella spiega le ragioni per le quali, grazie anche al consenso e all'appoggio del giornale milanese e dei suoi collaboratori, egli ha potuto presentare le richieste di sette nuovi referendum su temi di valore "liberale". Deplora innanzitutto lo stravolgimento, fatto in parlamento, dei referendum elettorali promossi da Segni e da lui stesso, e spiega quali dovranno essere i passi da compiere "urgentemente" per far sì che per il 1995 la gente possa essere messa in condizione di pronunciarsi su un grande progetto referendario - ampiamente strutturale - che affianchi insieme riforme elettorali capaci di realizzare davvero un sistema uninominale (all'inglese o alla francese) e riforme finanziarie ed economiche, tenendo anche d'occhio la possibilità della costituzione dell'auspicato "Partito democratico". Si dà notizia anche, in dettaglio, delle gravi difficoltà finanziarie e politiche da risolvere per avviar

e il progetto.

(IL GIORNALE del 22 ottobre 1993)

"Con l'aiuto dei lettori del Giornale, uccideremo il minotauro". E' la promessa che ci fa Marco Pannella, in una visita alla redazione milanese poco prima di depositare presso la Corte di Cassazione i quesiti di tre nuovi referendum per abrogare le leggi elettorali della Camera, del Senato e dei Comuni.

La prossima settimana vi tornerà per chiedere di abrogare il sostituto d'imposta, la cassa integrazione, i distacchi sindacali; infine, per l'abolizione della pubblicità alla Rai.

- Perchè con l'aiuto dei lettori del Giornale, Marco?

"Perchè il Giornale ha combattuto una battaglia inesorabile affinchè il Parlamento rispettasse la volontà degli elettori. Gli elettori, 40 milioni di elettori italiani, hanno votato il 18 aprile scorso per chiedere l'abrogazione della proporzionale. Il Parlamento avrebbe dovuto dunque sostituire la legge abrogata con una opposta, appunto la legge maggioritaria uninominale: a un turno, angloamericana, come io preferisco, o a due turni, francese, come preferisce Mario Segni. Ricordo i centomila lettori del Giornale che sottoscrissero la vostra iniziativa per una legge maggioritaria a due turni. E invece il Parlamento ha votato il Minotauro, il mostro in parte maggioritario e in parte proporzionale, nè inglese nè francese".

- E così 40 milioni di elettori sono stati fatti contenti e gabbati.

"Altri elettori italiani hanno fatto una risata in faccia. Tutti d'accordo, deputati e senatori hanno approvato il Minotauro, negando ancora una vota ai cittadini il diritto, che il referendum aveva loro promesso, di eleggere direttamente una maggioranza e un governo; invece eleggeranno, come nel vecchio sistema proporzionale, cinque, sei, dieci partiti, che poi ricominceranno la manfrina dei patti scellerati per fare una maggioranza e uno straccio di governo".

- Come si fa ad uccidere questo Minotauro e dare finalmente "lo scettro ai cittadini"?

"Per la Camera e per il Senato, abolendo le norme che limitano i collegi uninominali al 75 per cento dei deputati e dei senatori da eleggere e che riservano alle liste dei partiti l'altro 25 per cento. Così tutti i parlamentari, nessuno escluso, saranno eletti ciascuno in un collegio uninominale, come nei Paesi anglosassoni e in Francia. Per i Comuni, invece, chiediamo di abolire il sistema, appena introdotto per i grandi Comuni e già fallimentare, di tenere separata l'elezione del sindaco da quella della maggioranza; e di estendere a tutti la legge maggioritaria vigente per i Comuni fino a 15mila abitanti. Qui ogni lista si apre con un capolista che è automaticamente sindaco in caso di vittoria. Così, con un solo segno di croce in una sola scheda, il cittadino sceglie direttamente il sindaco e la maggioranza che vuole, senza rischiare, come succede oggi, di avere, con due diverse votazioni, un sindaco bianco e una maggioranza nera, o viceversa".

- Quando potremo svolgere questi referendum, per riappropriarci della vittoria che ci hanno scippato?

"Tra il 15 aprile e il 15 giugno 1995. E cioè un anno dopo le elezioni politiche della prossima primavera".

- Ed è necessario avviarsi così presto?

"Presto? Siamo maledettamente in ritardo. Dobbiamo raccogliere e depositare in Cassazione settecentomila firme (per averne cinquecentomila valide) entro Natale, perchè, se Scalfaro scioglie le Camere subito dopo, e le firme raccolte non sono ancora sufficienti, tutto quel che avremo fatto finirà nel cestino. La legge infatti non consente attività referendarie, nemmeno la raccolta di firme, nell'anno delle elezioni politiche".

- Se invece entro Natale raccoglieremo le firme, andremo a votare nell'anno successivo a quello elettorale, cioè nel 95?

"Non è detto. Ci andremo se il Parlamento che sarà eletto nella prossima primavera lascerà in vita il Minotauro. Se invece deciderà esso stesso di ucciderlo (ma chi ci crede?), dandoci finalmente la legge elettorale all'inglese, come noi vogliamo, o alla francese, come voi avete proposto, i referendum elettorali non si fanno".

- Allora questi referendum sono la spada di Damocle sulla testa del nuovo Parlamento?

"Certamente. Gli offriamo lo slogan coniato a suo tempo dal "Giornale": Si può arrivare a Londra facendo sosta a Parigi. Voglio dire: l'uninominale secco, a un turno, come in Inghilterra, rimane il nostro obbiettivo finale, perchè vogliamo il bipartitismo. Ma siccome bisogna dare a tutte le riforme il tempo di maturare (lo riconosce anche Miglio, quando fa lo scienziato anzichè l'agitatore), così diciamo che si può realizzare intanto l'uninominale in due turni, alla francese. Al secondo turno avremmo due coalizioni contrapposte. L'importante è che, una volta per tutte, i nostri concittadini possano scegliere fra due partiti o due coalizioni, per darsi il governo che vogliono".

- Ce la faremo a raccogliere settecentomila firme entro Natale?

"Se il "Giornale" ci aiuta ce la faremo. Per organizzare un referendum, occorrono non solo 700mila firme (per essere sicuri che 500mila siano buone), ma anche 3 miliardi, per stare pari pari nei conti. Chi ce li dà questi 3 miliardi?".

- Appunto, chi te li dà. Non crederai che noi...

"No, no, ben altro è l'aiuto che può darci il "Giornale". Io mi sono guardato prima di tutto intorno, in Parlamento, e ho scritto una lettera a tutti i parlamentari che ancora credono nel bene del Paese affinchè aderiscano al comitato promotore dei referendum, versando un milione a testa. Fino a questo momento, hanno risposto solo in venti. Poi mi rivolgo, attraverso i mezzi d'informazione, agli imprenditori. A loro dico: ci battiamo per dare all'Italia una democrazia degna del Duemila, una democrazia che vi consenta di avere un governo e una maggioranza eletti dal popolo e non dai partiti, un mercato in cui l'impresa non sia tormentata da lacci e lacciuoli, una società civile in cui i cittadini non siano flagellati dal mostro fiscale; eccetera. Non potete darci un aiuto? Finora avete subito l'imposizione delle tangenti? Non potete ora con un atto di libera volontà darci, per vostra libera decisione, l'aiuto che ci permetta di combattere questa battaglia?".

MAGISTRATURA INERTE DI FRONTE ALLA TRUFFA DELLA CASSA INTEGRAZIONE.

- Vale anche per i nostri lettori?

"Certo che vale anche per i vostri lettori. Essi non avranno dovuto pagare tangenti, anche se come cittadini hanno pagato ingiuriosi pedaggi all'inefficienza e all'arroganza. Ora anche ai lettori del "Giornale" diciamo: come avete sottoscritto l'iniziativa del vostro giornale per la riforma maggioritaria, inviateci il vostro contributo. Sarà simbolico ma sarà una spinta morale forte. E così diciamo a tutti gli altri italiani".

- Chi vi aiuterà a raccogliere le firme?

"Altro problema titanico. Appena avremo i primi soldi, dovremo stampare i moduli e mandarli in ottomila Comuni e quindicimila circoscrizioni. Poi dovremo iniziare la raccolta delle firme su quei moduli, alla presenza di funzionari comunali o cancellieri; ma ci sarà più difficile stavolta organizzare i tavoli per strada, non solo perchè a novembre e dicembre fa freddo, ma anche perchè stavolta non potremo contare, come altre volte, sull'apporto del Pds".

- Perchè, non gli sta bene al Pds uccidere il Minotauro?

"Io mi sono rivolto a tutti, a Martinazzoli, a Occhetto, a Bossi, oltre che a Segni si capisce, e ad Amato, passando per i referendari di Alleanza democratica e per i nostri tradizionali amici laici. Non so, tuttavia, quanti risponderanno al mio invito, perchè questa lotta contro il Minotauro sarebbe la grande vittoria della logica dei moderati contro le passionalità. E questo è invece un momento politico dominato dalle passioni. Solo dopo le prossime elezioni sarà possibile tornare alla moderazione. Ma noi le firme le dobbiamo raccogliere prima; altrimenti non voteremo nel '95, ma andremo a finire nel '96, fra più di due anni. E in più di due anni la crisi italiana può diventare irrecuperabile".

- Pensi allo sfascio dell'unità nazionale?

"No, lo sfascismo ha mille facce. La più paurosa è quella economico-sociale. Se avessimo votato nello scorso giugno, come volevano per qualche momento, ma poi ci ripensarono, Bossi e Occhetto, avremmo tolto a Ciampi quei cinque-sei mesi di governo che gli hanno consentito di salvare la lira".

- Quindi, la scansione di elezioni politiche e di referendum non deve compromettere la ripresa economica?

"Si capisce. Altrimenti, che ne facciamo di istituzioni buone in un'economia disastrata? Sarebbero istituzioni teoricamente buone ma praticamente inutili".

- Il 18 aprile scorso, insieme ai referendum elettorali di Segni, avemmo quelli istituzionali di Giannini e sociali di Pannella. Anche stavolta avete preparato un mix di referendum elettorali e di referendum »antistatalisti .

"Sì, appunto quelli che si dicevano prima: abolizione del sostituto d'imposta, che oggi costringe il datore di lavoro a fare le ritenute fiscali nelle buste paga dei suoi dipendenti; abolizione della cassa integrazione straordinaria, che è uno strumento assistenziale che viola il mercato e la concorrenza; l'abolizione dei distacchi sindacali nella pubblica amministrazione pagati dallo Stato, salvando solo quelli a carico del sindacato. Infine il referendum sull'informazione: chiediamo l'abolizione della pubblicità nel servizio pubblico, e accompagniamo questo referendum con una proposta di legge antitrust per la disciplina della raccolta pubblicitaria nel settore privato".

- Una vera rivoluzione liberale.

"Infatti, noi siamo liberali. E' la triade liberista del Giornale, Martino-Marongiu-Ricossa, che ha lavorato al quesito sul referendum fiscale. Sappiamo che la Costituzione non ammette referendum in questa materia. Difatti non vogliamo abolire le imposte, ma contestare la pretesa dello Stato di riscuoterle imponendo a certi cittadini, appunto i datori di lavoro, di trasformarsi in esattori. Vogliamo che il cittadino riceva in busta paga tutto il suo reddito e poi paghi tutto quel che deve pagare. Lo Stato non perderà nulla, ma il cittadino vedrà quale enorme parte del suo reddito lo Stato pretende da lui; e si opporrà a tanta voracità statale e sarà posta la premessa per una rivoluzione fiscale che abbia per obbiettivo non lo spostamento del tributo dalla capitale alla periferia, che ci consola poco, ma la riduzione drastica della spesa, che in gran parte è spesa improduttiva, e quindi la riduzione drastica del prelievo fiscale.

UN GRANDE PARTITO DEMOCRATICO-LIBERALE PER IL SISTEMA BIPOLARE.

- Non temi d'aver messo troppa carne a cuocere: referendum elettorali e referendum economici e sociali?

"No, gli ordinamenti istituzionali, al cui miglioramento guardiamo coi referendum elettorali, e l'organizzazione economica e sociale a cui pensiamo coi referendum sui diritti fiscali e del mercato, sono due facce della stessa realtà. Le battaglie non si possono fare per piccole dosi. Così, quando facemmo la battaglia per il divorzio, la facemmo per tutti i coniugi, non solo per quelli sposati col rito civile. La libertà d'intraprendere è connotato altrettanto essenziale della libertà dell'individuo quanto lo è quella di scegliere i propri rappresentanti. E' la più urgente delle battaglie da fare. E' l'ora di ripetere che tutta la cultura migliore del Novecento, Salvemini e Sturzo, Ernesto Rossi e Friedman e Popper, non sono dei reazionari o da liquidare come destra egoistica, ma dei realisti - libertari e liberali - che non lusingano il loro prossimo ma gli ricordano che la vita e la storia sono dramma e che i buoni sentimenti irresponsabili lastricano la via del disastro".

- I lavoratori capiranno - dopo Tangentopoli, cassa integrazione e minimum tax - che l'economia di mercato e il capitalismo democratico sono la frontiera del progresso?

"Il mercato costituisce la sola risposta che si può dare alla crisi strutturale dell'economia e della società, in Italia e nel mondo. Porre il problema della disoccupazione come problema morale, sarebbe causa di altri disastri e di disoccupazione incontrollabile. Il mondo è cambiato nel corso del Novecento e i "progressisti" non se ne sono accorti: le pensioni a 50 o 60 anni, come diritto e come obbligo per un'umanità che da noi vive mediamente 80 anni, sono oggi l'opposto della grande conquista sociale che rappresentarono all'inizio del secolo".

- E il referendum sulla cassa integrazione?

"La cassa integrazione, sulla quale nessuno, da Garavini a Fini e nemmeno Ciampi e nemmeno Amato spendono parole, significa la dilapidazione a favore di settori decotti di risorse che potrebbero essere investite in settori dove, per la divisione internazionale del lavoro, saremmo vincenti. Sappiamo di chi sono le responsabilità dell'assistenzialismo industriale, detto anche cassa integrazione; e vi aggiungerei la responsabilità di quell'ordine giudiziario che, di fronte alla truffa penale che la cassa integrazione finisce per realizzare, si comporta allo stesso modo in cui s'è comportato per trent'anni di fronte alle grandi evasioni fiscali e alla cementificazione selvaggia".

- Tutto il programma che hai illustrato finora, oltre a dare il colpo di grazia alla repubblica partitocratica del Minotauro e del Fisco Rapace, è anche una spinta, in parallelo a quella di Mario Segni, per la nascita di quel grande partito democratico liberale di cui tu parli?

"Devo un atto di riconoscenza soprattutto agli uomini di cultura democratica e liberale - Saverio Vertone, Angelo Panebianco, Sergio Scalpelli, Marcello Pera, Giuseppe Are, Domenico Settembrini, Antonio Martino - che nella recentissima assemblea dei Club Pannella mi hanno inchiodato a una immediata azione culturale e organizzativa per la costituzione di un grande partito democratico liberale. E ciò in preparazione di quel bipartitismo inglese o bipolarismo francese che corrisponde alla nostra - mia e vostra - visione non frazionistica e non faziosa delle forze politiche nelle democrazie. E' possibile, insomma, che in queste 70-75 settimane che ci separano dai referendum del 1995, via via che progrediremo, prima nella battaglia amministrativa del prossimo 21 novembre, poi nelle elezioni politiche di primavera, quindi in quelle regionali ed europee, infine nei referendum del '95, è possibile, dicevo, dare forma organizzativa anche al futuro partito democratico e liberale".

- Da chi ti aspetti consensi?

"Da tutti quelli che si definiscono liberaldemocratici. Registro con molto piacere la tempestiva dichiarazione di Martinazzoli, che sta costruendo il suo Partito Popolare e che s'è detto interessato alla nascita di un partito democratico liberale. Altrettanto provo interesse per la previsione di Bossi che la Lega, realizzata la riforma federalista, si dividerà fra le sue diverse componenti attuali: noi prepariamo l'approdo alla componente democratica e liberale della Lega".

- In conclusione, quando l'attuale magma di nuove formazioni politiche grandi ed effimere si sarà raffreddato, e con l'aiuto del bipolarismo andremo alle due grandi aggregazioni, chi sono quelli che dovrebbero riconoscersi nel partito democratico e liberale?

"Tutti coloro che vogliono regole liberali per le istituzioni, decentramento federale dei poteri, economia di mercato, rispetto della Chiesa senza ingerenze reciproche, scuola che educhi per mezzo della cultura, fiscalità trasparente, Stati Uniti d'Europa, giurisdizione internazionale dell'Onu".

- Questo per domani. E per le scadenze immediate, per esempio l'elezione diretta del capo dell'esecutivo, proposta da Segni?

"In uno Stato federale, un capo dell'esecutivo eletto da popolo può essere, come dice Mario Segni, momento di forte autorità centrale e di unificazione nazionale. Ma questo potere non si può realizzare finchè sta in piedi il Minotauro, che spappola le assemblee, cioè i controllori. Nelle attuali condizioni delle assemblee, avremmo un presidenzialismo da Sud America. Per arrivare a un governo forte e unificante, dovremo prima avere una legge elettorale unificante: appunto il maggioritario vero. Perciò occorre uccidere il Minotauro, il mostro che dai tempi mitologici sta di guardia al Labirinto e impedisce a chi vi è prigioniero di uscirne verso la libertà".

 
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