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Taradash Marco - 9 aprile 1994
INTERVENTO DI MARCO TARADASH ALLA CONVENZIONE DEI RIFORMATORI
ROMA, HOTEL ERGIFE, 9 aprile 1994

SOMMARIO. Ribadisce la necessità del passaggio da un sistema elettorale parzialmente proporzionale ad uno nettamente uninominale a un solo turno. Per intanto, i Riformatori hanno un compito specifico, quello di assicurare all'interno del Polo delle libertà la presenza di una "sinistra" delle riforme liberali. All'interno della sinistra tradizionale si sono fatti bei discorsi, e poi si è rimasti ancorati al vecchio sistema. Solo i Riformatori hanno avvertito la necessità del cambiamento e della scelta del nuovo, perché da decenni abituati a muoversi in questa direzione. Ecco perché essi sono oggi in condizione di offrire "quanto di più preciso e di più contemporaneo" vi sia in fatto di riflessione e di iniziativa, ben al di là della stessa loro forza elettorale. E' una vera e propria scommessa cui essi non si sottraggono, per offrirne i risultati all'intero paese, se anche Forza Italia vorrà seguire il processo.

Mario Baldassarri poco fa ci ha fatto un promemoria, un riassunto delle cose che dobbiamo fare e che credo condividiamo al 90%; così come lui ci ha convinto al 90% noi anche speriamo di convincere Baldassarri per quel 10% sul quale ancora abbiamo una divisione, che riguarda il sistema elettorale. Noi continuiamo a credere che il doppio turno, non in astratto ma oggi in Italia, rappresenterebbe un elemento di continuità pesante con il vecchio sistema dei partiti e che di conseguenza oggi, in Italia, sia assolutamente necessario passare all'abolizione della quota proporzionale e all'elezione a unico turno dei parlamentari, in modo tale da consentire a nuovi partiti di formarsi davvero e non al nuovo di essere ancora prigioniero nel guscio dei vecchi partiti. Io spero che con Mario Baldassari avremo molte occasioni di risentirci, di incontrarci, di lavorare insieme da Riformatori, e che quindi queste cose potremo dircele, cercando uno di convincere l'altro su questo tema.

Io vorrei dire a chi ci ascolta che noi abbiamo già oggi avuto un esempio di ciò che siamo chiamati a fare, attraverso gli interventi dei Riformatori provenienti da ogni parte politica, da ogni professione di fede, così come siamo sempre stati abituati a valorizzare ciò che ci unisce in vista degli obiettivi comuni piuttosto che le differenze che non sono funzionali al lavoro comune, che creano divisione. Io credo che questo sia il compito che ci hanno affidato gli elettori nel momento in cui hanno votato la Lista Pannella, dov'era presente, oltre il 4%, garantendole, laddove era presente, il superamento dello sbarramento che sarebbe stato quindi superato sul piano nazionale se noi fossimo stati presenti in tutte le regioni d'Italia; ed eleggendo nel Polo delle libertà i candidati Riformatori. Questo mandato ci hanno dato gli elettori: di riuscire a cogliere e a far cogliere al Paese la grande occasione che infatti abbiamo davanti, di uscire dalla continuità partitocratica, da un regime di alternanza all'int

erno del sistema della prima repubblica per creare invece la rottura, la soluzione di continuità, il passaggio a un'Italia dall'assetto istituzionale, economico e civile, diverso, democratico-liberale, in modo da poter davvero consentire domani agli elettori di dividersi tra progressisti e conservatori, non tanto etichette di un riflesso ideologico, ma indizio della scelta effettiva da compiere. Ho spesso pensato, quando ho guardato ad una parte dei progressisti, ad uno dei più celebri detti di George Bernard Shaw che diceva: "Alle volte mi sento così intelligente che non riesco a capire neppure quello che scrivo". Adornato, Paolo Flores d'Arcais, hanno scritto libri importantissimi per andare oltre la sinistra, per andare oltre il Partito Comunista; e poi invece li abbiamo ritrovati a smentire quello che avevano pensato e fatto capire anche a noi, schierati - in termini di appartenenza storica o etnica, come dice Pannella - insieme a coloro che frequentavano nei salotti, nelle redazioni dei giornali, nelle

redazioni di un gruppo editoriale, situazioni in cui ci si confermava gli uni con gli altri sulla necessità di cambiare tutto ma evidentemente poi (le cose lo hanno dimostrato nelle scelte concrete) per non cambiare niente, per lasciare l'Italia così com'è nelle mani di coloro che l'hanno sempre avuta nelle mani, senza offrire la possibilità ai cittadini di riprendersi - come si dice - lo "scettro" (uso altre parole di "sinistra", che ci sono state insegnate da maestri di sinistra, nel corso di questi anni). Noi abbiamo detto no, abbiamo detto non ci stiamo, abbiamo detto le false alternative le conosciamo; tante ne abbiamo viste consumarsi all'interno delle Commissioni Parlamentari o nella società, magari per evitare o rinviare referendum - e quindi scelte concrete da parte dei cittadini. Oggi è il momento di correre il rischio che dalla continuità si possa uscire anche con una discontinuità di confusione e di disordine: sappiamo che correre questo rischio è l'unica possibilità offerta a questo Paese per cr

eare - in realtà - ordine, legalità e libertà - essendo le tre cose assolutamente legate e non essendo possibile in questo Paese costruire libertà senza costruire una nuova legalità e quindi una nuova possibilità di ordine: per i più deboli, per coloro che sono espropriati dei diritti, per coloro che hanno bisogno della legge e della giustizia per esprimere la propria differenza e disuguaglianza. Questi sono rischi che noi abbiamo affrontato con fatica, accettando spesso l'incomprensione, lo sberleffo, gli insulti di essere voltagabbana o trasformisti; e lo abbiamo fatto perché sappiamo che questo paese non ha bisogno di andare oltre la "nostra" sinistra, perché la "nostra" sinistra è quella che ha affermato l'allargamento delle libertà civili, la possibilità per i più deboli, per i "diversi", di essere cittadini riconosciuti nella pienezza dei loro diritti; che ha affermato che non esiste il tossicodipendente ma esiste il cittadino che ha problemi di tossicodipendenza mentre altri cittadini hanno i problemi

di altre malattie o di altri comportamenti che creano loro altre difficoltà; che ha affermato che la salute è un diritto e non può essere un dovere imposto dallo Stato, e di conseguenza ha affermato, "questa" sinistra, che c'è la possibilità di riconquistare per tutti - a partire da sinistra - la possibilità di vivere in un paese civile, libero, democratico, di confronto, di critica, di scontro; il paese non del Bengodi o del solidarismo imposto - anche questo! - con la burocrazia dello Stato, ma in cui la solidarietà sa esprimersi. Perché ce n'è poca di solidarietà da esprimere. Perché lo Stato è capace di garantire la giustizia, e quindi la solidarietà che è richiesta ad ognuno è una solidarietà marginale e non è la supplenza dello Stato e l'alibi per consentire allo Stato (o meglio ai partiti che lo occupano) di costringere ad una solidarietà perché la giustizia è sequestrata, violata e rinnegata in ogni atto di governo.

Queste cose, cari amici, cari compagni, noi nel corso di decenni di lotta antipartitocratica abbiamo saputo valorizzarle, trovando alle volte ascolto nella sinistra tradizionale, quella che è poi diventata "progressista", ma più spesso negli elettori, in quel cosiddetto popolo di sinistra che il vertice, i partiti, pensavano di dover rappresentare in altro modo. Credo che questo elettorato largo, diffuso, che purtroppo è abituato a costruire la propria opinione leggendo i giornali della sinistra o guardando i telegiornali della sinistra, ci chiede oggi - anche se non sa esprimere questa richiesta - di cogliere l'occasione così come coloro che avendo in passato votato non so se DC o MSI (tanti ne conosco) oggi hanno scelto i Riformatori perché sentono che la nostra forza, la nostra capacità di porre i problemi si accompagna anche alla capacità di risolverli, si accompagna anche alla crescita di una classe dirigente che nel corso degli anni non è rimasta estranea al mondo reale in cui noi vivevamo ma ha lottat

o, ha vissuto, ha conosciuto i meccanismi del mondo reale ed ha saputo, di volta in volta, cogliere il punto attraverso il quale poteva passare la rottura, il punto interrogativo quanto meno (se non quello esclamativo) del successo referendario, per rimettere in crisi un sistema altrimenti compatto e compattato da un gioco di maggioranza e opposizione perfetto e del litigio perfetto; ai tempi del C.A.F. come ai tempi dell'unità nazionale, quando nella realtà della vita parlamentare (quindi delle decisioni concrete, quelle che non finivano sulle pagine dei giornali) nelle commissioni parlamentari l'accordo rapidamente si faceva nella spartizione generale mentre sui giornali uscivano invece gli insulti e le liti diurne.

Noi abbiamo dunque il compito di cogliere questa occasione, di far sì che il governo che uscirà dalle elezioni non sia il governo delle "tre destre" così volute dai progressisti, così esaltate nella loro qualità e definizione di "destre" dai giornali dei progressisti, ma invece quello della riforma liberal-democratica nelle sue interne differenze: di destra, quella di AN; federalista quella della Lega; di centro, quella di Forza Italia e dei suoi alleati e di sinistra, quella della componente libertaria e liberale della sinistra italiana che noi rappresentiamo e abbiamo il dovere di tentare di rappresentare all'interno della maggioranza parlamentare e appunto del governo.

Marco Pannella ha espresso le condizioni che rendono possibile questa nostra presenza; io credo che noi dovremo fare in modo di guadagnare a queste condizioni l'intelligenza politica di chi avrà il compito di dirigere il governo; e credo che il lavoro che stiamo facendo in queste ore, che abbiamo fatto in questi anni, sia un lavoro utile a chi voglia cambiare il Paese, necessario per chi questo Paese vuole non soltanto cambiarlo in termini di guida ma vuole cambiarlo per consentire a chiunque domani lo guidi di far sì che i cittadini tornino ad essere protagonisti della propria vita economica e della propria vita morale: la propria vita civile. Non so se sarà possibile raggiungere questo scopo, credo però che proseguiremo a discutere nel corso delle ore in termini di concretezza, di precisione e di individuazione dei problemi - da quello ambientale a quello della giustizia a quello dell'informazione ad altri, offrendo quanto di più preciso e di più contemporaneo alla dimensione dei problemi sia possibile ogg

i offrire in Italia; non lo dico per presunzione, qui si sono alternati uomini che hanno lavorato a lungo in altre formazioni politiche e che riconoscono in questa sede, oggi, la sede propria per rilanciare, per rafforzare, per dare vigore di iniziativa politica alle loro idee, le idee di una Italia che si riconosce in noi ma che sicuramente si è espressa a larghissima maggioranza alle ultime elezioni nel momento in cui ha detto "no" al pseudocambiamento, alla gestione di sinistra del sistema di partiti e delle istituzioni consociative. Questo è stato il moto collettivo che ha animato il Paese, questa è stata l'intuizione fondamentale che ha fatto sì che il voto giungesse non tanto al candidato quanto a ciò che il candidato rappresentava, in termini di rivolta civile contro una sinistra o un centro che si proponevano semplicemente come razionalizzatori o erano letti semplicemente come razionalizzatori dell'esistente; si è capito che la macchina non poteva essere aggiustata e doveva invece essere ricostruita.

Noi abbiamo, dunque, una funzione che oltrepassa la dimensione elettorale del nostro successo politico (che c'è stato pure nella parte proporzionale anche se in termini formali siamo stati nella parte proporzionale sconfitti rimanendo al di sotto dello sbarramento a livello nazionale). Credo che questa sia l'unica lettura possibile della nostra partecipazione elettorale e dello schierarci noi, come candidati Riformatori, nel Polo delle libertà: e cioè il ruolo di una componente politica, di una sinistra, che non ha bisogno di andare oltre se stessa, non ha bisogno di andare oltre il suo antifascismo, perché il suo antifascismo è stato quello che ha combattuto il fascismo quando il fascismo c'era, per affermare i valori di libertà, di giustizia, di democrazia, così come il Partito Radicale nel tempo che gli è succeduto è stato il partito che ha combattuto la partitocrazia. Noi abbiamo questo ruolo, di essere il partito, la componente, che tiene le frontiere aperte verso coloro che hanno fatto una scelta rivel

atasi in termini elettorali sbagliata e sbagliata - secondo noi - in termini politici, una scelta che tuttavia non deve far perdere (insieme alla possibilità di diventare maggioranza politica elettorale) quei valori che sono condivisi nel mondo ambientale, nel mondo socialista, nel mondo di Alleanza Democratica, nel mondo di quella parte del P.D.S. che non è stata risucchiata dall'apparato e dall'occhettismo ultima maniera ma ha partecipato al tentativo di liberare il partito più grande della sinistra dalle sue tradizioni consociative insieme alle sue tradizione marxiste; questa sinistra in noi trova frontiere aperte, e questa maggioranza di governo - che avrà la caratterizzazione di riforma - troverà in noi il partito, il movimento, il gruppo parlamentare delle frontiere aperte: sapendo che le frontiere sono aperte solo a condizione che dall'altra parte ovviamente non ci sia altra definizione più lontana o più vicina di frontiere, a condizione cioè che l'apertura delle frontiere significhi un po' come succe

de nella realtà virtuale: ma noi viviamo, in questa situazione, un mutamento del territorio e del panorama. Queste sono le condizioni e in questo senso credo andasse la proposta di Marco Pannella: non unificazione di gruppi parlamentari per realizzare un numero, ma invece tentativo di "creare", a partire dal progetto di costruzione del Partito Riformatore e del Gruppo Riformatore; ci auguriamo che le condizioni ci siano, nella maggioranza parlamentare, per costruire il punto d'incontro, di raccordo e di elaborazione di quanti (finita la tornata elettorale e lo scontro che si è realizzato, fittizio, tra progressisti e non progressisti) oggi vogliano lavorare per costruire insieme alle altre formazioni uscite vincitrici dalle elezioni il Polo, il Partito, il Gruppo, il Governo della riforma liberal-democratica.

Questa è la scommessa che noi facciamo: credo che se noi non rischiamo fino in fondo questa scommessa non saremo all'altezza del compito che ci siamo scelti. Io credo che domani, con l'intervento di Silvio Berlusconi, avremo una prima replica alla offerta che viene da questa assemblea, e quindi la possibilità di comprendere se i milioni e milioni di cittadini che oggi non sono rappresentati perché hanno votato per i partiti sopravvissuti al regime partitocratico; se quei partiti, che hanno preferito sacrificare il desiderio di rinnovamento e partecipazione al governo di tanta parte della sinistra italiana volendo del regime partitocratico continuare ad utilizzare Televisioni, informazione scritta, Mediobanca e altre banche - per conservare apparati e conquistare ciò che sempre dalla parte del governo finisce per rifluire quando non c'è sistema di mercato e assetto istituzionale che lasci ad ognuno e ad ogni forza la sua autonomia - se quei partiti insomma, se quegli elettori, hanno la possibilità di offrire

domani all'Italia, effettivamente, una scelta tra destra e sinistra finalmente fuori dagli schemi e dai trenini, ma divise da obbiettivi concreti, visibili e riconoscibili dagli elettori: se questo sarà possibile dipenderà da noi, dipenderà dagli altri, dipenderà da chi guiderà il governo, dipenderà dalle scelte fatte in virtù di questa idea o dell'altra. Comunque, una semplice alternanza delle destre al regime consociativo riuscirà a prevalere. Io credo che noi il nostro sforzo per garantire al paese che la vittoria del Polo delle libertà e del buongoverno, insieme alla vittoria dei riformatori, sarà per tutto il paese un'occasione di progresso e di liberazione l'abbiamo fatto, adesso non ci resta che continuare a lavorare in questa direzione e attendere delle risposte che noi abbiamo cercato di precostituire nel senso della riforma.

 
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